L'arte fisica – Eccolo, il Caravaggio modenese. Il Sacrificio di Isacco, 1602, sistemato in una teca, in fondo, protetto da un impalpabile barriera allarmata, al termine di un percorso che procede nel buio. Da vedere a distanza, con la giusta luce prevista, in un allestimento dove dominano le penombre. L'unico che possa esaltare la luce netta, concentrata, intensa, notturna che ha fatto da cesura nelle convenzioni della rappresentazione; che ha reso drammatica la sua arte, "l'arte cristiana più potentemente fisica mai creata", ha scritto di recente Simon Schama nel suo consigliabile "Il potere dell'arte".
In terza visione – Varesevive, l'associazione culturale di cui è presidente Giuseppe Redaelli, l'aveva annunciato poco meno di un anno fa. L'arrivo di un Caravaggio, allora pressoché inedito a Varese. Inedito e solo da poco esaustivamente ascritto in particolare da Maurizio Marini, studioso di lungo corso di cose caravaggesche che all'opera ha dedicato il volume "La notte di Abramo", al catalogo del maestro sulla base di approfondite analisi. Inedito lo è in parte ancora, almeno nel nord Italia; esposto solo in occasione delle due recenti mostre a Malta, prima, e Trapani poi, quando faceva da contorno ad un'altra opera di recente
acquisizione al catalogo del Merisi, I Bari, trovati casualmente su un catalogo d'asta da Sir Denis Mahon e poi scoperti come copia autentica delle celebre versione ora conservata al Kimbell Art Museum di Fort Worth.
La notte e le luci – A Varese, invece l'Isacco salvato all'ultimo istante dall'intervento divino, è l'unico protagonista. Nettamente separato dal contorno allestito per predisporre il visitatore all'epifania. Un percorso studiato da Silvano Colombo, pescando tra documenti pittorici e scultorei riassunti nel titolo "Luci di Lombardia". L'inevitabile Deposizione di Simone Peterzano, maestro del Merisi, il cui originale è conservato nella chiesa milanese di San Fedele e una cui copia è invece è presente nella Basilica di San Vittore, riferimento ineludibile per la straordinaria deposizione di Caravaggio, dei Musei Vaticani; da San Vittore arrivano anche le riproduzioni fotografiche, approntate da Alberto Lavit, della Messa di San Gregorio del Cerano del 1615 e della predella del Morazzone detta del Cristo Ortolano del 1611. Esempi di brodo cultural-visivo, di suggestioni sulla luce, sull'ambiente, sulla costruzione prospettica per lo più in contrasto o quanto meno ammorbidite rispetto al portato rivoluzionario di Caravaggio.
La suggestione del Paracca – Da altri orizzonti lombardi invece l'ex direttore dei Musei Civici desume confronti più stringenti: intravedendo nell'opera di un plasticatore minore, Giacomo Paracca di Valsolda, detto il Bargnola, attivo al Sacro Monte di Varallo negli ultimi due decenni del XVI secolo, un possibile referente per le resa espressiva dei volti e della luce. Prove di una visione diretta da parte del Caravaggio non ve ne sono; tuttavia lo sgherro con la spada sguainata e soprattutto il volto esasperato posto proprio in riferimento alla celeberrima Medusa caravaggesca lascia intravedere una qualche lontana parentela e una suggestiva, possibile ascendenza. Più 'vezzoso', e in ogni caso post quem, il riferimento a Giovanni Serodine. Che serve più a rimarcare la recente proposta di attribuzione al pittore, avanzata dallo stesso Colombo, di una terracotta al Sacro Monte di Varese. Il San Pietro in carcere, nel dipinto conservato presso la Pinacoteca Zust di Rancate, in effetti mostra contiguita di stile e di lavorazione rispetto alla terracotta. Quanto a Caravaggio, il discorso è diverso. Quello di Serodine è un dipinto del 1628, quando Caravaggio era già passato alla storia. E la luce, affilata, che punteggia salientemente brani di visione nelle opere del Merisi è diventata nel Serodine una fonte luminosa circolare, pulviscolare, che irraggia come una lanterna nella notte tutta la scena.
I dubbi – Resta da capire fino in fondo se il percorso ideato per arrivare all'opera di Caravaggio sia strettamente necessario. Se sia una occasione mancata. Una presenza ingombrante, suggestiva, potente, quella del Merisi. Se si è esclusa l'ipotesi di una mostra vera e propria intorno al Sacrificio di Isacco, proibitiva probabilmente per il privato che si è fatto carico dell'impresa, proibitiva naturalmente per l'Amministrazione, forse il avrebbe potuto essere propizio per un realizzare un percorso introduttivo più stringente e forse anche più articolato. Oppure, lasciare che la luce di Caravaggio parlasse da sola.
"Il sacrificio di Isacco" e "Luci di Lombardia"
A cura di Silvano Colombo e Varesevive, Per L'arte a Varese e dalla Fondazione Comunitaria per il Varesotto Musei Civici di Villa Mirabello, piazza della Motta 4
19 aprile – 1 giugno
orari: da martedì a domenica 9.30-12.30/14-17.30. Ingresso a pagamento.
Info: 0332.255485
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