Al cospetto della commissione – Trentamila euro per garantire alla nuova Gam il suo massimo di comunicabilità entro un anno. Questa in estrema sintesi, la mission affidata all'ex assessore della giunta Formentini a Milano in qualità di consulente dell'immagine e dell'identità del nuovo polo museale gallaratese. Philippe Daverio, al cospetto della commissione cultura, ha messo a disposizione le sue idee in progress, ha attutito aspettative e paragoni fin troppo elevati, ma soprattutto ha cercato di iniettare fiducia e nuovi stimoli di identità nel ruolo privilegiato di veicolo di cultura che anche la comunità gallaratese, giunta ad un punto nodale della sua vicenda culturale, può e deve avere. Alla fine, ha ottenuto il sostegno bipartisan di tutti i consiglieri presenti e di Mario Lainati, presidente della Fondazione "Gallarate città 1860". Un incontro di elevata energia culturale e accortezza politica che giustificano lo sforzo economico intrapreso dall'amministrazione per averlo; una cifra non bassa, ma certamente in linea con i requisiti del mercato.
Sistemi avanzati – "Sono qui grazie ai cinesi", è il suo esordio fulminante. "La Cina ha costretto a svecchiarci, a rinnovarci. L'incombenza dei cinesi in ogni processo sociale ci ha di fatto ricollocati là dove noi italiani siamo sempre stati: tra i creativi, tra i competitivi, tra i còlti". Da qui un'altra serie di considerazioni: "La civiltà si misurerà sempre più in base a collanti specifici: il tempo, in particolare, non quello del lavoro, nemmeno il tempo libero, ma il tempo che si vuol dedicare all'identità di domani". E l'identità, secondo l'artefice di Passepartout, si definisce, oggi più che mai, e soprattutto qui nella vasta megapoli inurbata che gira intorno a Milano e raccoglie un bacino di quasi 10 milioni di abitanti, in base a nuove definizioni di eccellenza. "Il sistema avanzato ospedaliero, quello legato all'istruzione e quello museale".
Il muro del silenzio – Qua dentro, in sostanza, Gallarate gioca la sua partita in nome dell'eccellenza. Senza aspirare ad essere il Mart e nemmeno Basilea. Non avendo le stesse caratteristiche territoriali e sociali, oltreché i soldi. "Piuttosto,come Brooklyn, siate il centro d'eccellenza di un quartiere di una macrocittà", senza snaturarsi. "Non è un caso – sottolinea Daverio – che la Gam sorga sulla via che collega Milano al Sempione, né che sia a due passi dalla prima austrada mai realizzata". Segni inequivocabili di una vocazione alla modernità produttiva, all'idea di progresso che deve essere ancora oggi la specificità della sua vocazione. "Rompere il muro del silenzio, rispetto a quanto già di buono viene fatto da questo museo, significa far passare nella testa della gente l'idea che sia inevitabile che qualcosa accada qui".
L'appoggio della politica – Il suo lavoro di comunicazione è già cominciato ufficialmente. Mettendosi a disposizione di una comunità politica che vorrebbe pensare in grande ma ancora forti dubbi sulla sostenibilità di un progetto che Gallarate ancora non ha mai conosciuto. L'esperto alterna il ruolo di pompiere e di incendiario. "Occorre dimenticare la gradevolezza del mondo di ieri, non cullarci in sicurezza ataviche. Se la nuova Gam nascesse con questo spirito conservativo e difensivo sarebbe un fallimento". La politica allora, deve crederci; quella locale deve insinuare ai livelli più alti più di un sospetto che quanto si muove a Gallarate lo si stia fecendo fa per un interesse più generale, per dare coordinate nuove non esclusivamente alla propria comunità ma ad un entità molto più espansa, eterogenea, apparentemente lontana. Provincia, Regione, naturalmente, "una lacrima del loro bilancio dovranno garantirlo" e poi forse il privato.
Scelta tra due – Intanto, a breve cominceranno le gare d'appalto per le rifiniture interne dello stabile in via De Magri. I tempi si allungano: non prima di fine autunno 2008, per l'inaugurazione si rimanda tutto al 2009. Per allora, posto che non subentrino altre intuizioni, la scelta cui affidare l'evento che rompa il muro del silenzio si gioca su due tavoli: la carta insubre, "del fare la conta in questo territorio che ci attraversa da Piacenza fino al Gottardo, che ha espresso una sua precisa cifra stilistica" o quell'altra legata al rapporto tra arte e produzione, il design. Un altro simbolo di una nuova identità del territorio. "Un cambiamento sociale che va recepito e governato, anche con l'arte".