Senza categoria Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/senza-categoria/ L'arte della provincia di Varese. Sat, 16 Nov 2024 18:40:22 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png Senza categoria Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/senza-categoria/ 32 32 “La Dimensione Nascosta – Oltre la Forma” https://www.artevarese.com/la-dimensione-nascosta-oltre-la-forma/ https://www.artevarese.com/la-dimensione-nascosta-oltre-la-forma/#respond Sun, 17 Nov 2024 09:00:16 +0000 https://www.artevarese.com/?p=76034 Como – Al Museo della Seta apre, dal 30 novembre, la mostra personale di fiber art dell’artista Mimmo Totaro intitolata “La Dimensione Nascosta – Oltre la Forma”, a cura di Luigi Cavadini. Totaro, tra gli anticipatori della textile art italiana, porta avanti da oltre 30 anni un’intensa attività internazionale, raggiungendo, nel 2022, anche l’Oriente, grazie […]

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Como – Al Museo della Seta apre, dal 30 novembre, la mostra personale di fiber art dell’artista Mimmo Totaro intitolata “La Dimensione Nascosta – Oltre la Forma”, a cura di Luigi Cavadini. Totaro, tra gli anticipatori della textile art italiana, porta avanti da oltre 30 anni un’intensa attività internazionale, raggiungendo, nel 2022, anche l’Oriente, grazie all’esposizione alla 12th Fiber Biennale presso lo Yunnan Museum, in Cina.

La sua arte esplora il mondo della grafica, della pittura, della scultura, dell’arredamento e dell’architettura, attraverso interventi in spazi urbani ed espositivi realizzati con materiali legati alla textile art. Dal 1991, insieme a Nazzarena Bortolaso, organizza annualmente la rassegna d’arte Tessile contemporanea “Miniartextil”, unica nel suo genere in Italia e tra le più accreditate a livello internazionale.

Nella sede museale di via Via Castelnuovo sono presentate 33 opere che documentano l’evoluzione artistica dal 1969 ad oggi, che evidenziano una continua esplorazione di tecniche e materiali. Molte le tecniche utilizzate in tutti questi anni: dai disegni a china a quelli a matita, dal ricamo all’incisione su plexiglass, l’uso di fili spinati e la tecnica distintiva di Totaro, che combina pannelli in multistrato, tempera, chiodi e fili tesi. Completa l’esposizione materiale video delle performance all’aperto dell’artista e dei primi eventi della Mostra Internazionale di Arte Tessile Contemporanea “MINIARTEXTIL”.

La mostra esplora il percorso artistico di Totaro, con particolare attenzione alle sue opere più recenti, ripercorrendo le diverse fasi e tecniche affrontate nel corso della sua carriera. Il progetto espositivo non si limita a presentare le opere, ma si addentra in un’indagine rispetto alle dinamiche di fruizione che intervengono tra arte e visitatore infatti il titolo “La Dimensione Nascosta – Oltre la Forma” richiama un filone di ricerca sulla prossemica – lo studio dell’interazione tra spazio e corpo nella comunicazione – che Totaro ha sviluppato insieme al Museo della Seta. L’obiettivo è esplorare la relazione tra opera e fruitore, proponendo un’interazione che oltrepassa il livello visivo per includere una componente sensoriale e spaziale.

Il percorso espositivo prevede l’integrazione di pannelli in braille e di una sezione di opere tattili dedicata ai visitatori non vedenti. Questa modalità di fruizione inclusiva riflette l’impegno del Museo della Seta per l’accessibilità, stimolando un’esperienza immersiva che invita il pubblico a interagire con le opere attraverso più canali sensoriali.

La mostra rappresenta un’occasione imperdibile per la scena artistica, offrendo una prospettiva nuova e accessibile sul valore del dialogo tra opera d’arte e fruitore, oltre a una profonda riflessione sul ruolo dell’arte come mezzo di comunicazione non verbale.

A corollario dell’esposizione, il Museo ha programmato una serie di eventi sui temi dell’arte tessile e dell’accessibilità, tra cui conferenze, laboratori e incontri con professionisti e associazioni del settore.

La mostra rimarrà in calendario sino 31 gennaio, orari: martedì 14-18, dal mercoledì alla domenica 10- 13/14-18.

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Giovanni Beluffi: l’arte della “Natura Morta” https://www.artevarese.com/giovanni-beluffi-larte-della-natura-morta/ https://www.artevarese.com/giovanni-beluffi-larte-della-natura-morta/#respond Sat, 16 Nov 2024 18:40:22 +0000 https://www.artevarese.com/?p=76081 Busto Arsizio – Torna a esporre allo Spazio Arte Carlo Farioli  l’artista Giovanni Beluffi, pittore apprezzato per la sua sensibilità espressiva e per la capacità di evocare atmosfere intense e contemplative. Nella sede di via Silvio Pellico, nel 2021, aveva presentato la mostra  “Liriche Suggestioni”, dedicata al paesaggio; questa volta invece, protagoniste dell’esposizione sono le […]

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Busto Arsizio – Torna a esporre allo Spazio Arte Carlo Farioli  l’artista Giovanni Beluffi, pittore apprezzato per la sua sensibilità espressiva e per la capacità di evocare atmosfere intense e contemplative.

Nella sede di via Silvio Pellico, nel 2021, aveva presentato la mostra  “Liriche Suggestioni”, dedicata al paesaggio; questa volta invece, protagoniste dell’esposizione sono le “Nature Mortedalle quali prende il titolo la personale.

La mostra presenta una serie di lavori nei quali affiora la ricerca dell’artista distillata in una tematica, la natura morta, non spesso da lui rappresentata ma che qui diventa filo conduttore dalla sua recente produzione artistica. Il suo personale linguaggio pittorico, libero e luminoso, infonde l’essenza di una forza cromatica capace di far emergere dalla tela i soggetti ritratti -frutta, fiori, bottiglie e vasi –  con una vitalità segreta di sottili emozioni. La natura morta si fa pretesto per indagare la dimensione poetica e intimista dell’inanimato.

Come nei paesaggi, anche nelle sue nature morte, Beluffi riesce a catturare lo sguardo e la fantasia dello spettatore, creando scenari densi di mistero e introspezione. Gli oggetti, volutamente indefiniti e quasi abbozzati, sembrano invitare chi osserva a completarne la narrazione. In queste tele, la “non vita” degli oggetti – silenziosa e ferma – diventa tuttavia evocativa, suscitando una reazione emotiva inaspettata, dove la solitudine dell’immagine si colma della partecipazione di chi guarda.

L’assenza di movimento e suoni, tipica della natura morta, viene compensata dalla fluidità dei colori che Beluffi usa con sapienza, creando un effetto di “sospensione del tempo.” Le tonalità delicate sfiorano ogni oggetto, rendendo quasi palpabile una sensazione di immobilità vibrante, come se la scena fosse congelata in un attimo eterno. Lo spettatore si trova così immerso in una dimensione meditativa, in cui l’apparente semplicità dei soggetti diventa uno specchio di riflessioni.

La mostra rimarrà in calendario sino al 1 dicembre. Orari al pubblico: da giovedì a sabato 16-19; domenica 10.30-12/16.19.

Cenni biografici

Giovanni Beluffi nasce a Seniga (BS) il 18 ottobre del 1950. Alla fine degli anni ‘60 si trasferisce in provincia di Varese. Autodidatta approfondisce le sue conoscenze artistiche visitando i principali musei e le rassegne d’arte più qualificate. Frequenta studi di artisti noti con i quali si confronta. Inizia l’attività espositiva nel 1973 con la prima mostra personale e successivamente partecipa concorsi nazionali e internazionali conseguendo numerosi primi premi e significativi riconoscimenti. Numerose nel corso degli anni le collettive e tra le recenti personali si segnalano “Dentro la natura” nel Monastero Santa Maria Assunta di Cairate nel 2023, “Opere Sacre” presso il Battistero romanico di San Giovanni Battista di Arsago Seprio, “Dall’Annunciazione alla Risurrezione” presso il Museo Civico Branda Castiglioni di Castiglione Olona nel 2022.

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La storia dell’industria in mostra a Legnano https://www.artevarese.com/la-storia-dellindustria-in-mostra-a-legnano/ https://www.artevarese.com/la-storia-dellindustria-in-mostra-a-legnano/#respond Thu, 14 Nov 2024 17:17:51 +0000 https://www.artevarese.com/?p=76059 Legnano – Tra le iniziative organizzate in occasione del centenario di elevazione a città anche l’ampio progetto espositivo “Fotografia e industria” in apertura dal 16 novembre con inaugurazione a palazzo Perego, alle 17.30. Un’idea che nasce per porre l’attenzione su un tema di grande attualità: la città di Legnano e la Lombardia tra i protagonisti […]

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Legnano – Tra le iniziative organizzate in occasione del centenario di elevazione a città anche l’ampio progetto espositivo “Fotografia e industria” in apertura dal 16 novembre con inaugurazione a palazzo Perego, alle 17.30. Un’idea che nasce per porre l’attenzione su un tema di grande attualità: la città di Legnano e la Lombardia tra i protagonisti della nascita e dello sviluppo dell’industria italiana.
Il rapporto tra fotografia e industria ha una lunga storia e scaturisce dall’intento delle imprese di raccontarsi, commissionando a fotografi esperti, la documentazione delle proprie attività, dai prodotti ai manufatti, dagli ambienti di lavoro alle maestranze.
Lo sguardo dei fotografi conduce negli ambienti lavorativi in contesti storicizzati dove sono le architetture a risaltare per la grazia costruttiva e  all’interno di fabbriche dismesse, alla ricerca di tracce e forme. Si passa dai capannoni industriali, ai macchinari, ai lavoratori, agli spazi urbani interessati da architetture operaie, edificate dalle aziende per ospitare i dipendenti e loro famiglie.
La rassegna, cura di Claudio Argentiero, è allestita in differenti spazi espositivi della città: un percorso che dal Perego presegue galleria Cantoni, Atelier Ferioli e Museo fratelli Cozzi. Tutte proseguiranno sino al 12 gennaio. Orari di visita: sabato, domenica e festivi 10/12.30 e 15/19. Giorni di chiusura: 24, 25, 30 dicembre e 1° gennaio.Ingresso libero.
Mostre a Palazzo Leone da Perego:
Le principali industrie a Legnano, Il passato dagli archivi, il presente nelle immagini coeve “Case, quartieri e villaggi operai a Legnano oggi, e villaggi operai a Legnano oggi”. Fotografie: Roberto Venegoni, Mirko Ceriotti, Roberto Bosio, Marco Zarini, Diego Valceschini
“Ritratti di fabbriche” di Gabriele Basilico Courtesy Fondazione 3M – Milano
“Paesaggi sulla sicurezza”vdi Marco Introini
“La lente di Roberto Zabban sull’industria lombarda”vCourtesy Centro per la Cultura d’Impresa-Milano
“La poetica dell’oblio. Archeologia industriale lombarda” Autori: Silvia Lagostina, Roberto Venegoni, Stefano Barattini
“Rigenerazioni e conservazioni industriali. Casi di aziende lombarde riconvertite ad altri usi” di Claudio Argentiero
“Il Segno delle fabbriche”, opere di Luigi Bello
Mostre in altri spazi in città:
“Ex Cotonificio Cantoni” di Gianfranco Leva – Galleria Cantoni
“Spazi del Lavoro tra decadenza e fascino”, autori vari – Atelier Ferioli – domenica 24 novembre ore 11.
“In movimento: storie di persone e di idee lungo l’ultimo secolo a Legnano”. – Museo Fratelli Cozzi dal 12 al 24 novembre.
Ad arricchire la proposta culturale, una serie di conferenze aperte al pubblico, proiezioni, incontri di approfondimento sull’importanza degli archivi per la memoria collettiva, con la partecipazione di architetti, studiosi, fotografi, archivisti, scuole e studenti, direttori di fondazioni e operatori del settore.

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“Vi ravviso o luoghi ameni” https://www.artevarese.com/vi-ravviso-o-luoghi-ameni/ https://www.artevarese.com/vi-ravviso-o-luoghi-ameni/#respond Sun, 10 Nov 2024 08:00:03 +0000 https://www.artevarese.com/?p=76012 A Novara non ci sono boulevards e bois e quindi nemmeno De Nittis e Boldini a dipingerli, ma l’Allea e i Baluardi sì, e con un foliage dai colori fantastici in questi giorni d’autunno. Per gli amatori, che sono tanti, della pittura dell’Ottocento è tempo dunque di andare al suo castello Visconteo Sforzesco dove METS […]

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A Novara non ci sono boulevards e bois e quindi nemmeno De Nittis e Boldini a dipingerli, ma l’Allea e i Baluardi sì, e con un foliage dai colori fantastici in questi giorni d’autunno. Per gli amatori, che sono tanti, della pittura dell’Ottocento è tempo dunque di andare al suo castello Visconteo Sforzesco dove METS Percorsi d’arte ha allestito la sua settima mostra dal titolo Realtà Impressione Simbolo. Paesaggi. Da Migliara a Pelizza da Volpedo.

Tornano anche in questa occasione, e fino al 6 aprile del prossimo anno, pittori cari – Fontanesi e Piccio, Bazzaro e Gola, Mosè Bianchi e Segantini giusto per nominare – e ve ne sono altri, magari meno conosciuti ma ugualmente di valore, e tutti. In nove sezioni organizzate con alacre cura da Elisabetta Chiodini, son lì ad evidenziare l’evolversi dell’idea del paesaggio tra i “nostri” (nel senso di lombardi, liguri e piemontesi) pittori dell’Ottocento.

Marco Gozzi, Ponte di Crevola sulla strada del Sempione, collezione privata

Dà l’avvio una versione in formato ridotto – quella “ufficiale” è a Brera – del Ponte di Crevola sulla strada del Sempione, circa 1821, dipinta dal bergamasco Marco Gozzi, pittore sotto contratto del Regio Governo Austriaco per riprendere i “migliori punti che offrono la Lombardia e i suoi dintorni”, non però quelli più ameni, ma dove l’opera dell’uomo era intervenuta a migliorarla, evidenziandone il suo progresso sociale ed economico. Una visione questa della pittura topografica di lucida e analitica riconoscibilità, già contraddetta nella seconda sala dove s’impone la grande tela del tedesco Julius Lange raffigurante un Paesaggio nordico con montagne che vorrebbe possedere ancora i brividi del romanticismo ma, dipinta nel 1852, è solo al limite dell’anacronismo. Di emozioni meno profonde ma volte a una pittura nuova i nostri Piccio e Fontanesi che sceglievano non solo corottiane dissolvenze su fiumi e ruscelli con verdi umidi e intrisi di luce, di acqua e di natura. Non furono pochi a scegliere con loro questa pittura d’atmosfera e in mostra lo esemplano convincentemente il portoghese, ma ligure d’adozione, Alfredo De Andrade e i genovesi Ernesto Rayper e Tammar Luxoro che con la sua Via ferrata esalta sì il progresso, ma “con juicio” e lascia padrona la natura nel suo vasto e palpitante respiro.

Nel serrarsi di espressioni artistiche dove talvolta non è facile distinguere tra l’una e l’altra, la “pittura d’impressione”, come ha titolato Elisabetta Chiodini una sezione, ci riporta alle suggestioni del lago Maggiore ripreso tante volte da Filippo Carcano nella sua quiete mattutina o in vista dell’Isola Pescatori preferita come soggetto alla vicina Isola Bella troppo importante con il suo fastoso palazzo.

Leonardo Bazzaro, Passa la funicolare, collezione privata

Il Verbano che si apriva alla villeggiatura borghese diventò un soggetto caro e ripetuto e al castello di Novara una sala è tutta dedicata a Leonardo Bazzaro, il maestro del naturalismo lombardo che aveva villa, diventata ritrovo per artisti e intellettuali, all’Alpino sopra Stresa, poco discosta da quella di Toscanini. Un luogo “di meravigliosa giocondità di vedute” annotavano le guide turistiche, ideale anche per ritrarre la moglie Corona nata contessa Douglas Scotti e le sue svagate amiche in leggere, candide vesti mentre “fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino” come poetava Gozzano.

Il naturalismo non poteva non toccare la raffigurazione del paesaggio urbano e Mosè Bianchi ne fu un fido illustratore ma con ben altra resa lo interpretò Giovanni Segantini nel suo periodo milanese. Il Naviglio a ponte San Marco possiede infatti un’inedita impostazione compositiva bloccata dal palazzo a piombo sul canale e ritmata dalla sequenza dei ponti ed è intriso di luce che vince sulle ombre dense dell’acqua e accende i colori dei panni distesi sull’alzaia e degli immancabili ombrellini delle signore milanesi a passeggio.

Giovanni Segantini, Mezzogiorno sulle Alpi, Skt. Moritz, Fondazione O. Fischbacher-Giovanni Segantini

L’ultima sezione è riservata al paesaggio nel divisionismo: il confronto fra due tele di soggetto identico – Nebbia domenicale – dipinte però a venticinque anni di distanza da Angelo Morbelli farà bene intendere l’elaborazione compiuta dall’artista alessandrino nell’analisi naturalistica e nella ricerca della luce. Di Pelizza c’è La Clementina, una tela raffigurante una cascina appena fuori Volpedo, esposta per la prima e ultima volta alla Biennale del 1909, un quadro che se non fosse divisionista potrebbe essere di Fontanesi. E poi ancora Segantini che coinvolge, non solo con l’Amore alle fonti della vita commissionato dal principe russo Felikx Yussupov (quello del complotto contro Rasputin), intriso di idealità più o meno letteraria e spirituale, ma anche, e soprattutto, con Mezzogiorno sulle Alpi, prestito generoso della Fondazione Otto Fischbacher-Giovanni Segantini di Sankt Moritz. È un’opera che non si stanca mai di ammirare e tutti si vorrebbe essere lì, al posto della Baba, immersi in quella silenziosa e misteriosa vastità che nemmeno le montagne coperte di neve abbagliante riescono ad arginare.

Giuseppe Pacciarotti

 

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“Arrivare in tempo” alla Pinacoteca Agnelli https://www.artevarese.com/arrivare-in-tempo-alla-pinacoteca-agnelli/ https://www.artevarese.com/arrivare-in-tempo-alla-pinacoteca-agnelli/#respond Fri, 08 Nov 2024 08:00:48 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75973 Torino – Con la mostra intitolata Arrivare in tempo, la Pinacoteca Agnelli omaggia l’artista Salvo (Leonforte 1947 – Torino 2015), mette in evidenza come la sua pittura – nei grandi cicli tematici ripetuti, nell’attenzione verso i temi della storia dell’arte e nello studio della luce – sia sempre stata in continuità con le sue prime […]

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Torino – Con la mostra intitolata Arrivare in tempo, la Pinacoteca Agnelli omaggia l’artista Salvo (Leonforte 1947 – Torino 2015), mette in evidenza come la sua pittura – nei grandi cicli tematici ripetuti, nell’attenzione verso i temi della storia dell’arte e nello studio della luce – sia sempre stata in continuità con le sue prime ricerche concettuali.

Realizzata in stretta collaborazione con l’Archivio Salvo, la mostra è focalizzata su alcuni dei motivi fondamentali della ricerca dell’artista: il concetto di ripetizione nell’esplorazione di motivi ricorrenti, inteso sia come tecnica pittorica sia come urgenza concettuale; la riflessione sulla pittura come linguaggio e sul linguaggio come arte; il rapporto tra storia dell’arte e sguardo sulla quotidianità.

Salvo, uno degli artisti pionieri del secondo Novecento italiano, si è posto in modo indipendente rispetto a correnti e tendenze, mantenendo sempre un’attenzione particolare per i soggetti e i linguaggi della storia dell’arte.

Arrivare in tempo è la più grande mostra dedicata all’opera di Salvo. Nato in Sicilia, dal 1956 Salvo ha vissuto a Torino, dove dapprima si è avvicinato all’Arte Povera e ai linguaggi dell’arte concettuale, per poi dedicarsi dal 1973 esclusivamente alla pittura, scelta anticonvenzionale per il clima culturale di inizio anni Settanta. Controcorrente anche nel panorama italiano, Salvo ha portato avanti per quarant’anni una ricerca e una riflessione critica uniche nei confronti del medium pittorico. La mostra retrospettiva a lui dedicata metterà in luce questa traiettoria assolutamente originale, sottolineando con uno sguardo inedito come la pittura di Salvo non sia in contrapposizione con il suo primo periodo concettuale, ma ne assorba caratteristiche e intenzioni, inserendosi coerentemente nel suo percorso artistico.

La monografica in Pinacoteca si estenderà per la prima volta oltre gli spazi espositivi del terzo piano, dialogando con la collezione permanente all’interno dello Scrigno.

La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione dedicata, concepita per aprire la lettura critica del lavoro di Salvo a un pubblico internazionale. Fino al 25 maggio, dal martedì alla domenica 11 – 19.

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Passi silenzioni nel bosco. Nicola Magrin incontra Hugo Pratt https://www.artevarese.com/passi-silenzioni-nel-bosco-nicola-magrin-incontra-hugo-pratt/ https://www.artevarese.com/passi-silenzioni-nel-bosco-nicola-magrin-incontra-hugo-pratt/#respond Thu, 07 Nov 2024 19:00:02 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75956 Domodossola – Passi silenziosi nel bosco. Nicola Magrin incontra Hugo Pratt è la grande mostra che dal 16 novembre (inaugurazione alle 17) al 2 febbraio 2025 si aprirà nella sala del Refettorio del Collegio Mellerio Rosmini. La rassegna i inserisce nella seconda parte della quarta edizione del Festival dell’illustrazione Di-Se, Di-Segnare il territorio. Le tavole […]

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Domodossola – Passi silenziosi nel bosco. Nicola Magrin incontra Hugo Pratt è la grande mostra che dal 16 novembre (inaugurazione alle 17) al 2 febbraio 2025 si aprirà nella sala del Refettorio del Collegio Mellerio Rosmini. La rassegna i inserisce nella seconda parte della quarta edizione del Festival dell’illustrazione Di-Se, Di-Segnare il territorio.

Le tavole del maestro Hugo Pratt, uno degli autori di fumetti più noti del mondo, dialogheranno con gli acquarelli di Nicola Magrin, artista e illustratore per tanti grandi autori, da Primo Levi a Paolo Cognetti, da Jack London a Robert Macfarlane. A esplorare e (s)velare il cammino, i testi di Marco Steiner, scrittore e studioso, uno dei più stretti collaboratori di Pratt.

Passi silenziosi nel bosco è un percorso che intreccia Natura e Storia, temi che hanno da sempre affascinato Pratt e che sono fondanti della ricerca artistica di Magrin che qui si fa suggestionare proprio dagli scenari del maestro. Un dialogo tra due artisti accomunati da una profonda sensibilità e connessione spirituale verso la natura e la complessità delle culture indigene. La ballata Il respiro del bosco è stata scritta da Marco Steiner che, affascinato dalle immagini di Pratt e Magrin e dalla loro sintonia, ne ha sentito pienamente il mondo poetico e lo ha espresso con parole toccanti e ricche di significati.

Lungo il percorso espositivo il visitatore entra con passo delicato e rispettoso nel “bosco”, ammira gli originali a china di Pratt insieme ad alcune grandi riproduzioni dei suoi acquarelli realizzati, come le tavole esposte, per Wheeling, il romanzo d’avventura e formazione disegnato e scritto da Pratt,  un vero omaggio agli autori che hanno marcato la sua infanzia e la sua adolescenza come Kenneth Roberts, James Fenimore Cooper, James Oliver Curwood e Zane Gray. Wheeling ha accompagnato il maestro veneziano lungo tutta la sua carriera, dalle prime tavole disegnate nel 1962, alle ultime pagine create negli anni ‘90 poco prima della sua scomparsa. Nicola Magrin si ispira al romanzo di Pratt, alle lotte tra i nativi e i coloni, al paesaggio del Nord America e crea i bellissimi acquarelli per Passi silenziosi nel bosco.

In mostra sono esposti anche gli acquarelli creati da Magrin per il volume Ancora poche lune. La risposta di capo Seattle, un vero inno poetico indiano alla Natura e quelli realizzati per Il richiamo della foresta di Jack London. I tre volumi da cui provengono le opere sono ideati per Edizioni Nuages da Cristina Taverna, storica gallerista e amica di Hugo Pratt.

Sul libro e sull’omonima mostra che ne è nata così scrive Cristina Taverna: “Penso a questo libro e a questa mostra come a una eredità di Hugo Pratt. Pratt amava mettere insieme le persone che stimava, appassionate delle cose che lo avvincevano, amava creare occasioni, indicare un cammino. Marco Steiner ha iniziato a scrivere per lui, la passione per la letteratura d’avventura li infiammava. Nicola Magrin ha incontrato presto l’opera di Pratt, ne è rimasto subito affascinato e da allora sparge di acquarello le sue carte dando loro vita. Ama il bosco, gli animali, le storie raccontate da Pratt, anche lui è un suo erede”.

Un’installazione con grandi teli in stile kakemono fa immergere nelle betulle dipinte da Magrin perché, con le parole di Steiner, “per vivere il bosco bisogna essere bosco”.

L’esposizione raccoglie infine un video del reportage realizzato nel 1983 da Vincenzo Mollica per la Rai sui luoghi delle storie di Pratt nello stato di New York, e un secondo video, girato da Nicolò Piazza, che mostra Magrin mentre dipinge.

L’esposizione è a cura di Associazione Musei d’Ossola in collaborazione con Galleria Nuages Milano e Cong Edizioni, con il contributo di Fondazione Comunitaria del VCO e il supporto della Proloco di Domodossola.

“Passi silenziosi nel Bosco” sarà aperta al pubblico sino al 2 febbraio il venerdì, 16-19; sabato e domenica 10-13/15.30-18.30. Aperture straordinarie 30 e 31 dicembre, 2 e 3 gennaio.

Per conoscere gli eventi collaterali in calendario è possibile consultre: IG Associazione Musei d’Ossola e FB Associazione Musei d’Ossola | Di-Se

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“Perdere la testa” alla galleria BKV Fine Art di Milano https://www.artevarese.com/perdere-la-testa-alla-galleria-bkv-fine-art-di-milano/ https://www.artevarese.com/perdere-la-testa-alla-galleria-bkv-fine-art-di-milano/#respond Thu, 07 Nov 2024 15:09:36 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75977 Milano – Viaggiare attraverso una delle tematiche più inquietanti e attraenti della storiografia artistica: la testa mozza. Un’accurata selezione di opere ispirate a questa iconografia dall’antichità ai giorni nostri, è esposta alla galleria BKV Fine Art di Milano nella mostra “Perdere la Testa”. Il percorso espositivo, presenta 64 opere – dai seguaci di Andrea Solario […]

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Milano – Viaggiare attraverso una delle tematiche più inquietanti e attraenti della storiografia artistica: la testa mozza. Un’accurata selezione di opere ispirate a questa iconografia dall’antichità ai giorni nostri, è esposta alla galleria BKV Fine Art di Milano nella mostra “Perdere la Testa”. Il percorso espositivo, presenta 64 opere – dai seguaci di Andrea Solario a Bertozzi&Casoni, da Giuseppe Vermiglio a Julian Schnabel, da Vik Muniz a Mario Balassi, e ancora da Arturo Martini a Claude Vignon – intende riflettere sul cambiamento di paradigma avvenuto nel mondo contemporaneo rispetto all’idea di infliggere violenza, e anche rispetto al modo in cui noi, spettatori, la contempliamo oggi. Un’imponente tela barocca di Giovanni Battista Maino raffigurante Salomè con la testa del Battista accoglie lo spettatore all’ingresso della galleria, un percorso ricco di suggestioni che si sprigionano lungo tutto il percorso.

L’opera, attribuita al grande artista spagnolo dallo studioso Gianni Papi, sintetizza magistralmente l’ideale iconografico barocco in cui sacro e profano si coniugano. Salomè è la malvagia ed erotica artefice della decapitazione dell’eroe-santo. Una testa mozzata che viene distribuita lungo le pareti delle sale della galleria attraverso una ripetizione ossessiva. Il nucleo delle teste del Battista è diviso in due aree cronologiche diverse. Una prima legata al XVI secolo e all’area lombarda, debitrice della fortuna d’oltralpe del dipinto di Solario come immagine devozionale per Luigi XII, e allo stesso tempo alla diffusione della natura morta come genere pittorico. Frutti, fiori o teste di animali sono posti sullo stesso piatto su cui poggiava la testa del Santo, vanitas che parlano della fugacità dell’esistenza. Tra questi esemplari una testa, di provenienza Borromeo, attribuita a Giovan Battista Figino, che deriva dalla grande tavola di Cesare da Sesto conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna, o la testa del Battista di un seguace del milanese Andrea Solario, il cui originale è oggi conservato al Museo del Louvre di Parigi.

La seconda parete è dedicata alla pittura barocca, in cui il tema della decapitazione trova fortuna a partire dalle invenzioni caravaggesche per essere enfatizzata successivamente in declinazioni che arrivano al tenebroso e al macabro, come nelle tele che derivano dall’Erodiade di Francesco Cairo. In mostra tre esemplari derivanti dall’originale del pittore lombardo conservato ai Musei Civici di Vicenza. Sempre legate al tema dell’ossessione e della ripetizione, nelle prime due sale troviamo alcune sculture in legno e marmo del cinque e seicento raffiguranti teste mozzate, come la testa di giovane martire attribuita a Domenico Poggini, o la reinterpretazione in chiave moderna di Bertozzi&Casoni, dove la figura del Battista è sostituita da quella di un gorilla. La ripetizione ossessiva è riprodotta sulle pareti, in una sorta di horror-vacui, e mostra la modernità dell’arte antica attraverso il dialogo con l’arte contemporanea con opere di Giovanni Testori, in prestito dall’Associazione Giovanni Testori, e Renato Guttuso o i corpi decapitati stampati su lastre di acciaio specchiante dell’artista iraniano Arash Nazari. Parte della selezione di opere in mostra, ora nella Collezione Koelliker, proveniva originariamente dalla collezione di Giovanni Testori, scrittore, giornalista e artista, anche egli ossessionato da questa tipologia di opere. Nella mostra vengono esposti due suoi acquerelli del 1968, proprio mentre scriveva il monologo teatrale “Erodiade”. Testori, influenzato dai suoi studi su Francesco Cairo, riproduce insistentemente il motivo della testa mozzata del Battista con leggere variazioni. Il continuo riferimento alla viscosità, alla saliva e agli umori fisiologici trasforma queste rappresentazioni in semplice materia pittorica.

Il percorso della mostra indirizza il visitatore verso il primo piano della galleria, dove i brani biblici di Davide e Golia e Giuditta e Oloferne diventano protagonisti. Giuditta emerge per la sua sensualità, con cui salva il suo popolo seducendo il generale Oloferne, e lo stesso avviene per l’eroe Davide, che affronta il gigante filisteo Golia con una semplice fionda, per poi tagliarli la testa liberando così il popolo di Israele.

Accostate ad una terracotta di Arturo Martini dei primi anni ‘30, sono esposte una serie di Giuditte di pittori seicenteschi tra cui una tela di Giuseppe Vermiglio, esponente di spicco del caravaggismo lombardo. Una versione simile all’opera esposta è conservata presso le collezioni della Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.

I carnefici sono inizialmente visti come eroi ma questa virtù perde gradualmente forza a partire dal modello proposto da Caravaggio, che arrivò a identificarsi con il cattivo sconfitto, raffigurandosi nella testa mozzata di Golia in un autoritratto. Questo motivo lo ricorda Julian Schnabel nel suo Number 3 (Self-Portrait of Caravaggio as Goliath, Michelangelo Merisi) del 2020, dimostrando la fortuna che questa innovazione ebbe nei secoli successivi e fino ai giorni nostri. Umano è anche il volto pensieroso e inquieto del Davide con la testa di Golia attribuito a Domenico Cerrini, variante di un dipinto di medesimo soggetto conservato presso la Galleria Spada di Roma, così come il Davide di Giacomo Farelli, allievo di Andrea Vaccaro, le cui opere decorano le più importanti chiese di Napoli tra cui il Duomo, per citarne solo alcuni esempi.

Se le teste e le vanitas antiche e barocche rimandano a un mondo unito dalla fede e dalla religione, in cui l’iconografia del dolore e della salvezza aveva il compito di istruire ed educare, nel corso dei secoli questo senso ha perso la sua ragion d’essere. Quando dopo l’Illuminismo scomparve anche il discorso filosofico così come era stato concepito, la contemplazione di scene violente e l’atto di infliggere danno divennero, in molti casi, puro spettacolo. Materia e frammento sono alcune delle caratteristiche di questa società postmoderna così discontinua in cui Medusa, senza dubbio una delle teste mozzate più famose della storia, può essere reinterpretata circondandola di lattine, metalli arrugginiti, vecchi pneumatici e altri materiali di scarto, come fa l’artista brasiliano Vik Muniz nella sua Medusa, after Caravaggio (Picture of Junk) del 2009. Quest’opera fa parte di una serie realizzata in una discarica, dove alcuni capolavori della storia dell’arte vengono ricreati con l’utilizzo di vari materiali di scarto.

L’esposizione, allestita nella sede di Via Fontana, potrà essere visitata sino al 20 novembre. Orari al pubblico: lunedì – venerdì: dalle 10 alle 18, solo su appuntamento t. +39 0289691288.

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Museo Bodini, ecco le nuove opere della collezione https://www.artevarese.com/museo-bodini-ecco-le-nuove-opere-della-collezione/ https://www.artevarese.com/museo-bodini-ecco-le-nuove-opere-della-collezione/#respond Thu, 07 Nov 2024 09:24:07 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75966 Gemonio – Il Museo Civico Floriano Bodini è nato grazie alla donazione di opere dello stesso Maestro assieme a una parte di lavori appartenenti alla sua collezione. Negli ultimi anni, la collezione permanente si è notevolmente impreziosita. In occasione della giornata dedicata alla collezione permanente, in programma il 10 novembre alle 11, verranno presentati altri […]

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Gemonio – Il Museo Civico Floriano Bodini è nato grazie alla donazione di opere dello stesso Maestro assieme a una parte di lavori appartenenti alla sua collezione. Negli ultimi anni, la collezione permanente si è notevolmente impreziosita.

In occasione della giornata dedicata alla collezione permanente, in programma il 10 novembre alle 11, verranno presentati altri lavori dell’artista gemoniese come il  Pontefice realizzato a tempera datato 1960, che rappresenta l’unica testimonianza della  produzione giovanile pittorica presente nello spazio museale. Due medaglie in bronzo, un’opera grafica e un disegno preparatorio con soggetto il Martirio di San Matteo per le vetrate che l’artista ha realizzato per il Duomo di Monza agli inizi degli anni Novanta.


Tra le opere donate, firmate da artisti di rilievo del panorama contemporaneo si aggiungono: un corpus di acqueforti del maestro incisore milanese Pietro Diana, un disegno del viggiutese Nino Cassani e opere su carta dello scultore gemoniese, Antonio Franzetti,  tra i fondatori del Museo stesso; un quadro della pittrice Carola Mazot e un disegno di Ambrogio Barili, amico dello stesso Bodini e uomo di cultura nel panorama cremonese. Vestizione del samurai è la scultura del 2005 che l’artista di Varallo Sesia Claudio Bonomi ha donato alla collezione del Museo. In esposizione anche le figure, ispirate alle medaglie di Bodini, create dalla scenografa Anusc Castiglioni per il teatro d’ombra proposto in occasione della VII Giornata delle Arti Artigiane dedicata alla produzione medaglistica del Maestro.


Nell’ambito della mostra vengono proposti due laboratori didattici per adulti. Il primo in calendario il 30 novembre alle 10, da titoloScintille: l’armonia tra oro e ferro”, sarà tenuto da Bonnie Broussard, moglie e assistente d’atelier di Matthew Broussard. Il 15 dicembre alla stessa ora sarà la volta di Parole scolpite” con Ars Poetica. Laboratorio esperienziale di Arte e Scrittura poetica con Metodo Caviardage®


La partecipazione ai laboratori è con prenotazione didattica.museobodini@gmail.com – 3397596939. La mostra sarà visitabile sino al 15 dicembre il sabato e la domenica 10,30-12,30/15-18.

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“Tra Oriente e Occidente Ricordando Marco Polo” mostra di Cerri e Qi https://www.artevarese.com/tra-oriente-e-occidente-ricordando-marco-polo-mostra-di-cerri-e-qi/ https://www.artevarese.com/tra-oriente-e-occidente-ricordando-marco-polo-mostra-di-cerri-e-qi/#respond Fri, 25 Oct 2024 10:11:26 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75876 Vimercate – Oltre trenta opere compongono la mostra “Tra Oriente e Occidente. Ricordando Marco Polo“ di Luo Qi e Giovanni Cerri, in apertura dal 27 ottobre (inaugurazione alle 18) allo Spazio Heart Pulsazioni Culturali. L’esposizione, a cura di Simona Bartolena, rappresenta la continuazione del progetto espositivo “Memory of History”, presentato dai due artisti nel 2023, […]

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Vimercate – Oltre trenta opere compongono la mostra “Tra Oriente e Occidente. Ricordando Marco Polo di Luo Qi e Giovanni Cerri, in apertura dal 27 ottobre (inaugurazione alle 18) allo Spazio Heart Pulsazioni Culturali.

L’esposizione, a cura di Simona Bartolena, rappresenta la continuazione del progetto espositivo “Memory of History”, presentato dai due artisti nel 2023, prima al Ningbo Art Museum nella provincia di Zehijang, quindi al The Roof Art Museum di Hangzhou e contemporaneamente al Centro Culturale di Milano.

Le opere in mostra ripropongono il confronto tra i due artisti, differenti stilisticamente sia nella scelta dei soggetti sia nei metodi di esecuzione, ma uniti dal comune sentire e vivere l’arte come medium capace di trascendere le barriere linguistiche e culturali, creando connessioni profonde tra popoli e tradizioni apparentemente lontane. L’incontro tra l’Oriente di Luo Qi e l’Occidente di Giovanni Cerri diventa così un’opportunità unica per mostrare come l’arte, proprio perché “non conosce confini”, sia l’unica via alternativa a svolgere un ruolo cruciale nel mantenere vivo il dialogo tra diverse visioni del mondo.

Il richiamo all’arte del passato emerge come un elemento fondamentale per entrambi gli artisti, considerato indispensabile per la loro espressione contemporanea.

Nel confronto fra le loro opere risulta evidente come la forza dell’arte risieda nella capacità di veicolare significati complessi attraverso immagini, suoni e forme, a prescindere dal contesto culturale di partenza.

Proprio per questo l’allestimento diviene passaggio cruciale per l’esegesi stessa della mostra: la narrativa pittorica di Cerri e la narrativa linguistica di Luo Qi sono costantemente mescolate così da creare un canale privilegiato per affrontare e comprendere temi globali come l’identità, la memoria e il cambiamento, rendendo possibile una riflessione collettiva che abbraccia le differenze e le trasforma in ricchezza.

Luo Qi offre una riflessione visiva sull’eredità dell’immagine medievale, che viene portata fuori contesto, destrutturata e ricomposta, rinnovando un patrimonio iconografico con nuovi tratti, nuove luci e nuove tonalità. Nelle sue opere non traspare solo un’analisi dell’immagine medievale, ma una conoscenza del linguaggio dei gesti, dei simboli, dei colori. L’approccio di Luo, che riconosce al Medioevo una grande ricchezza di contenuti, non è storico, ma iconografico: questo permette all’artista di rivisitarlo esaltandone la ricchezza delle immagini e ricreando un suo “personale Medioevo”.

Giovanni Cerri, rivisita il paesaggio urbano – sia quello riferito ad architetture di carattere storico, sia quello periferico, più “anonimo” – con l’aggiunta della tematica urgente e “mondiale” dell’emergenza climatica. Luoghi che ci appaiono sotto una nuova luce, inquietante nella sua caratterizzazione di un ambiente post-umano, una visione drammatica del paesaggio del futuro, tuttavia molto prevedibile sulla base di ciò che sta accadendo al nostro pianeta per mano dell’uomo. In queste sue nuove opere le tendenze del presente sono percepite dall’artista come altamente negative: le tinte desolate e le pennellate che lasciano colare il colore sulla tela sono gli “avvertimenti” pittorici di quello che il cambiamento climatico sta producendo sotto gli occhi di tutti noi.

La mostra si completa con un doveroso omaggio di dieci opere, cinque per ogni artista, alla figura di Marco Polo, il grande viaggiatore, mercante e scrittore italiano in occasione del settimo centenario della morte. Il primo a portare con sé influenze artistiche e culturali da un capo all’altro del mondo, creando un ponte e arricchendo sia l’Oriente che l’Occidente. La mostra sarà visitabile sino al 24 novembre nei seguenti orari: da giovedì a domenica 16-19.

 

 Cenni biografici

LUO QI . Nato a Hangzhou nella provincia di Zhejiang in 1960, Luo Qi si è laureato presso l’Accademia delle Belle Arti di China in 1986 ed è rimasto per insegnare presso per l’Accademia da 35 anni. Vive e lavora tra Hangzhou e Lisbona, Portogallo. Editore esecutivo del Belt and Road Cultural Journal of China’s Silk Road Art (Guangxi Publishing Group). Consulente del China 2020-2028 Progetto di Ricerca (dell’Università di Bologna). Consulente di progetto dell’International Conference on Portuguese Chinese Cultural Studies (Università di Aveiro, Portogallo). Presidente del Consiglio dell’AAMA International Contemporary Art Exhibition (una delle più importanti mostre d’arte del mondo, che è stata fondata da direttori di musei e professori di università di 20 paesi, ed è composta da 180 artisti riconosciuti da oltre 60 paesi. Presidente dell’Asian Art Exhibition (un’organizzazione che ha oltre 20 anni, gestita da esperti e studiosi di 12 paesi asiatici). Ha pubblicato oltre 30 volumi di studi accademici.

 

GIOVANNI CERRI. Nato nel 1969 a Milano, dove vive e lavora, ha iniziato a esporre nel 1987 e da allora ha tenuto mostre in Italia e all’estero, esponendo in importanti città come Berlino, Francoforte, Colonia, Stoccarda, Copenaghen, Parigi, San Francisco, Varsavia, Toronto, Shanghai, Ningbo, Hangzhou. Da sempre attratto dal territorio urbano di periferia, la sua ricerca si è sviluppata nell’indagine tematica dell’archeologia industriale, con raffigurazioni di fabbriche dismesse, aree abbandonate e relitti di edifici al confine tra città e hinterland. Nel 2011, invitato dal curatore Vittorio Sgarbi, espone al Padiglione Italia Regione Lombardia alla 54° Edizione della Biennale di Venezia. Nel 2020 alla Casa di Lucio Fontana a Comabbio (VA) espone la mostra “Diario della pandemia. Quaranta disegni durante l’isolamento”, una selezione di opere su carta realizzate nel periodo di lockdown. Nel 2021 espone con una personale al Museo Italo Americano di San Francisco. Nel 2024 espone al Galata Museo del Mare di Genova la mostra sull’immigrazione italiana “L’Italia che partiva. Via mare verso l’America”.  Le sue opere figurano in collezioni pubbliche, tra cui citiamo: Museo della Permanente (Milano), Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei, Museo di Villa Clerici (Milano), Museo Civico “Floriano Bodini”, Gemonio (VA), Museo Italo Americano, San Francisco (USA), Ningbo Art Museum, Cina. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro “Ultima frontiera” per la Casa Editrice Le Lettere, Firenze, collana Atelier curata da Stefano Crespi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Progetto My Miamina, ecco i premiati https://www.artevarese.com/progetto-my-miamina-ecco-i-premiati/ https://www.artevarese.com/progetto-my-miamina-ecco-i-premiati/#respond Fri, 25 Oct 2024 09:06:13 +0000 https://www.artevarese.com/?p=75896 Gallarate – Annunciati gli studenti premiati nell’ambito del progetto creativo di textile design My Miamina, promosso da Saporiti Italia e MA*GA di Gallarate (VA) in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera, che ha coinvolto 50 studenti dell’accademia milanese nella rielaborazione del tessuto dell’iconica seduta Miamina. (©Stefano-Anzini) Tre i vincitori: Nurys Mini (indirizzo Decorazione) […]

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Gallarate – Annunciati gli studenti premiati nell’ambito del progetto creativo di textile design My Miamina, promosso da Saporiti Italia e MA*GA di Gallarate (VA) in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera, che ha coinvolto 50 studenti dell’accademia milanese nella rielaborazione del tessuto dell’iconica seduta Miamina. (©Stefano-Anzini)

Tre i vincitori: Nurys Mini (indirizzo Decorazione) con il progetto Tracce, Ying Lin (indirizzo Pittura) con Accolto e Valentina Achilli (indirizzo Pittura) con Mio blu (da Erotica, 1981).
Due le menzioni speciali assegnate ai progetti L‘uccello che mangiò il cielo della studentessa Daria Mikhailova (indirizzo Pittura) e F.T. II di Alice Zeni (indirizzo Pittura).

Ai primi tre classificati Saporiti Italia assegna una borsa di studio di €1.000, mentre il MA*GA dona un anno di membership AMICI del MA*GA Young. Gli elaborati vincitori sono stati utilizzati per realizzare tre esemplari unici delle sedute. Tutte le 50 riedizioni del tessuto della Miamina ideate dagli studenti dell’Accademia di Brera sono presentate al Museo MA*GA
di Gallarate sino al 27 ottobre in occasione delle mostre in corso Arte e design. Design è arte e HYPERDESIGN. XXVII edizione del Premio Gallarate, di cui Saporiti Italia è Main Partner.

I progetti premiati sono stati selezionati dalla commissione nominata dagli enti promotori che ha valutato le rielaborazioni più interessanti del tessuto della seduta, elemento formale e strutturale chiave della Miamina, tenendo conto dell’originalità, della qualità tecnica e
poetica, del grado di innovazione e ricerca di nuove soluzioni progettuali legate all’identità della seduta. L’obiettivo del progetto creativo My Miamina è quello di valorizzare la qualità progettuale che contraddistingue la produzione italiana legata al mondo dell’arte e del design attraverso la relazione tra arte, design ed educazione, rispettivamente rappresentati dai tre soggetti coinvolti.
Gli studenti sono stati accompagnati in un percorso formativo con momenti propedeutici, visita alle collezioni del Museo MA*GA e all’archivio Saporiti Italia per arrivare a ideare una loro personale reinterpretazione del tessuto della seduta, fondamentale elemento formale e strutturale della Miamina. Presentata per la prima volta nel 1983 nello showroom Saporiti Italia di Miami, città dalla quale prende il nome, la seduta Miamina ha ricevuto la menzione d’onore al Premio Compasso d’Oro nel 1985. La prima edizione viene realizzata con una serie di tessuti, creati appositamente da Ottavio e Rosita Missoni,amplificando il rapporto fra arte, architettura e design attraverso l’uso del colore. Negli anni, il tessuto della seduta è stato disegnato e rielaborato da Guido Pasquali, Gegia Bronzini e molti altri ancora.
Più di recente, nell’ottobre 2023, la Miamina è stata protagonista della mostra “Art Colors Design” all’ADI Design Museum di Milano sia nelle versioni storiche, sia in una edizione speciale di 20 pezzi unici “Twenty Cities” dedicati alle “città Saporiti” con originali teli e ricami creati dall’artista tessile FoscaMilano. In occasione della Milano Design Week 2024, è stata presentata a Palazzo Lombardia – all’interno della straordinaria struttura piramidale che sarà inviata a fine anno da EV-K2-CNR in Nepal al Campo base per le ascensioni al monte Everest e al K2 – nelle versioni rielaborate dagli studenti del Dubai Institute of Design and Innovation e di POLI.design Milano – risultati del progetto “Saporiti Design Experience” – accanto alla Miamina EV-K2-CNR disegnata nel 1990 da Bob Noorda.

“L’arte ha avuto sempre un importante ruolo di stimolo e di ispirazione per la Saporiti Italia. – afferma Raffaele Saporiti, presidente e amministratore delegato di Saporiti Italia S.p.A. – Dall’inizio degli anni 2000 l’arte è diventata un vero e proprio obiettivo di progettazione per la Saporiti Italia, con la creazione del progetto “Inside Art” che ha l’obiettivo di creare oggetti concepiti in funzione degli spazi dell’arte. Inside Art ha portato a ideare e costruire oggetti per spazi quali il museo MA*GA, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Museo del ‘900, OGR Torino, Biennale di Venezia, MAN Nuoro, Shanghai Art ed altri ancora”. “Inside Art – conclude Saporiti – ha dunque per noi un importante valore “tecnico”, ma ha un ancor più importante valore “culturale e sociale”, perché ci permette di comunicare le nostre attività di design
sostenendo al tempo stesso i luoghi dell’arte e della cultura. Siamo veramente grati al Museo MA*GA e all’Accademia di Belle Arti di Brera per questa collaborazione che, attraverso il coinvolgimento degli studenti, rappresenta per noi un’occasione straordinaria per confrontare nuovamente i processi e i metodi del design con le prospettive innovative e visionarie dell’arte”.

“Il progetto My Miamina si inserisce in una fruttuosa collaborazione pluriennale tra MA*GA e Saporiti Italia, due eccellenze del territorio lombardo, a dimostrazione di quanto sia fondamentale, oggi, promuovere le relazioni tra arte e impresa all’insegna dei valori di innovazione, sostenibilità e inclusività” – commenta Emma Zanella, direttrice del MA*GA -. “Questa partnership virtuosa si arricchisce oggi con l’intervento dell’Accademia di Brera, che rappresenta per noi l‘alleato migliore per valorizzare la qualità progettuale che contraddistingue la ricerca e produzione italiana legata al mondo dell’arte e del design.”

“Siamo entusiasti della collaborazione con Museo MA*GA e Saporiti Italia che hanno scelto l’Accademia per realizzare un progetto educativo e creativo che mostra non solo l’ottima sinergia fra pubblico e privato ma diventa laboratorio formativo di ricerca, contemporaneità e interdisciplinarità per gli studenti”, ha detto Dany Vescovi, docente e responsabile del progetto per l’Accademia di Brera.

I progetti premiati

Tracce di Nurys Mini (indirizzo Decorazione) è stato realizzato utilizzando la tecnica della cianotipia su stoffa, un antico metodo di stampa fotografica caratterizzata dal tipico colore blu di Prussia. Diversi tessuti sono stati utilizzati come negativi per creare un gioco di sovrapposizioni, tracce e trasparenze. Queste immagini sono state rese visibili tramite l’esposizione della stoffa sensibilizzata ad una fonte di luce ultravioletta. Su queste forme morbide è stato poi creato un contrasto attraverso un ricamo di colore rosso.

Accolto di Ying Lin (indirizzo Pittura) nasce da una riflessione sulla sedia come oggetto comune e quotidiano, pensato per offrire momenti di riposo oppure di condivisione. La seduta è caratterizzata da elementi circolari che rimandano alla convivialità, ai bambini seduti in cerchio o al tavolo circolare orientale, intorno al quale ci si riunisce per mangiare. Al progetto sono infatti associate delle piccole ciotole in ceramica.

Mio blu (da Erotica, 1981) di  Valentina Achilli (indirizzo Pittura) ricama sul tessuto della seduta le parole della poesia “Mio blu” di Ghiannis Ritsos, che racconta la relazione tra due
amanti che si sentono compresi e contenuti l’uno dall’altro. Il progetto si ispira infatti ai concetti di cura e accoglienza. La Miamina si trasforma così in un “bagno di parole”, termine con cui lo psichiatra francese Didier Anzieu indica una componente importante dello sviluppo infantile, cioè quel fenomeno per il quale il suono della voce della madre, insieme alla manipolazione e alla componente tattile, creano una sorta di “involucro” che permette al bambino di sentirsi contenuto, e di maturare piano piano la consapevolezza di avere un “limite” corporeo; di percepire la distinzione tra ciò che “io sono” e tutto ciò che è “altro da me”.

Le due menzioni speciali

Il primo progetto,  L’uccello che mangiò il cielodella studentessa Daria Mikhailova (indirizzo Pittura)  è pensato per funzionare in maniera bidimensionale e tridimensionale. Sul lato posteriore della sedia è stato dipinto un uccello, mentre sul lato anteriore un cielo. Quando la sedia è chiusa, i quattro angoli posteriori di colore porpora si uniscono nel comporre il becco di un uccello: nel movimento di chiusura, quindi, la sedia si trasforma in un uccello che inghiotte il cielo, per simboleggiare la forza distruttiva della natura umana.

Il secondo,  F.T. II di Alice Zeni (indirizzo Pittura) utilizza la tecnica dell’olio su tela per realizzare un’immagine non definita, che propone una visione diversa, più lenta e riflessiva. Il lavoro della studentessa attinge da una ricerca fotografica alterata, rielaborata in un secondo tempo anche in fase pittorica e il progetto, quindi, è il risultato di una manipolazione doppia (in fase fotografica prima e in quella pittorica dopo).

 

 

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