Quali stoviglie usavano nel medioevo? e come le producevano? parlare di ceramica significa allargare il campo e affrontare svariati argomenti, dalla produzione, al commercio, all'alimentazione. Guardare insomma nei piatti e nella vita dei nostri antenati. Al Museo di Arsago Seprio, dopo la ceramica romana, una nuova conferenza, condotta dalla Dott.ssa Donatella Di Ciaccio, ha permesso di conoscere meglio la ceramica medievale.
I vasi di Arsago. Presso il Museo sono conservati alcuni frammenti di ceramica medievale, provenienti da scavi di Arsago e Somma Lombardo. Da questi ha preso via una narrazione fra storia, chimica ed economia.
Fra bizantini e musulmani. Le prime ceramiche medievali usate sulle tavole erano di produzione bizantina oppure araba. Poi, assieme ai prodotti, si importò anche la tecnica di fabbricazione e probabilmente grazie a artigiani giunti in Italia nacquero le prime produzioni padane. Apripista fu la graffita tirrenica, che poi si diffuse in Piemonte e da lì in Lombardia e in tutta l'Italia del nord, fino al Friuli Venezia-Giulia.
Ma cos'è la ceramica graffita? E come si produce? Con graffita si intende una ceramica a duplice cottura, decorata da incisioni. Interessante è il processo di realizzazione: il pezzo asciugato, non ancora cotto viene ingobbiato, viene cioè ricoperto da una patina bianca, ovvero un rivestimento argilloso, di terra bianca molto fine e depurata. Una volta asciutto l'ingobbio, si può decorare con incisioni, per poi mettere il pezzo nella fornace per la prima cottura.
La colorazione e vetrina. Dopo la prima cottura si passa alla decorazione, con colori di origine naturale. La graffita di prima produzione presentava come colori giallo e verde, derivanti dagli ossidi minerali rispettivamente di ferro e rame, commerciati in panetti. Al momento dell'utilizzo erano spezzati e macinati in sospensione acquosa in mulini da colore, spesso azionati da animali o da ruote. Dopo il colore è la volta della vetrina, una soluzione di silice o ossido di piombo che renderà il pezzo impermeabile dopo la seconda cottura.
L'impermeabilità è condizione necessaria per l'uso sulle tavole delle ceramiche.
Le decorazioni. Le ceramiche più arcaiche erano decorate da un medaglione centrale, attorniato da fasce vegetali, mentre sul bordo la decorazione era a graticci.
Compaiono in area lombarda spesso figure animali, come gli uccelli e a volte strani ritratti, vere e proprie caricature: forse qualche scherzo degli artigiani?
Cambiano i gusti, cambiano i prodotti. Dalla seconda metà del Trecento queste graffite, definite tardive, persero in qualità: la decorazione era meno estesa, più stilizzata, i colori meno densi, più diluiti. Proprio in quegli anni infatti alla graffita padana si affiancò la ceramica rinascimentale, più raffinata, molto decorata, con scene cavalleresche, giardini: una ceramica che rispecchiava il gusto delle corti, dove le ciotole tradizionali erano meno amate.
Luogo che vai, gusto che trovi. Nella Lombardia occidentale, però, questa nuova ceramica non ebbe un grande successo, a differenza di quanto avvenne nelle zone più ad oriente, come Mantova, artisticamente più legate all'Emilia Romagna. Nella nostra zona si continuò con la graffita tardiva, con sfumature come blu e viola, colori ottenuti da ossido di cobalto e manganese.
Accanto a queste si diffusero le invetriate marrone, sia graffite che non lavorate. Spesso queste erano decorate da simboli religiosi, come la croce o i simboli della passione, probabilmente con intento salvifico. In questo caso i pezzi erano ingobbiati, cotti una prima volta, poi invetriati con aggiunta di ossido di ferro.
Nei monasteri. Spesso queste ceramiche erano usate nelle comunità monastiche, alle quali poco importava il semplice aspetto, a favore di un prezzo più basso. Accadeva anche che sui piedi delle ciotole ci fossero segni incisi, come croci o lettere, metodo semplice dei monaci per contraddistinguere le stoviglie, altrimenti tutte uguali.
Il valore sociale della ceramica. A partire dal XV secolo cambiarono le abitudini alimentari e i commensali cominciarono a mangiare nei piatti individuali. Le forme così si ampliarono, aumentarono i pezzi sulla tavola. Oltre alla funzione alimentare, i piatti assolvevano a un ruolo sociale, ed erano per questo esposti nelle credenze. Non esistevano però produzioni nobili o popolane, anche se nei mercati spesso erano proposte seconde scelte, cioè pezzi malriusciti.
I produttori. L'archeologia e le fonti letterarie restituiscono le fornaci: strutture su due livelli, una camera di combustione e una di cottura, in mezzo un piano con fori per il passaggio dell'aria calda. Una azione delicata quella della cottura, soprattutto per la quantità di aria da immettere. Spesso la fornace era una vera e propria proprietà di famiglia, tramandata di generazione in generazione. Purtroppo per l'ambito varesino non ci sono testimonianze di fornaci, ma probabilmente si tratta di buchi nella ricerca, perché fino a pochi decenni le tecniche di scavo erano ancora meno approfondite.
Ceramiche, ma anche ampi scorci sul Medioevo, vita quotidiana ed economia. La conferenza di Arsago Seprio ha avuto il merito di unire tutti questi aspetti in una serata piacevole e molto interessante.