Cinema Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/arte/cinema/ L'arte della provincia di Varese. Fri, 23 Aug 2024 07:30:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png Cinema Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/arte/cinema/ 32 32 Intramontabile “American Beauty” https://www.artevarese.com/intramontabile-american-beauty/ https://www.artevarese.com/intramontabile-american-beauty/#respond Tue, 20 Aug 2024 07:24:18 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75198 American Beauty,  per la regia di Sam Mendes e la sceneggiatura di Ala Ball, esce nelle sale nel 1999 interpretato da un fantastico Kevin Spacey che riesce a farci afferrare la monotona routine della vita sia privata e sia professionale di Lester nel breve tempo della durata del film. Perché come spesso accade il futuro […]

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American Beauty,  per la regia di Sam Mendes e la sceneggiatura di Ala Ball, esce nelle sale nel 1999 interpretato da un fantastico Kevin Spacey che riesce a farci afferrare la monotona routine della vita sia privata e sia professionale di Lester nel breve tempo della durata del film. Perché come spesso accade il futuro non è mai quello predetto da una cartomante, ma sarà l’incontro con l’adolescente Angela (Mena Suvari) a proiettare la banalità vissuta da Lester in un vortice ipnotizzante.

Nel ruolo di Kevin Spacey erano stati presi in considerazione Bruce Willis e John Travolta, ma come accadde in Via con il Vento, dove Clark Gable non era nemmeno nella lista dei candidati la sua interpretazione accanto a Rosella O’Hara, lo consacrerà protagonista assoluto.

Durante la notte degli Oscar del 2000 precedentemente candidata in otto categorie, la pellicola conseguì riconoscimenti in cinque categorie come miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia.

Così Kevin Spacey, perfetto e prepotente nella parte tanto che il regista Sam Mendes gli chiederà di improvvisare.

La colonna sonora di Thomas Newman, si basa sulle percussioni, il cuore percuote Lester. Il desiderio di guardare Angela, di sfiorarla lo riempie di emozioni assopite tanto da decidere di lasciare il lavoro per dedicarsi alla nuova opportunità e dimenticare l’indifferenza della moglie.

Lei ossessionata dal riconoscersi e dal farsi riconoscere nel mondo imprenditoriale condivide l’idea di cosa dovrebbe essere il vero amore con l’ amante, uno tra i più importanti agenti di vendita dello stato.

Il marito, uomo fallito, non merita altro che la buonanotte tutte le sere.

La pellicola riceve importanti riconoscimenti: cinque premi Oscar, sei BAFTA e tre Golden Globe. Negli Stati Uniti il successo è immediato, un’ipotesi la si potrebbe fare con la straordinaria popolarità ricevuta da Micky Mouse della Walt Disney.

Perché?

Perché il personaggio appartiene al ceto medio, l’uomo qualunque che vive in una villetta di proprietà e anela al sogno americano. L’auto nuova in garage, il tagliaerba in giardino pronto per la domenica mattina e il tacchino alla festa del ringraziamento.

Tutto qui per Lester dove l’unico momento piacevole della giornata è sotto la doccia quando da sé si dona il piacere del sesso? No, quando incontrerà la sfacciataggine, la provocazione di Angela, la ragazzina che vuole essere da tempo adulta, prenderà con entrambe le mani il desiderio e la necessità di cambiare ogni prospettiva.

Si licenzia e costruisce in garage una piccola palestra sotto lo sguardo perplesso della moglie e del severo militare dirimpettaio che studia al limite della paranoia il cambiamento di un uomo qualunque.

L’incontro casuale con il figlio dell’ex sergente dei marine porta Lester più vicino all’idea di avere pieno diritto di innamorarsi di Angela. Il ragazzo spaccia marijuana ma non ne fa uso, per lui è la padronanza delle emozioni dei clienti a farlo godere. Ama la solitudine e la fotografia tanto da renderla parte di poesie ancora da scrivere.

Forse è il solo vero adulto tra donne e uomini persi nelle loro mancanze.

La severità del padre è tale che quando viene scoperto in qualcosa che esula dalle regole militari è lo stesso ragazzo a chiedere di essere punito per fare ammenda.  Sa come gestire la frustrazione e la collera del genitore e ne limita i danni. L’amore sospeso, affamato dell’ex marine si scatena spiando Lester nel suo mutare in farfalla.

Amori sbagliati, quello della moglie, quello del sergente e quello di Lester per la giovane Angela. Ci saranno sempre amori malati quando ci si copre di rabbia e di paura.

Ne abbiamo esempio ora dove un generale attraverso l’odio verso il tutto forse nasconde il tutto a se stesso.

Castrenze Calandra

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Sherlok Holmes e Sir Arthur Conan Doyle https://www.artevarese.com/sherlok-holmes-e-sir-arthur-conan-doyle/ https://www.artevarese.com/sherlok-holmes-e-sir-arthur-conan-doyle/#respond Wed, 24 Jul 2024 13:00:29 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75002 Scrivere su Conan Doyle potrebbe apparire banale, ma la curiosità che suscita questo personaggio ancor oggi è straordinaria. Film holliwoodiani, serie televisive si susseguono nel trascorrere del tempo dalla nascita del famoso detective. Nelle piattaforme televisive si possono ammirare ancor oggi le vicende del dottor Watson e dell’illustre inquilino di Baker Street al 221/B. Il […]

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Scrivere su Conan Doyle potrebbe apparire banale, ma la curiosità che suscita questo personaggio ancor oggi è straordinaria.

Film holliwoodiani, serie televisive si susseguono nel trascorrere del tempo dalla nascita del famoso detective. Nelle piattaforme televisive si possono ammirare ancor oggi le vicende del dottor Watson e dell’illustre inquilino di Baker Street al 221/B. Il primo film Il mastino di Baskerville o Sherlock Holmes e “Il cane dei Baskervilles” (The Hound of the Baskerville) risale al 1914.

La passione per i polizieschi di Sir Conan Doyle non veniva appagata dalla narrazione degli scrittori del tempo, troppe volte le indagini, nei romanzi o nelle strisce sui giornali, venivano risolti per fortuiti casi senza logica, quindi non veritieri e appaganti. Nacque così il bisogno di usare il metodo scientifico e di osservazione da parte del nuovo personaggio che debutterà dalla mente di Doyle nel “Uno studio in Rosso” pubblicato nel 1887.

Doyle si laureerà all’età di 23 in medicina e chirurgia. Trasferendosi a Portsmouth, sul canale della Manica, non aveva molti pazienti e la sua mente attiva non poteva restare inoperosa.

Decise di presentarsi alla squadra amatoriale del “Portsmouth Association Football Club” da poco fondata ottenendo il ruolo di portiere, il primo nella storia della squadra registrato con lo pseudonimo di A.C. Smith per non mischiare oltremodo le sue attività in particolare modo con la scrittura.

Atletico e curioso

Successivamente si innamorerà del cricket dove godrà della massima espressione sportiva diventando membro della “Allahkbarries” squadra fondata dall’autore di Peter Pan. Il nome del gruppo, dovuto all’equivoco di aver miscelato parte del nome del fondatore con la frase “Dio è Grande” pensando significasse invece “ che il cielo ci aiuti”, li rappresentava molto bene..

Sempre in movimento, la ricerca e la pratica in molte discipline sportive e soprattutto nei suoi studi dove materialismo e occultismo si miscelavano rendendo l’autore sempre più convinto dell’esistenza dell’anima e di una vita Oltremodo lo rendevano attraente. Le indagini di Sherlock Holmes si basavano sulla deduzione, sulla ricerca scientifica, nella vita privata Doyle miscelava l’esoterismo, lo spiritismo con la logica della scienza, questo accumunava Sir Arthur e la sua creatura in modo straordinario. L’autore partecipò a sedute spiritiche e a convegni sull’occultismo, studiò con passione l’esoterismo tanto da essere declassato agli occhi di studiosi e scienziati del paese.Sir Arthur decise così di mettere fine alla vita di Holmes troppo ingombrante nella sua, ma il personaggio possedeva un entità propria e non gli apparteneva più. Decise di farlo morire in Svizzera il 4 maggio 1891 nel racconto The Final Problem” (in italiano “L’ultima avventura”).

Mai nella letteratura era accaduto qualcosa di simile

I seguaci di Holmes non accettarono la fine del detective e del dottor Watson, la BBC pubblicò che “The Stand Magazine” il giornale, dove venivano pubblicate le avventure del famoso detective, rischiò di fallire per l’abbandono dei lettori e fu allora che Doyle obbligato si prodigò a realizzare “IL mastino di Baskerville”.

Sir Arthur Conan Doyle non poteva uccidere Sherlock Holmes poiché non era difficile ma impossibile e nessuno mai ci sarebbe riuscito.

Castrenze Calandra

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“La Città Incantata” di Hayao Miyazaki https://www.artevarese.com/la-citta-incantata-di-hayao-miyazaki/ https://www.artevarese.com/la-citta-incantata-di-hayao-miyazaki/#respond Wed, 20 Mar 2024 09:23:49 +0000 https://www.artevarese.com/?p=73766 La “Città Incantata” è un film di disegni animati nato dal maestro Miyazaki fondatore delle studio Ghibli. Nel 2003 riceve l’Oscar come miglior film d’animazione. Gli animatori dello Studio Ghibli nella “Città incantata” hanno lavorato oltre il doppio delle ore dedicate alla realizzazione di altri film per studi diversi, ve ne accorgerete già dallo scorrere […]

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La “Città Incantata” è un film di disegni animati nato dal maestro Miyazaki fondatore delle studio Ghibli. Nel 2003 riceve l’Oscar come miglior film d’animazione.

Gli animatori dello Studio Ghibli nella Città incantata” hanno lavorato oltre il doppio delle ore dedicate alla realizzazione di altri film per studi diversi, ve ne accorgerete già dallo scorrere delle prime immagini dove apprezzerete i dettagli nel tentativo di raggiungere la perfezione.

La storia potrebbe raccontare un tratto di vita quotidiana come nel “Il mio vicino Totoro”, dove l’autore racconta un poco di sé e della malattia di sua madre.

Invece no, nella “Città Incantata” tutto si svela attraverso la sceneggiatura, i blu intensi e le Ombre.

Miyazaki crea la sua Alice nella città delle Meraviglie e gli dona un’identità tutta personale, nuova e di grande pregio.

La famiglia della giovane Chihiro si sta trasferendo nella nuova casa in una cittadina sconosciuta e sbagliando strada si trova difronte a un tunnel costruito come ingresso di un parco giochi abbandonato, così credono.

La strada accompagnata da piccole e grandi statue di pietra potrebbe svelare che il mondo dinanzi a loro non appartiene più agli essere umani, ma lascerà che lo scoprano da sé.

I profumi delle pietanze, la sicurezza che il denaro prevarichi ogni situazione prende il sopravvento e il cibo destinato agli spiriti viene divorato, ingurgitato dal padre e dalla madre di Chihiro insaziabili dal sapore destinato agli dei.

L’avidità e la presunzione li trasforma in maiali, il destino è segnato se non fosse per la determinazione e l’equilibrio di Chihiro (il nome significa ricerca del profondo).

Nel film tutto è in equilibrio, esistono sì personaggi scuri, come la strega Yubaba (Vecchia) o Senza Volto ma nessuno è poi così negativo da tracimare in altro.

Le Terme aiutano gli spiriti erranti e smarriti a ritrovare il loro antico nome, o il luogo di appartenenza. A Chihiro viene portato via il nome e ribattezzata Sen.

Con questo l’autore riprende e porta nella Città Incantata la storia reale di un bordello giapponese camuffato da Terme dove la matrona, Yubaba per l’appunto, cancellava i nomi delle ragazze evitando così che fossero riconosciute e rintracciate dalle famiglie.

Il maestro pressa molto sullo squilibrio dell’uomo nei confronti della natura.

Water, biciclette, frigoriferi e tanta altro pattume gettato nell’anima di un vecchio fiume ripulito nelle Terme degli spiriti grazie alla ragazza umana.

Ritorna l’equilibrio.

I colori delle chine diventano un tributo all’idee di Miyazaki e la colonna sonora del Joe Hisaschi enfatizza ogni fotogramma portandovi in mondo fantastico e indimenticabile.

 

Castrenze Calandra

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“Corto e Fieno”, torna il Festival del Cinema Rurale https://www.artevarese.com/corto-e-fieno-torna-il-festival-del-cinema-rurale/ https://www.artevarese.com/corto-e-fieno-torna-il-festival-del-cinema-rurale/#respond Thu, 05 Oct 2023 08:12:40 +0000 https://www.artevarese.com/?p=71899 Omegna – Torna “Corto e Fieno”, il Festival del cinema rurale che da venerdì 6, a domenica 8 ottobre si svolgerà nello scenario del lago d’Orta, tra le località di Omegna e Gozzano, in Piemonte. Un festival che quest’anno sarà diffuso con eventi speciali sabato 21 ottobre a Gozzano e domenica 29 ottobre a Miasino. […]

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Omegna – Torna “Corto e Fieno”, il Festival del cinema rurale che da venerdì 6, a domenica 8 ottobre si svolgerà nello scenario del lago d’Orta, tra le località di Omegna e Gozzano, in Piemonte. Un festival che quest’anno sarà diffuso con eventi speciali sabato 21 ottobre a Gozzano e domenica 29 ottobre a Miasino.

Ancora una volta, film in arrivo da tutto il mondo per la quattordicesima edizione dell’unico festival cinematografico in Italia interamente dedicato al mondo della ruralità, con proiezioni, mercati agricoli, incontri dedicati al cinema che guarda alla terra, ai suoi frutti e a chi se ne prende cura.

Quest’anno al centro sarà la sezione Mietitura, rassegna dedicata ai lungometraggi, proiettati venerdì e sabato al Cinema Sociale di Omegna. In programma Il frutto della tarda estate (Taḥta aš-šajara) di Erige Sehiri che segue per una intera giornata un gruppo di ragazze e donne che raccoglie fichi in un frutteto tunisino; Innesti di Sandro Bozzolo sui castanicoltori dell’Alta Valle Mongia, Terra e polvere (Yin Ru Chen Yan) di Li Ruijun, due solitudini che si incontrano nella profonda Cina rurale;  Utama – Le terre dimenticate di Alejandro Loayza-Grisi, la siccità minaccia la vita sugli aridi altopiani boliviani, tra branchi di lama e condor in volo.

In questa edizione, la sezione Frutteto ospita una selezione di cortometraggi italiani, Germogli. Disegnare il cinema mantiene la sua attenzione su animazioni e cortometraggi animati internazionali. Le due sezioni in concorso sono ospitate domenica nei locali della SOMSI di Gozzano.

La rassegna Corto e Fieno nasce nel 2010 da un’idea dell’Associazione Asilo Bianco ed è diretto da Paola Fornara e Davide Vanotti. Immerso nelle atmosfere rurali del lago d’Orta, le proiezioni si alternano agli incontri con piccoli produttori locali e registi dei film in selezione. Ma ci sarà anche tanta arte condue le mostre visitabili a Villa Nigra a Miasino. Si tratta de “L’altra pelle”, personale di Valerio Tedeschi, e “Matrice selvatica” de La Tana dei Lupi Gentili – Irene Lupia e Giulia Gentilcore. In contemporanea, sul Sentiero Nigra tra Miasino, Ameno, Orta San Giulio, continuano a essere visibili i lupi di Il richiamo del lupo, del collettivo Cracking Art.

Il Festival prevede anche approfondimenti e proiezioni a tema. Sabato 21 ottobre, alla SOMSI di Gozzano, tavola rotonda con focus sulla ruralità contemporanea, partecipano con film e progetti CISV ETS, Festival Mente Locale e Regione Piemonte. Domenica 29 ottobre a Villa Nigra a Miasino, Attenti al lupo! O forse no. Esperti, attori, artisti e registi insieme per parlare di uno dei temi più dibattuti e controversi del momento: la figura del lupo tra selvatico e umano.

La locandina e la sigla 2023 sono firmate dall’illustratore Paolo Metaldi che ha colto l’occasione per elogiare le sottovalutate pecore: “Quando mi è stata affidato il progetto per l’immagine coordinata del festival Corto e Fieno, – dice l’artista –  ho pensato subito fosse una buona occasione per mettere sotto i riflettori una protagonista della vita rurale spesso sottovalutata, la pecora, da sempre ingiustamente accostata a un significato negativo e dimesso, simbolo di un conformismo amorfo e un po’ vigliacco. Quest’anno a Corto e Fieno invece, sarà la rivoluzione delle pecore! Nel mio set cinematografico le protagoniste sono loro, ognuna con un proprio ruolo, una propria identità e soprattutto una propria responsabilità, a partire dalla pecora regista, vestita di nero ma non “pecora nera”, sino alla pecora spettatrice, la più importante, intenta a mangiare il suo cestino di pop-fieno.
Mansuete sì, ma con il giusto occhio critico”.

Tutte le proiezioni sono a ingresso gratuito; il programma completo e tutte le informazioni : https://cortoefieno.it/edizione/2023/

Sinossi dei lungometraggi proposti nella sezione Mietitura

Il frutto della tarda estate (Taḥta aš-šajara)
Erige Sehiri, Tunisia, Francia, Germania, Svizzera, Qatar 2022, 90’

Alla fine dell’estate, in un frutteto nel Nord-Ovest della Tunisia, un gruppo di ragazze e donne lavora per raccogliere i fichi. Sotto lo sguardo di lavoratori e uomini più anziani, le ragazze flirtano, si prendono in giro, discutono di uomini e litigano.
Durante la giornata, il frutteto diventa teatro di emozioni, un luogo dove transitano i sogni e le speranze di una generazione moderna più libera, accanto a una più ancorata alle tradizioni.

La regista: “Mostrare un giorno con generazioni diverse è come mostrare una vita intera. Penso che l’intero film riguardi la raccolta e il cogliere qualcosa di così profondamente genuino: queste storie, questi percorsi di vita, questi luoghi specifici, così come li ho incontrati io mentre visitavo diversi frutteti di fichi. Alcuni dei personaggi si sono presentati mentre stavamo provando. Non ho mai dato loro dialoghi scritti, sono state semplicemente fornite le traiettorie dei loro personaggi e le varie relazioni che hanno avuto tra loro durante il giorno, così come ciò che era previsto per ogni scena e come era strutturata. Poi hanno improvvisato con tutto questo e ho riscritto di conseguenza. Hanno usato le loro stesse parole, il loro modo di parlare, parlando con l’accento che conosco così bene, perché è così che parla mio padre”.

Il film è stato ospite di numerosi festival, fra cui la Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, il
Toronto International Film Festival, la 78^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il Melbourne International Film Festival e il BFI London Film Festival.

Innesti
Sandro Bozzolo, Italia 2022, 78’

A Viola Castello, in Alta Valle Mongia, sono rimaste solo le voci delle anziane “castagnere”. La loro memoria richiama un passato dove la vita ruotava intorno ai castagni e agli essiccatoi ancestrali che hanno segnato, per quasi mille anni, un preciso rapporto di equilibrio tra essere umano e ambiente. Si tratta di un’eredità che nelle Alpi Liguri ancora sopravvive, mentre nel resto d’Italia, dalle Alpi agli Appennini, pare ormai quasi completamente scomparsa. In questo contesto agisce Ettore, casellante autostradale part-time, castanicoltore per passione.

Il regista: “La genesi del documentario è parallela al mio personale percorso di autore e i primi materiali raccolti hanno coinciso con l’avvio della mia carriera di documentarista. Per diverso tempo il potenziale espressivo offerto dal rapporto di Ettore con il bosco è rimasto inesplorato, finché ho scoperto l’esistenza delle “castagnere”, un fenomeno curiosamente sconosciuto, soprattutto rispetto ad altri simili che si svolgevano in pianura (in primis, le mondine). Un potenziale narrativo, quello della cultura legata alla castagna, che dal nord si estendeva lungo l’intera dorsale appenninica, ancora tutto da esplorare. In questo presente di crisi economica semi-permanente con annessa penuria di opportunità non solo lavorative soprattutto per i giovani, le scelte di Ettore e degli altri curiosi abitanti del castagneto, unite alle storie delle anziane “castagnere”, tessono un racconto positivo di riappropriazione e rilancio della tradizione, una metafora della fiducia dell’uomo nel futuro e nella praticabilità di una economia realmente sostenibile”.

Il film è stato premiato al 71° Trento Film Festival e ha ricevuto una menzione speciale a Visioni dal Mondo.

Terra e polvere (Yin Ru Chen Yan)
Li Ruijun, Cina 2023, 131’

Il matrimonio combinato di Youtie e Guiying, un uomo e una donna che vivono vite difficilissime, sembra portare inevitabilmente alla somma di due solitudini nella profonda Cina rurale. Da questo incontro, tenero e pudico, prenderà forma giorno dopo giorno un legame solido e prezioso… Un’opera dolce e dolente che ha il sapore della terra e delle stagioni.

Il regista: “Nel film c’è il confronto tra il mondo moderno e il modo di vivere tradizionale perché la Cina si sta sviluppando molto velocemente e in modo disomogeneo stiamo precipitando verso uno stile di vita più moderno. C’è un grande trend di modernizzazione. Nel film si può vedere la transizione tra le due società, dal vecchio al nuovo mondo, dai vecchi a nuovi modi di vivere. Penso che questo sia qualcosa che sta succedendo in ogni paese. Ho voluto rappresentare questa collisione di sistemi”.

Titolo-rivelazione della Berlinale e del Far East Film Festival di Udine.

Utama – Le terre dimenticate
Alejandro Loayza-Grisi, Bolivia, Uruguay, Francia 2022, 87’

Negli aridi altopiani boliviani, un’anziana coppia quechua vive da anni la stessa routine quotidiana. Quando una siccità insolitamente lunga minaccia il loro intero stile di vita, Virginio e Sisa affrontano il dilemma di resistere o di essere sconfitti dal passare del tempo.
Con l’arrivo del nipote Clever, i tre affronteranno, ciascuno a modo suo, l’ambiente, la necessità del cambiamento e il senso della vita stessa.

Il regista: “​​Il silenzio può dire molto di più delle parole, e gli sguardi sicuramente dicono molto di più, perché non possono nascondere ciò che sentono. Volevo usare sia lo sguardo che i silenzi, e volevo che anche il paesaggio remoto parlasse. Inoltre, ho pensato che in una coppia che convive da tanti anni, come nel caso dei protagonisti, non è necessario parlare molto, perché tutto si dice con piccoli gesti o azioni. Abbiamo girato nell’unica stagione possibile, la primavera, perché in inverno, appena tramonta il sole, la temperatura può scendere rapidamente a meno dieci gradi, ci sono tempeste di sabbia e molto vento. Ecco perché eravamo vestiti come gente del deserto. Abbiamo usato tre gruppi di lama, e sono così intelligenti che al quinto o sesto take sapevano cosa dovevano fare. Ovviamente è sempre difficile girare con gli animali, ma i lama sono così fotogenici…”.

Il film ha rappresentato la Bolivia agli Oscar 2023. Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, Premio del Pubblico e Gran Premio della Giuria all’Amsterdam Film Festival, Premio Miglior Film e Premio Miglior Attore non protagonista al Beijing International Film Festival.

I LUOGHI DEL FESTIVAL
Cinema Sociale – via Carducci 2, Omegna
Teatro SOMSI – piazza San Giuliano, Gozzano
Villa Nigra – piazza Beltrami 5, Miasino

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“The Misfits by Magnum Photographers” al Forte di Bard https://www.artevarese.com/the-misfits-by-magnum-photographers-al-forte-di-bard/ https://www.artevarese.com/the-misfits-by-magnum-photographers-al-forte-di-bard/#respond Thu, 15 Jun 2023 08:00:17 +0000 https://www.artevarese.com/?p=70547 Bard – “The Misfits by Magnum Photographers” è il titolo della mostra fotografica in programma dal 17 giugno al 17 settembre e dedicata al dietro le quinte del leggendario film Gli Spostati (1961), diretto dal regista John Huston e interpretato da Marilyn Monroe, Clark Gable e Montgomery Clift. L’esposizione è curata dal Forte di Bard […]

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Marilyn Monroe on the set of “The Misfits”, © Eve Arnold Magnum Photos

Bard – “The Misfits by Magnum Photographers” è il titolo della mostra fotografica in programma dal 17 giugno al 17 settembre e dedicata al dietro le quinte del leggendario film Gli Spostati (1961), diretto dal regista John Huston e interpretato da Marilyn Monroe, Clark Gable e Montgomery Clift.

L’esposizione è curata dal Forte di Bard e dall’Agenzia Magnum Photos di Parigi. Il cast eccezionale della pellicola fu scelto per dar vita alla prima sceneggiatura cinematografica di Arthur Miller, all’epoca marito della celebre diva. Proprio l’eccezionalità del cast, che vedeva per la prima e ultima volta insieme sullo schermo Marilyn Monroe e Clark Gable, suscitò l’interesse dell’Agenzia fotografica Magnum Photos che nell’ambito della strategia promozionale del film, ebbe accesso esclusivo alla produzione.

Marilyn Monroe with  Arthur Miller during the filming of The Misfits © Bruce Davidson Magnum Photo

L’Agenzia Magnum Photos inviò sul set nove tra i suoi fotografi più talentuosi, per realizzare un documentario storico. Si tratta di nove icone della fotografia mondiale del Novecento: Eve Arnold, Cornell Capa, Henri Cartier-Bresson, Bruce Davidson, Elliott Erwitt, Ernst Haas, Erich Hartmann, Inge Morath e Dennis Stock. Ognuno di loro immortalò gli attori nella vita sul set, le luci e il paesaggio, fissando per sempre, con immagini di inestimabile valore, i momenti delle riprese e l’atmosfera del set. The Misfits diventò così il film più documentato dell’epoca.

Le immagini rappresentano la testimonianza di un’esperienza unica, restituendo i singoli attori nei momenti di ansia e di entusiasmo, di tensione, di debolezza e di speranza, che accompagnano inevitabilmente la realizzazione di un film. La mostra attraverso più di 60 straordinarie fotografie non si limita ad essere un reportage del set cinematografico bensì l’esposizione di vere e proprie immagini d’arte.

All’uscita del film la rivista cinematografica TimeOut lo definì un superbo anti-western, accogliendo il film diretto da John Huston come una novità nel panorama cinematografico americano. Gli anni ’40 e ’50 del cinema americano avevano visto come protagonista incontrastato il West, celebrato come territorio unico e fondamentale per l’identità della stessa società. Qualcosa però stava cambiando. Di fronte al fermento degli anni Sessanta, l’immagine classica del West e del cowboy iniziò ad apparire fuori tempo.

È proprio all’interno di questo momento storico che Arthur Miller decide di scrivere la sua prima – e ultima – sceneggiatura interamente pensata per il cinema, e lo fa rendendola particolarmente aderente alla sua vita privata. The Misfits nasce, infatti, in seguito al divorzio di Miller dalla sua prima moglie, e all’inizio della relazione con l’allora stella indiscussa di Hollywood, Marilyn Monroe.

Marilyn Monroe, Clark Gable, Montgomery Clift, Eli Wallach and Arthur Miller on the set of The Misfits, Reno, Nevada, USA, 1960 © Elliott Erwitt Magnum Photos

Il valore della pellicola fu piuttosto oscurato dalla sorte dei suoi protagonisti e dal gossip che coinvolse il set durante la realizzazione del film. Le riprese sarebbero dovute durare circa 50 giorni e invece si protrassero per 4 mesi a causa delle precarie condizioni psicofisiche di Marilyn Monroe, dipendente dai sonniferi e provata dall’imminente fine del matrimonio con Arthur Miller, che verrà annunciato al termine delle riprese. In realtà, il giornalista James Goode, sempre presente sul set, nel suo libro The Making of The Misfits sottolinea che i problemi furono limitati e magistralmente gestiti da John Huston, tanto che il clima sul set fu piacevole e vivo. La fama del film, oltre a essere stato fertile terreno di dicerie, fu oscurata anche dal destino che toccò il cast: Clark Gable morì 12 giorni dopo la fine delle riprese a causa di un attacco cardiaco e la stessa Marilyn morì appena un anno dopo, scrivendo la parola fine a una delle carriere più importanti e folgoranti di Hollywood.

L’esposizione potrà essere visitata nei seguenti orari: martedì-venerdì 10/18; sabato, domenica e festivi 10/19. Nel mese do agosto aperta anche al lunedì. Informazioni al pubblico T. + 39 0125 833811 – info@fortedibard.it | www.fortedibard.it

 

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Al Museo Vela “cultura in movimento” https://www.artevarese.com/al-museo-vela-cultura-in-movimento/ https://www.artevarese.com/al-museo-vela-cultura-in-movimento/#respond Tue, 18 Apr 2023 16:00:33 +0000 https://www.artevarese.com/?p=69916 Ligornetto (CH) – Al Museo Vincenzo Vela domenica 23 aprile alle 16 torna il cinema delle origini con la presentazione di One Week e Neighbors, due cortometraggi degli esordi del genio comico Buster Keaton con accompagnamento musicale dal vivo di Daniele Furlati al pianoforte. A seguire, verrà presentato il flip book “Il Cineografo del Vela” […]

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Ligornetto (CH) – Al Museo Vincenzo Vela domenica 23 aprile alle 16 torna il cinema delle origini con la presentazione di One Week e Neighbors, due cortometraggi degli esordi del genio comico Buster Keaton con accompagnamento musicale dal vivo di Daniele Furlati al pianoforte. A seguire, verrà presentato il flip book “Il Cineografo del Vela” del fotografo Matteo Fieni.

“S-velati e ritrovati”, l’appuntamento cinematografico del Museo Vincenzo Vela, omaggia questa volta Buster Keaton, grazie alla consolidata collaborazione con la Cineteca di Bologna, impegnata da alcuni anni nel “Progetto Keaton”. Quest’ultimo ha l’obiettivo di restaurare l’intera opera cinematografica di questo maestro assoluto dell’epoca d’oro del cinema muto che, come scrisse James Agee sulla rivista “Life” nel 1949, “per stile e natura era il più profondamente ‘muto’ dei comici muti, tanto che anche un sorriso era in lui assordante e stonato quanto un grido”. Nel corso dell’appuntamento al Museo verranno proiettati  due cortometraggi realizzati nel 1920, agli esordi della sua carriera cinematografica.

One Week, considerato uno dei suoi primi capolavori, capace di sintetizzare e sublimare l’immaginario americano della casa “fai da te”, costruito attorno ad un vorticoso carosello di trovate catastrofiche. La vicenda segue una coppia di sposi novelli nei disastrosi tentativi di costruire una casa prefabbricata, loro futuro nido d’amore.

Neighbors racconta le peripezie di due giovani innamorati, vicini di casa, osteggiati dai genitori che si destano, separati da una staccionata che, con una corda da bucato, basta a Keaton per creare un intero balletto comico.

Ad accompagnare la proiezione, compositore e pianista Daniele Furlati, da anni collaboratore della Cineteca di Bologna nonché autore di colonne sonore di importanti film italiani, già ospite della rassegna “(S)velati e ritrovati”. Seguirà, alla presenza dell’autore, Matteo Fieni, la presentazione del “flip book” Il Cineografo del Vela, pubblicato dal Museo con il sostegno del progetto Cultura in movimento promosso dal DECS.

La concomitanza con il cinema delle origini non è affatto casuale. I “flip book” possono essere considerati i precursori del cinema: questi piccoli libri presentano una successione di immagini che cambiano gradualmente, in modo che quando le pagine vengono fatte scorrere in rapida successione, usando ad esempio il pollice, le immagini sembrano prendere vita, animandosi. La parola tedesca per indicare i “flip book” è infatti “Daumenkino”, letteralmente “cinema pollice”. Il cineografo del Vela, realizzato dal fotografo Matteo Fieni, è costituito da tre “flip book” dedicati ad altrettanti capolavori di Vela: la Desolazione, Guglielmo Tell e Spartaco. Facendo scorrere le pagine, le immagini prendono vita, seguendo il viaggio fantastico di queste opere dal Museo (dove sono conservati i modelli in gesso) ai luoghi che ospitano le loro realizzazioni in marmo: il Parco Ciani, il lungolago e il Municipio di Lugano,

Note biografiche
Come iniziò Buster Keaton
Joseph Francis Keaton (1895-1966) è stato ribattezzato “Buster” (rompicollo) per le sue abilità acrobatiche, sin da bambino, figlio di due artisti di varietà girovaghi. A poco più vent’anni, esordisce nel cinema facendo coppia col comico Roscoe “Fatty” Arbuckle: lui, allampanato e serioso, l’altro grasso ed eccessivo. Da solo, tra il 1920 e il 1929, gira i suoi capolavori: The General (Come vinsi la guerra), Steamboat Billy Jr. (Io e il ciclone), The Cameraman (Il cameraman) e Spite Marriage (Io… e l’amore), nel quale le innumerevoli gag visive contrastano con un’espressione triste e impassibile, quella “faccia di pietra” che lo caratterizzerà per sempre. Con l’arrivo del sonoro comincia il declino, accompagnato da problemi nella vita privata e dall’alcolismo. Negli Anni ’50 compare nei panni di sé stesso in Viale del tramonto e Luci della ribalta, fino a quando la sua opera viene riabilitata dalla critica, tanto che gli viene assegnato un Oscar alla carriera nel 1960.

Daniele Furlati è compositore e pianista, diplomato in Composizione, in pianoforte e Strumentazione per banda. Nel corso della sua formazione ha ottenuto due diplomi di merito ai corsi di perfezionamento in musica per film tenuti da Ennio Morricone e Sergio Miceli all’Accademia Musicale Chigiana di Siena. Furlati è stato anche più volte premiato con importanti riconoscimenti, tra questi segnaliamo le musiche, composte con Marco Biscarini, per i lungometraggi di Giorgio Diritti Il vento fa il suo giro (2005), L’uomo che verrà (2009, nomination ai David di Donatello nella categoria Migliore Musicista) e Un giorno devi andare (2013, nomination Ciak d’oro Migliore Colonna Sonora). Al Museo Vincenzo Vela ha già musicato dal vivo

Matteo Fieni lavora nel campo della fotografia, dell’installazione e dell’arte relazionale. Le sue opere esplorano le relazioni concettuali tra l’individuo e l’ambiente fisico circostante. Concentrandosi sull’inconscio ottico/tecnologico e sulla navigazione mentale spaziale, indaga i limiti della percezione umana sul nostro immaginario collettivo. Si è laureato in fotografia allo IED (Istituto Europeo di Design) di Milano e ha studiato Scienze della comunicazione e giornalismo all’USI (Università Svizzera Italiana). È membro attivo dell’associazione professionale degli artisti visivi svizzeri “Visarte” (di cui è stato anche co-presidente dal 2020 al 2022 della sezione Ticino). Numerose esposizioni personali e collettive in Svizzera, Francia e Italia. Collabora con il Museo Vincenzo Vela, per il quale ha concepito e realizzato atelier per il giovane pubblico alcuni film muti della rassegna “(S)velati e ritrovati”, dedicata al cinema delle origini.

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Alain Tanner: al regista un “omaggio dovuto” https://www.artevarese.com/alain-tanner-al-regista-un-omaggio-dovuto/ https://www.artevarese.com/alain-tanner-al-regista-un-omaggio-dovuto/#respond Sat, 07 Jan 2023 09:00:19 +0000 https://www.artevarese.com/?p=68626 Mendrisio – Dopo una breve pausa per le festività, riprendono le attività dei Cineclub e Circoli del cinema del Ticino, con un “omaggio dovuto” ad Alain Tanner, regista scomparso nell’autunno dello scorso anno, tra i maggiori esponenti della cinematografia elvetica. Dall’11 gennaio al 15 febbraio il Cineclub del Mendrisiotto in collaborazione con la Cinémathèque suisse, […]

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Mendrisio – Dopo una breve pausa per le festività, riprendono le attività dei Cineclub e Circoli del cinema del Ticino, con un “omaggio dovuto” ad Alain Tanner, regista scomparso nell’autunno dello scorso anno, tra i maggiori esponenti della cinematografia elvetica.

Dall’11 gennaio al 15 febbraio il Cineclub del Mendrisiotto in collaborazione con la Cinémathèque suisse, presenterà sei film selezionati tra una ventina di lungometraggi realizzati dal regista. La sua opera, infatti, ha posto le basi per quello che oggi è “una certa idea del cinema elvetico”. Attraverso lo sguardo e la poetica di Tanner e dei suoi compagni del “Groupe 5”, la cinematografia trova una posizione originale e singolare nell’ambito del nuovo cinema europeo e mondiale. La Svizzera appare non più come un’isola felice, ma con le sue ipocrisie e conformismi, da cui Tanner cerca di liberarsi e di evadere. L’ha fatto con un linguaggio che rompeva completamente con quello del passato, così come la Nouvelle Vague francese (Godard in testa) aveva fatto con il “cinéma de papa”.

Definito dalla stampa e dai critici come “il meno svizzero dei cineasti svizzeri”, Tanner ha saputo raccontare le complessità e le incoerenze del suo Paese. Certamente i giovani degli anni Sessanta-Settanta sono stati segnati dai suoi film, autore così capace di trasporre sullo schermo le loro stesse inquietudini e malesseri e ne hanno probabilmente condiviso le utopie.
Come ricorda Giona Nazzaro, direttore del Film Festival di Locarno, per Tanner il cinema si poteva fare con poco, giusto il necessario per dare vita a una conversazione: “Bastavano cinque persone, come ricordava sovente con affetto militante (“a meno che non vogliate filmare la battaglia di Morgarten”). Il tentativo, riuscito e riaffermato nel corso di un intero percorso artistico ed esistenziale, di un cinema che si è sempre ripensato da capo. Poesia e invenzione. Nel suo libro Photogrammes, Renato Berta rievoca con grande affetto ed entusiasmo i primi passi di un cinema che – all’epoca – non esisteva, ancora, e che in fondo era anche il tentativo di un paese di trovare la sua voce e le sue immagini”.

Ad inaugurare il ciclo di proiezioni , mercoledì 11 gennaio alle 20.45 (al Multisala Teatro a Mendrisio), sarà Charles mort ou vif, (1969), opera prima di Tanner, Pardo d’oro al Festival internazionale di Locarno. Il film è presentato in collaborazione con il Teatro dell’architettura che ospita fino al 5 febbraio la mostra Il territorio come palinsesto: l’eredità di André Corboz”, storico dell’arte e urbanista ginevrino, il cui fondo librario e documentale è custodito dalla Biblioteca dell’Accademia di architettura dell’USI a Mendrisio. Nell’allestimento espositivo si possono trovare infatti, dei riferimenti all’opera di Tanner.
A seguire (sempre di mercoledì), La Salamandre (1971), che negli anni è diventato un film culto per un’intera generazione, Jonas qui aura 25 ans en l’an 2000 (1976) commedia ironica e divertente sulla società dei consumi, Dans la ville blanche (1983) “un blues sul mare e su Lisbona”, No man’s land (1985) che racconta del confine come spazio anche metaforico, e per concludere L’homme qui a perdu son hombre, un confronto maestro-allievo, o padre-figlio, con il paesaggio estremo dell’Andalusia che diventa uno dei protagonisti del film.
Le proiezioni si svolgeranno sempre al Multisala Teatro di Mendrisio, alle ore 20.45. Sul il sito cinemendrisiotto.ch è possibile scaricare la locandina. Coloro che presenzieranno alla proiezione di uno dei film della retrospettiva (conservando il biglietto) avranno diritto al prezzo ridotto del biglietto di entrata all’esposizione e, viceversa, chi presenta il biglietto di entrata alla mostra avrà diritto al prezzo ridotto per le proiezioni. Gli studenti beneficeranno dell’entrata gratuita per le programmazioni dei cineclub.

 

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“Il Gran Paradiso e il suo Re” https://www.artevarese.com/il-gran-paradiso-e-il-suo-re/ https://www.artevarese.com/il-gran-paradiso-e-il-suo-re/#respond Wed, 20 Jul 2022 08:00:42 +0000 https://www.artevarese.com/?p=66569 Bard – E’ un doppio viaggio nei segreti dello stambecco, l’animale simbolo del Parco Nazionale Gran Paradiso. A lui è dedicato il 25° GPFF (Gran Paradiso Film Festival), rassegna allestita nella suggestiva cornice del Forte ideata da Fondation Grand Paradis e co-prodotta dall’Associazione Forte di Bard con la collaborazione del Parco Nazionale Gran Paradiso. Chi […]

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Bard – E’ un doppio viaggio nei segreti dello stambecco, l’animale simbolo del Parco Nazionale Gran Paradiso. A lui è dedicato il 25° GPFF (Gran Paradiso Film Festival), rassegna allestita nella suggestiva cornice del Forte ideata da Fondation Grand Paradis e co-prodotta dall’Associazione Forte di Bard con la collaborazione del Parco Nazionale Gran Paradiso.

Chi si trovasse a trascorrere le vacanze in questi luoghi o chi volesse farsi un giro tra le bellezze naturali nel cuore della Bassa Valle d’Aosta non perda occasione di ammirare i sorprendenti scatti del fotografo Giorgio Marcoaldi – tratti dal volume “Il Re, lo stambecco del Parco Nazionale Gran Paradiso” – e le immagini cinematografiche dei registi francesi Anne ed Erik Lapied che narrano una storia di equilibrio fra uomo e natura e di reciproca salvezza, nel primo Parco nazionale d’Italia.

Quest’anno la Valle d’Aosta celebra la concomitanza di due ricorrenze dal grande valore simbolico: il 100° anniversario dell’istituzione del Parco Nazionale Gran Paradiso e la 25ma edizione della rassegna Film Festival, che si terrà fino al 6 agosto nelle tre valli valdostane dell’area protetta e la cui sezione “GPFF in mostra” sarà visitabile per tutta l’estate al Forte di Bard, con uno spin off nel Gran Paradiso.

Il progetto espositivo si snoda attraverso la storia, i luoghi, le caratteristiche ed il valore simbolico dello stambecco alpino, offrendo ai visitatori vari spunti e suggestioni per avvicinarsi alla realtà unica del Gran Paradiso.

Lo spin off della mostra “Il Gran Paradiso e il suo Re” è invece allestito outdoor nel Villaggio Minatori di Cogne, sede di Fondation Grand Paradis, dove si può ammirare una diversa selezione di scatti di Giorgio Marcoaldi, sempre dedicati alla Capra ibex, che riportano il progetto nei luoghi che racconta.

Le mostre rimarranno in calendario sino al 9 ottobre; orari al pubblico: da martedì a venerdì 10– 18; sabato, domenica e festivi 10– 19. Ad agosto aperte anche al lunedì. Nel corso dell’esposizione verrà proiettato , nei giorni di sabato 13 agosto, 3 settembre e 8 ottobre, alle 16, il film “Le Temps d’une Vie” di Anne, Erik e Véronique Lapied, un emozionante racconto della vita di uno stambecco. Giorgio Marcoaldi e Anne ed Erik Lapied, in occasione dell’inaugurazione, sono stati insigniti del titolo di “Gran Paradiso Ambassador” per aver contribuito a veicolare, con il loro operato, i valori e le immagini del Gran Paradiso nel mondo.

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“Un set alla moda”. In mostra cento anni di storia https://www.artevarese.com/un-set-alla-moda-in-mostra-cento-anni-di-storia/ https://www.artevarese.com/un-set-alla-moda-in-mostra-cento-anni-di-storia/#respond Tue, 26 Apr 2022 08:00:30 +0000 https://www.artevarese.com/?p=65298 Alessandria (To) – E’ dedicata agli appassionati della settima arte la mostra “Un set alla moda. Un secolo di cinema italiano tra fotografie e costumi” allestita nelle sale di Palazzo Cuttica. Diciassette costumi e settanta suggestive fotografie di set realizzate dal «fotografo delle dive» Angelo Frontoni (scomparso nel 2002) si intrecciano in un percorso espositivo […]

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Alessandria (To) – E’ dedicata agli appassionati della settima arte la mostra “Un set alla moda. Un secolo di cinema italiano tra fotografie e costumi” allestita nelle sale di Palazzo Cuttica. Diciassette costumi e settanta suggestive fotografie di set realizzate dal «fotografo delle dive» Angelo Frontoni (scomparso nel 2002) si intrecciano in un percorso espositivo che è un viaggio nella storia del cinema. Da quello muto di inizio Novecento – quando Torino era la Hollywood italiana ed erano gli stessi registi a supervisionare i costumi, – alle pellicole sonore e all’epoca d’oro di Cinecittà, al cinema d’autore di Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini fino alla commedia all’italiana, da Dino Risi a Roberto Benigni.

I costumi 
L’allestimento presenta 17 costumi e attrezzeria autentici del periodo 1900-1920, legati all’epopea del cinema muto e provenienti dalla Sartoria Teatrale Devalle di Torino. Per il cinema sonoro, invece, ci sono abiti eleganti e preziosi indossati da grandi dive dell’epoca d’oro del cinema italiano in collaborazione con la Sartoria Annamode di Roma.  Nel percorso espositivo non poteva mancare un omaggio dedicato alla creatività sartoriale di quegli anni che ha caratterizzato il nostro cinema con abiti creati per i film: Cabiria (1914), Il ponte dei sospiri (1921), La congiura di San Marco (1924), Le notti bianche (1957), La notte brava (1959), Adua e le compagne (1960), Operazione San Gennaro (1966), Le streghe (1967), La storia di Piera (1983), Il piccolo diavolo (1988) e La seconda moglie (1998). Gli abiti raccontano l’attenzione al dettaglio e la creatività di costumisti ormai entrati nel Pantheon del cinema internazionale: da Pietro Tosi a Marcel Escoffier, da Danilo Donati a Maurizio Chiari, da Nicoletta Ercole ad Aldo Buti. Sotto i riflettori le due prestigiose sartorie Devalle e Annamode a testimonianza di due luoghi, tra Torino e Roma, dove i bozzetti prendevano corpo, trasformandosi in capi unici e dove – allora come oggi – si imparava e tramandava il mestiere.

Le fotografie 
E’ stata selezionata una serie di immagini di grande effetto: le fotografie di scena di film muti come Gli ultimi giorni di Pompei, Spartaco, Salambò Cabiria, il celebre kolossal di Giovanni Pastrone girato a Torino. Sono immagini in cui i costumi e le imponenti scenografie restituiscono la dimensione spettacolare e l’impegno produttivo del cinema muto torinese. Il percorso prosegue poi con una scelta di scatti di lavorazione che ritraggono alcuni tra i protagonisti dell’epoca d’oro tra gli anni ‘50 e gli anni ‘90. Queste immagini mostrano l’incredibile macchina produttiva del cinema, la sua evoluzione creativa, svelando aspetti inediti della vita sul set oltre a offrire dettagli curiosi sui film e sui loro protagonisti nei quali tanto pubblico si è riconosciuto per anni. Le foto di scena traghettano il visitatore dentro il set, alla scoperta del lavoro che sta dietro ad un ciak, agli accessori e ai dettagli che hanno contribuito a creare la fortuna, ad esempio, del kolossal Cabiria negli anni dieci del Novecento, così come, in tempi più recenti, il fascino di dive intramontabili come Claudia Cardinale, Sophia Loren e Silvana Mangano.

Palazzo Cuttica 
L’edificio oltre a essere un palazzo storico di pregio per la sua architettura, al suo interno conserva importanti decorazioni e presenta una collezione di reperti archeologici, storici e artistici di grande rilievo.  La mostra “Un set alla moda” dialoga e integra la collezione permanente esposta.
La rassegna, a cura di Domenico De Gaetano, sarà visitabile nelle sale di via Parma, sino al 30 giugno nei seguenti orari: da giovedì a domenica 15 -19.

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Il cinema incantato di Jacques Demy https://www.artevarese.com/il-cinema-incantato-di-jacques-demy/ https://www.artevarese.com/il-cinema-incantato-di-jacques-demy/#respond Wed, 09 Feb 2022 11:35:01 +0000 https://www.artevarese.com/?p=64344 Mendrisio – Il Cinema incantato di Jacques Demy è il titolo della rassegna proposta dal cineclub del Mendrisiotto e che da stasera, alle 20.45, prende il via al Multisala Ciak. L’evento, realizzato in collaborazione con il Circoli del Cinema di Bellinzona e Locarno si svolgerà tutti i mercoledì fino al 9 marzo, focalizzandosi su un […]

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Mendrisio – Il Cinema incantato di Jacques Demy è il titolo della rassegna proposta dal cineclub del Mendrisiotto e che da stasera, alle 20.45, prende il via al Multisala Ciak.
L’evento, realizzato in collaborazione con il Circoli del Cinema di Bellinzona e Locarno si svolgerà tutti i mercoledì fino al 9 marzo, focalizzandosi su un grande autore della storia del cinema francese (e internazionale). Jacques Demy, ricordiamo, marito e grande amore della straordinaria Agnès Varda, fu anche amico dei giovani registi della Nouvelle Vague, senza mai farne parte proseguendo un suo percorso personale intimamente legato ad un cinema cantato e musicato.

Quattro i film scelti attraverso i quali (ri)scoprire il talento e l’ecclettismo di questo regista.Ad introdurre la rassegna sarà il giornalista Antonio Mariotti, da anni critico cinematografico del Corriere del Ticino. Il titolo di questa breve retrospettiva è stato “rubato” – scrivono gli organizzatori – a un saggio di Camille Taboulet, che ben descrive la produzione di Demy, dai film più conosciuti, come Lola (primo film del regista del 1961) Les parapluies de Cherbourg (1964) e Les demoiselles de Rochefort (del 1967), “che si presentano come favole colorate, spigliate e allegre, spesso destinate ad un inevitabile lieto fine. Ma è anche un titolo fuorviante, che prende in considerazione l’altra faccia di Demy, non solo quella malinconica più o meno riconosciuta da tutti, ma anche quella politica e sociale, che appare in tutta la sua evidenza nel film che il regista pensava fin dagli anni giovanili ma che ha potuto realizzare solo nel 1982, Une chambre en ville, dove il musical è al servizio di una tragica storia d’amore sullo sfondo della lotta di classe”. (dall’introduzione di Michele Dell’Ambrogio).

Per partecipare alle proiezioni (sempre al medesimo orario al Multisala Ciak) è necessario il Covid Pass (2G) e indossare la mascherina.

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