ospiti di La6 Tv
Bisogno di muri – Se siamo tutti d'accordo a chiamare le università, la scuola e le accademie "luoghi di formazione", forse pare essere più complesso, oggi, definire i "luoghi della cultura". Sospesi tra virtualità e fisicità, tra ologrammi intangibili e stanze inaccessibili, i luoghi della cultura (che un tempo non troppo lontano si chiamavo centri o circoli) sembrano nascondersi nella nebbia, farsi sfuggenti. E forse una definizione univoca non esiste o è del tutto inutile cercarla. Eppure una sorta di disagio, talmente denso da potersi tagliare, si vede nell'aria: una costante difficoltà ad uscire di casa, una resistenza a lasciarsi coinvolgere, a partecipare, a confrontarsi, trovandosi e ritrovandosi magari in uno spazio espositivo o ad una mostra, ad un cineforum. La cultura prende forma nei calendari, nella programmazione di date, scadenze, appuntamenti. Ma deve prendere necessariamente forma per le strade ed entro luoghi
fisici che vivono di iniziative e di gente che si incontra.
Le strade del Festival – Parte ed arriva a queste ed altre considerazioni più ampie la chiacchierata con Claudio Argentiero e Umberto Armiraglio ospiti nei nostri studi per parlare di fotografia. E non solo. "Da quando è iniziato il Festival Fotografico, la gente gira per Busto con il programma delle mostre e gli itinerari della città, riscopre o scopre per la prima volta strade, antichi cortili, luoghi caratteristici che nemmeno pensava di poter incontrare", spiega Argentiero. "Siamo riusciti a coinvolgere tante istituzioni, tanti luoghi che tornano a vivere con e grazie al Festival Fotografico. Le persone si sentono chiamate in causa, iniziano a muoversi, a partecipare", precisa Armiraglio. "Iniziano ad abitare i luoghi della cultura", aggiungiamo noi.
Il Festival della Fotografia a Busto Arsizio è letteralmente partito col botto e propone per circa un mese intero una quantità strabiliante di mostre, eventi, incontri e woorkshop. Ma non è solo il numero ad
impressionare: è la qualità, la statura e il vaglio dei nomi coinvolti e presenti: Carlo Bevilacqua, Lanfranco Colombo, Giovanni Sesia e Giancarlo Pagliara. E ne stiamo citando giusto qualcuno. "Il Festival Fotografico – ci confidano Argentiero ed Armiraglio – nasce guardando ad Arles, prende vita con un'aspirazione internazionale". Sotto il segno della fotografia, Busto Arsizio guarda e "pensa con il cuore" all'Europa. E nell'Italietta delle tante faziosità municipalistiche, questo è già un segno positivo.
"E tutto questo – prosegue Claudio Argentiero – senza spendere cifre esorbitanti, ma riuscendo a mettersi in dialogo e collaborazione con il liceo cittadino e con molte altre realtà che operano nel settore della cultura". "In rete, spiega Umberto Armiraglio – circola una quantità impressionante di immagini fotografiche, da Facebook a Flickr. Quello che tentiamo di proporre noi oggi è un luogo concreto, fisico, dove la fotografia sia un'immagine tangibile". In questo periodo di crolli e di serrate, il progetto firmato A.f.i. ci appare quale antidoto al pensiero secondo cui la cultura è un dessert da servire a fine pasto. Un accessorio al quale, in fin dei conti, si può rinunciare.