Milano è tappezzata di manifesti che lo ritraggono e pubblicizzano il suo ultimo impegno: sei lezioni, tre a Roma e tre a Milano, sul rapporto arte, denaro e finanza racchiuse sotto il titolo "Daverio e Contemporaneamente". La nuova edizione del suo fortunato programma televisivo riprende la messa in onda a metà luglio. L'instancabile Philippe Daverio, al telefono, annuncia la necrosi di Milano, la necessità di trovare altre soluzioni, la fortuna per la cinta urbana fuori dalla metropoli di godere di questa declino del 'grande centro'.
Gallarate, dunque.
"Mi sono incontrato un paio di volte con il sindaco Mucci, ho incontrato l'assessore e sono felice di questi incontri".
E' stato reso pubblico che sarà il consulente per la nuova Gam.
"Non ho letto i giornali, non so cosa sia stato detto. Posso dire che stiamo ipotizzando di dar vita a questa collaborazione, che al momento non esiste ancora di fatto. Prima che la cosa prenda forma, occorre che il comune faccia tutti i suoi passi necessari, deliberi quanto serva. Dopo l'estate si potrà parlarne più concretamente".
Molta cautela insomma
"Mettiamola così: se le cose andranno a buon fine accetterò l'incarico con entusiasmo, se non sarà così sarò felice lo stesso per i contatti che ho avuto e il progetto in corso".
La Gam, una storia importante.
"Oltretutto. Non voglio che niente squilibri l'attuale situazione, che la mia presenza sia qualcosa calata all'improvviso, che venga turbare il passato, il presente e il futuro della Galleria, della direzione, della sua storia".
Lei ha visitato il cantiere: cosa ne pensa?
"E' un bel progetto. Dal punto di vista architettonico, dal punto di vista dell'inserimento nella struttura urbana. Non parlo solo di Gallarate, ma di tutta quella struttura urbana che va da Legnano, dalla cinta dell'alto milanese, a Busto a Gallarate fino a Varese. Un'area che necessità una sorta di rivisitazione estetica, con un passato vicinissimo importante che sta cercando di capire cosa vuole diventare".
E che ruolo può giocare la nuova Gam, da questo punto di vista?
"Un ruolo importante. In questa trasformazione veloce e feroce che ha avuto questo territorio occorre capire per tempo i valori estetici e comportamentali da imprimere al territorio. L'area dell'alto milanese è un caso specifico, diverso ad esempio, da Crema o Cremona, dove la sua vocazione agricola è rimasta fondamentalmente uguale. Qui si possono innestare realmente progetti e identità nuove anche a partire da riconversioni di questo tipo".
Lei conosce la storia della Galleria d'arte moderna di Gallarate e del suo fondatore Silvio Zanella. Un unicum nel suo genere, per continuità e coerenza, quanto meno in questo territorio. Che idea se ne è fatta?
"Mi pare un prodotto di 'una volta', con il garbo, l'affetto, l'idea di arte di una volta. Un modo di intendere l'arte che è stato tipico del XX secolo, ma che non riguarda solo Gallarate. Pensiamo a Varese che ha rifiutato la collezione del Conte Panza. Non sono necessariamente per l'estetica internazionale, ma credo che ci possa essere la possibilità di nuove aperture".
La collezione civica è una delle più corpose e ricca di testimonianze alte dell'arte del dopoguerra
"Sicuramente. La collezione Zanella va tutelata fino alla fine dei tempi. Credo che la direttrice se ne debba occupare, anzi valorizzandola e ampliandola. Ma Gallarate deve sfruttare un'altra possibilità".
Quale?
"La necrosi di Milano. Milano non è salvabile, almeno per i prossimi 20 anni. La partita da qui in poi si giocherà su quanto si riuscirà a fare intorno a Milano giocando sulla comodità dei trasporti, sulla bellezza dei trasporti e sulla qualità dell'offerta. Bisogna rendersi conto di un fatto. Gallarate, Como, Legnano, non possono più accontentarsi di poche migliaia di visitatori all'anno. Perchè hanno a disposizione un bacino potenziale di 10 milioni di utenti, in quella cerchia che gravita intorno al capoluogo. E' li che bisogna andare a cercare, con nuove idee e nuove strategie".
Da possibile futuro consulente, può spendere ora una idea, un nome per il futuro della Gam?
"Non ho nomi da fare. Io sono un consulente tecnico di musei come di fondazioni bancarie. Io mi metto al tavolo con i responsabili. L'obiettivo è quello di 'accellerare il pensiero'. E' il compito di noi consulenti. Non perché si sia più intelligenti, semplicemente perchè abbiamo modo di fare e conoscere altre esperienze, anche all'estero e portarne testimonianza a chi ci richiede un parere. Ma poi le decisioni, le direttive, vengono prese al tavolo, dai diretti responsabili".