Varese: un ambizioso progetto espositivo pensato come un viaggio alla scoperta dell’artista. Si tratta di una triplice mostra allestita nelle tre grandi città che più ne hanno segnato la vita: Padova, Verona e Mantova.
Per trovare un legame tra questo importante evento e la città di Varese, però, bisogna risalire al periodo tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, quando Guido Cagnola, grande estimatore d’arte e fine collezionista, incomincia a dar forma alla sua raccolta di opere, decidendo poi di sistemarla nella splendida villa di Gazzada dove ancora oggi si fa ammirare.
Questa raccolta, in parte acquistata personalmente e in parte ereditata dalla famiglia, rispecchia appieno la migliore tradizione collezionistica del tempo. Riunisce infatti sculture, mobili, porcellane, arazzi e naturalmente dipinti. Grandi i nomi presenti: Jacopo Bellini, Ercole de’ Roberti, il Bergognone, Francesco Guardi, solo per citarne alcuni, e tra di essi Paolo Morando, meglio conosciuto come il Cavazzola.
E’ proprio suo il dipinto su tavola che Varese presterà alla mostra “Andrea Mantegna e le arti a Verona 1450-1500”. Si tratta di una tavola di piccole dimensioni (non arriva a misurare cinquanta centimetri d’altezza) che raffigura una Madonna col Bambino, realizzata appunto a Verona nel 1508.
La Vergine è rappresentata mentre è intenta nella lettura di un piccolo libro, indossa un ampio manto e trattiene a sé con delicatezza il bimbo nudo in piedi al suo fianco, che le cinge teneramente il collo con le braccia. Lo sfondo scuro si apre a destra su di un paesaggio montano e lacustre.
Nato nel 1486 il Cavazzola ebbe una carriera breve ma prolifica. Allievo di Domenico e Francesco Morone superò tutti i contemporanei per l’armonia e la nobiltà d’espressione delle sue figure, che sembrano vive e parlanti. La dolcezza e la grazia delle sue Madonne gli valsero l’appellativo di “Raffaello veronese”.
Dell’opera colpiscono l’intensa luminosità dei volti, l’attenzione per i dettagli, i colori brillanti (nonostante l’uso di tonalità fredde) e le ombreggiature delicate, il tutto accompagnato da una sobrietà e da una naturalezza che sono il marchio di fabbrica dell’artista.
L’opera della collezione varesina è un esempio lampante di come il Cavazzola abbia assimilato la sensibilità disegnativa e cromatica della tradizione mantegnesca, a quel tempo viva e presente a Verona. E non avrebbe potuto fare altrimenti perché il passaggio di Mantegna nella città scaligera aveva ormai impregnato l’humus artistico della città.
Il Trittico della Basilica di San Zeno (realizzato a venticinque anni su commissione del nobile Gregorio Correr) e la Madonna della Chiesa di Santa Maria in Organo erano lì, ben visibili a tutti, e non era quindi possibile prescindere dai suoi insegnamenti.
Proprio per questo il dipinto del Cavazzola è stato scelto per far parte del corpus di opere esposte a Verona, tappa centrale di quello che è stato pensato come un viaggio alla scoperta del Mantegna e di coloro che hanno raccolto la sua eredità artistica.
Ma il percorso espositivo tocca anche Padova e Mantova. Nella prima città il grande maestro nacque nel 1431 e frequentò una scuola formidabile: la bottega di Francesco Squarcione; nella seconda si stabilì dal 1460 fino alla morte, lavorando per quasi cinquant’anni come pittore di corte della famiglia Gonzaga. u qui che intrecciò con il potere le relazioni che l’avrebbero portato a realizzare apparati decorativi, affreschi, dipinti e sculture di grandissimo pregio.
Le tre sedi dell’esposizione sono: i Musei Civici agli Eremitani di Padova, il Palazzo della Gran Guardia a Verona e il prestigioso Palazzo Te a Mantova. Le mostre sono state inaugurate in simultanea il 13 settembre 2006, anniversario della morte di Mantegna rimarranno aperte al pubblico fino al 14 gennaio.
Sarà quindi un breve viaggio quello dell’opera del Cavazzola, ma che le permetterà di ricongiungersi al grande contesto storico e artistico che l’ha vista nascere, e che le darà l’occasione di essere ammirata da migliaia di persone.