Da un plateau rouge si erge, si frange, ci adesca. Zattera della Medusa, ci barcamena dove non sa, senza pilota che se stessa, catafratta, calafata, scoscesa. Non bella ma dei dolori che portano lontano balia, culla cresciuta nella montagna, allerta del vento, sentinella che pesa e affila la nottata.
Non l'avete notata? Non avete prenotato per l'imbarco? Prenotatevi, ma dal vivo, c'è pasto per tutti nei suoi corpi intagliati. Di Sangregorio scultura assurda, immanentissima. Undecima fatica di Ercole, rimorso di Adelchi e ripudio della dolce Ermengarda. Desiderio allo stato impuro, che scardina chi la guarda. Rossa di Persia, in corpore brucia di classicità deviata, le vene rotte senza vergogna. Barbarica, offre la fuga dei nomadi e la rubrica della nascita, dal nero alla luce.
Oracolo di legno e pietra, gravido di sogni e segni.
Antimateria. Spaccata la rotta, naviga con tremore, attraverso la sincope del tempo. E canta dal fondo, Sirena celtica, e affonda le statue del mondo mentre tutto il verde d'intorno impallida, i flutti salgono.
E parla quando non deve e sposa il gelo, il sole e la neve e penetra e si fa penetrare con grida al cielo.
Arca dei folli, pazza d'amore per il fiume Ticino, dove vai? Dove stai? Nel parterre della Provincia, Longobarda, a tastare con le tue membra vive il sesso il trono e la morte di ciascuno.
'Longobarda', 1987-88