Como – Anche la città lacustre ricomincia e nella Pinacoteca Civica ospitata nell’austero palazzo che fu della “nobil famiglia” dei Volpi è stata inaugurata una mostra: piccola ma preziosa e, soprattutto, intrigante. S’intitola “Capolavori a confronto. Uomini illustri in un viaggio immersivo tra Como e gli Uffizi” e in una sala alla fine di un luminoso loggiato al piano nobile, entro una installazione multimediale e immersiva creata da “Olo Creative Farm”, presenta i ritratti di quattro dei “grandi uomini” già esposti “nel vago suburbano” di Borgo Vico eretto dall’umanista Paolo Giovio (Como, 1483 o 1486-Firenze, 1552). Per la verità solo due provengono da quel sito; gli altri sono stati prestati dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, città a cui furono destinati dopo essere stati “copiati” dagli originali posseduti da Giovio. Eruditissimo personaggio questo comasco, non tanto da ricordare come solerte e pio vescovo di Nocera de’ Pagani quanto per la sua influente presenza culturale nelle corti romane di Leone X e del cugino Clemente VII, finendo la carriera di intellettuale sempre in casa Medici, ma a Firenze, presso Cosimo, il primo Granduca di Toscana.
Cosimo lo si ricorda come il costruttore del palazzo degli Uffizi, ma un altro dei suoi meriti fu quello di riproporre il progetto ritrattistico di Paolo Giovio. Per attuarlo mandò a Como il pittore Cristofano di Papi dell’Altissimo, allievo del Pontormo e del Bronzino a detta del Vasari, perché s’impegnasse a far copie dei ritratti del Museo di Borgo Vico. E fu una grazia perché molti di questi andarono dispersi dopo che il Museo con le sue colte decorazioni – qui la Sala delle Muse, là il Portico del Parnaso e poi la Stanza del Diamante e la Loggia delle Grazie… – cadde in rovina già pochi anni dopo la scomparsa del fondatore per poi essere sciaguratamente demolito. Anche allora succedeva!
Cristofano fece numerosi soggiorni nell’ameno sito sulla riva del Lario e fra i tanti copiò anche i due ritratti prestati ora da Firenze a Como. Pertinente la scelta di presentare proprio le effigi del padrone di casa e del “genio universale” Leonardo da Vinci. La prima, forse ispirata da un originale perduto di Vasari secondo Alberica Barbolani da Montauto, ci fa conoscere il
pensoso aspetto, proprio da intellettuale “militante”, del Giovio (fig. 1) e pazienza se con gli artisti, a dire di quel perfido del Vasari, “non la guardava così in sottile, e spesso favellando di detti artefici, scambiava i nomi, i cognomi, le patrie, l’opere, e non dicea le cose come stavano, ma così alla grossa”. Gli si deve pur sempre riconoscere il merito di aver creato il Museo degli Uomini Illustri diventato di riferimento non solo per quello del Granduca, ma pure per il cardinale Federico e la sua Ambrosiana, senza contare che le incisioni che fece Tobias Stimmer per l’edizione di Basilea degli “Elogia Virorum” gioviani (1575-1577) permisero di perpetuare la memoria di talune immagini ora perdute. É infatti grazie a quanto Stimmer ci lasciò, oltre ovviamente alla copia del Cristofano, se conosciamo l’aspetto di
profilo di Leonardo, che par proprio coincidere con la descrizione che ne fece il Lomazzo: “con li capelli longi, con le ciglia, e con la barba tanto longa, che egli pareva la vera nobiltà dello studio”.
A far compagnia alle due tavole degli Uffizi, tra i ritratti conservati presso la Pinacoteca Civica di Como, sono stati scelti quelli di due personaggi che, come asserisce Gianfranco Adornato, creano “un dialogo, vivace, serrato e distante” con gli altri due, legandosi alla figura di un altro illustre comasco: Plinio il Vecchio, l’autore della “Naturalis Historia”, imprescindibile riferimento per ogni uomo di cultura di quei tempi. E son due ritratti eseguiti da pittori non dappoco. Uno, firmato da Dosso Dossi ferrarese, “di grande intensità espressiva e di perfetta resa fisiognomica” secondo quanto scrive Bruno Fasola, raffigura
Niccolò Leoniceno, uno dei capiscuola della medicina umanistica, e fu dipinto per il duca Alfonso I d’Este che poi lo cedette a Giovio. L’altro è il ritratto di Baldassar Castiglione, sì proprio l’autore del “Cortegiano”, certo un modello per un comasco a Roma. Ora è riferito a Bernardino Campi, non parente dei pittori di Cremona, ma ugualmente di qualità. Ancora anonimo lo si era visto all’”Omaggio a Tiziano”, una mostra del lontano 1977 a Palazzo Reale a Milano concepita nell’Istituto di storia dell’arte della Statale prima che la Brizio lo lasciasse; ne aveva scritto Pier Luigi De Vecchi rivelando anche a chi non era di Como il Museo e le “verae imagines” degli uomini illustri riunite da Paolo Giovio.
Giuseppe Pacciarotti