Busto Arsizio – Mai come in questo ultimo periodo abbiamo avuto necessità di volgere lo sguardo alla bellezza che, la scienza lo dimostra, non è un concetto astratto, ma affonda le sue radici in una particolare area del cervello preposta all’elaborazione delle emozioni. Gli studi condotti da Semir Zeki, padre della neuroestetica ci consentono di parlare di “neurobiologia della bellezza”.
Cosa proviamo osservando un magnifico dipinto oppure ascoltando della bella musica? Durante una ricerca del Laboratorio clinico di neuro riabilitazione sperimentale della Fondazione Santa Lucia di Roma sono stati analizzati i meccanismi cerebrali che stanno alla base di ciò che sentiamo quando siamo al cospetto della bellezza. Ebbene tale esperienza si accompagna sempre all’attività specifica di un’area del cervello dove le nostre emozioni vengono elaborate: più intensa è l’esperienza del bello e più intensa è l’attività registrata. Ne consegue che l’arte è in grado di muovere e suscitare emozioni così potenti da lenire “i dolori dello spirito”. Un gruppo di specialisti canadesi ha definito l’arte e il piacere che ne deriva, un vero e proprio “farmaco emozionale”. Ne sono così convinti che, dopo, aver siglato un accordo, con il Museo delle Belle Arti di Montreal prescrivono, oltre a cure farmacologiche, visite per ammirare le opere di artisti come Brughel, Rembrant e Matisse perché visitare una mostra migliora, è certo, notevolmente il nostro stato d’animo.
Il caso dell’ospedale cantonale di Aarau
In Svizzera, come nel nostro paese, molti ospedali e molte cliniche private hanno quadri importanti appesi alle pareti o espongono talvolta delle estemporanee di artisti. L’ospedale cantonale di Aarau possiede invece una vera e propria collezione di oltre 3.000 pezzi che si arricchisce di anno in anno. Ma sicuramente la cosa che rende interessante e, per certi versi unico, l’ospedale svizzero sono le mostre che si tengono al suo interno e che ospitano artisti professionisti contemporanei. Inoltre, in ogni camera dei pazienti è presente un’opera che, se anche non sempre incontra i gusti del paziente, aiuta a spostare lo sguardo dalla malattia. La collezione è nata a partire dagli anni Cinquanta quando molti direttori e medici hanno iniziato a regalare opere delle loro collezioni private all’ospedale. Nel tempo al primo nucleo di opere si sono aggiunti affreschi, mosaici, vetrate e sculture fino a quando l’ospedale stesso ha iniziato a commissionare grandi opere d’arte. Dal 2008 l’artista indipendente Sadhyo Niederberger, che dal 1989 è impegnata in progetti interculturali e multidisciplinari, lavora come responsabile dell’arte nell’ospedale di Aarau occupandosi delle opere qui custodite e dell’organizzazione di eventi culturali.
Non solo fruirla ma anche farla: arte come terapia espressiva
L’arte fa bene non solo quando la si osserva, ma anche quando la si fa. L’espressione artistica fornisce nuovi modi di comunicazione laddove altri, come la parola, si siano rivelati insufficienti ad esprimere emozioni, soprattutto in momenti di difficoltà esistenziale. Attraverso l’arteterapia vengono valorizzati altri canali comunicativi, il pensiero divergente viene sollecitato e le capacità creative sono potenziate. Sappiamo quanto sia antico e profondo il legame tra narrazione e immagine: lo stesso Freud lo aveva sottolineato in Saggi dell’arte e della letteratura (1910) a proposito dei pittogrammi degli antichi Egizi e l’arte terapia, utilizzando il linguaggio diretto delle immagini, apre una finestra sul nostro mondo psichico, sui problemi e sulle esperienze dandoci la possibilità di esplorare in modo diverso i nostri pensieri. Possiamo dire che, attraverso le terapie espressive il processo di trasformazione che avviene dentro di noi, si rende visibile e tangibile proprio nel “ manufatto artistico”. Grazie all’arte possiamo tornare a modalità espressive e sensoriali dell’infanzia: manipolazione, pittura, colori, collage. Questo fa sì che si possano attivare memorie legate ai primi anni di vita ma anche a problematiche del vissuto attuale di cui non si è pienamente consapevoli, permettendo alla nostra mente di aprire una porta sull’inconscio.
M. Giovanna Massironi