E' mancata una voce, tra quante si sono levate nei giorni scorsi per celebrare l'accettazione da parte dell'Unesco della candidatura di Castelseprio al rango di Patrimonio dell'Umanità. Quella del Ministero. delle Direzioni Regionali, in qualità di istituzioni di raccordo e degli organi operativi periferici, le Soprintendenze che, regione per regione, hanno di concerto con gli altri enti territoriali coadiuvato al piano di gestione e al dossier scientifico che, a prescindere da questo obiettivo ad un passo dall'esser raggiunto, lavorano in prima persona sul campo.
Un silenzio difficile da spiegare. Per quanto a volte possano essere complessi i rapporti tra gli enti, tra soggetti amministrativi e organi di controllo e tutela del patrimonio artistico quali appunto le Soprintendenze, suona strano che nelle dichiarazioni ufficiali trasmesse alla stampa, dal comune di Castelseprio, così come dal Fai, il ruolo del Parco Archeologico di Castelseprio – che gestisce e valorizza anche le proprietà della Provincia di Varese, come Santa Maria foris Portas – non sia stata messa nel risalto dovuto. Come se ci fosse uno scollamento tra le parti in causa e non un lavoro comune, un addensarsi di voci singole e non un coro comune.
Gli stessi organi di stampa non hanno nella maggior parte dei casi ovviato a questa non completa pluralità di interventi dando un quadro il più completo possibile degli attori che si sono mossi nel tempo per arrivare a questo risultato. Tra questi, invece, va ribadito anche chi come la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia – la meno propensa, è noto, alle dichiarazioni pubbliche, prediligendo il lavoro sul campo e sulle carte – in questo tempo ha lavorato con costanza perchè questa come altre zone specifiche avessero ed abbiano l'attenzione e la cura che meritano.