Il convegno – Quattro giornate di studio sulla conservazione e restauro dell'arte contemporanea per presentare la prima uscita pubblica di INCCA Italia (International Network for the Conservation of Contemporary Art), di cui ora fa parte anche l'Italia. Istituito in Olanda nel 1999, riunisce in una rete professionisti dalle competenze diverse con un obiettivo comune: la conservazione dell'arte contemporanea. Marina Pugliese, Conservatore Responsabile delle collezioni di arte contemporanea per il Comune di Milano, coordina il gruppo italiano, che ha fondato insieme ad un gruppo di storici dell'arte e restauratori noti. Il convegno è organizzato con la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico di Brera, grazie ad Axa Art e Unicredit Private Banking.
I relatori – La prima giornata è stata dedicata ai leganti del XX secolo: sono stati esposti casi di studio e i risultati delle ultime ricerche scientifiche sulle caratteristiche chimico – fisiche di alcuni polimeri di sintesi e del loro degrado. Tra i relatori, Thomas Learner del Getty Conservation Institute di Los Angeles, Oscar
Chiantore dell'Università degli Studi di Torino, i restauratori Andrea Carini della SBAS, Barbara Ferriani e Antonio Rava, già noti a Varese per essere stati chiamati l'anno scorso a prestare le ultime cure all'opera di Guttuso lungo la via Sacra.
Il caso Guttuso – Un convegno aperto a tutti o quasi, la sala della passione raccoglie ad occhio un pubblico per la maggior parte di giovani, molti non riescono ad entrare, poi sì e ci si accontenta di stare seduti a terra pur di seguire. Si respira un interesse forte, pieno di speranza per il futuro e si pazienta anche quando si verificano problemi tecnici ai supporti informatici di sala.
Un ambito complesso l'arte contemporanea, nel quale esistono poche bibliografie di riferimento e solo per casi "privilegiati". Modesta l'editoria anche per gli studi che vengono tradotti in italiano, mentre pochi gli studi nazionali che vengono diffusi fuori dall'Italia. La rete
permetterà di diffondere i saperi e le esperienze, con contributi scientifici che verranno messi in rete.
Varese c'è e presenzia con la Fuga in Egitto del suo discusso Guttuso; ad esporre il caso applicativo è Antonio Rava.
Dagli atti vandalici alle macroriprese – L'opera rientra nella casistica della conservazione dei murales acrilici all'aperto. Rava punta sull'approccio conservativo adottato per i distaccamenti del film pittorico. Un caso risolto con la riadesione del film distaccato mediante iniezioni e reforming a schiacciamento manuale e con calore limitato per recuperare la planarità, seguita da verniciatura superficiale con una resina polivinilbutirrale nebulizzata sulla superficie, dopo l'integrazione pittorica. In sala scorrono le fotografie di com'era, della sua realizzazione e di come Guttuso lo volle; fu lui stesso, infatti, a dire che, come opera matura di un artista ormai più che maturo, non voleva cimentarsi con materiali a lui poco noti.
Le immagini parlano con estrema chiarezza e in modo brutale quando appare la scritta vandalica che lo danneggiò nel 1994 con i successivi e diversificati interventi del collaboratore dell'artista, il pittore romano Amedeo Brogli. La sequenza abbandona l'iconografia del soggetto per lasciare spazio ad approfondimenti scientifici con macro riprese; le immagini cambiano, ecco i particolari concreti di degrado e le forme diventano astrazione pura, come nei "bianco plastica" di Burri. Chissà cosa penserebbe Guttuso…