Milano – A volte è la dimensione dello spazio vuoto a definire l’essenza del contenuto visibile.
Tale è l’equilibrio espresso nelle opere di Enrico David in “Cielo di giugno”, in corso presso Giò Marconi a Milano.
L’artista coglie l’attimo facendo propria l’essenza di aliti di vento al fine di rifondere l’emozione di tale entità agli occhi del visitatore.
La misurata quanto intensa successione delle trame create da David (Ancona 1966, vive e lavora a Londra) tende a definire una inesauribile percorrenza vitale.
Il respiro della natura palpita nel ricamo in “Zattera viva” (2020) e in esso si scorge il potenziale architettonico del creato.
Le folate colorate poste in successione l’una accanto all’altra inducono alla lieve ritmica del volo, piccole emozioni appena afferrabili ma allo stesso tempo vibranti di quell’aurea intima tale da permettere, una volta percepita, di palpitare a lungo nella memoria.
In una delle più struggenti canzoni di Brassens si fa riferimento agli sguardi colti all’improvviso negli occhi di altre persone e dei quali rimane una lunga permanenza nell’intimo di chi li ha percepiti mutuando una amabile malinconia per quello che avrebbe potuto essere ma non è stato.
Questo l’artista dona ai tratti delle sue fisionomie.
A tal punto suona quanto mai ideale il titolo dato alla personale “Cielo di giungo”; è volgendo lo sguardo verso l’alto in spazi infiniti nella stagione più intensa dell’anno quasi si dilatano le coordinate dei desideri e delle speranza.
Enrico David – “Cielo di giungo” – Giò Marconi, Via Tadino 20. Fino al 20 marzo. Orario: martedì –sabato 11-19
Mauro Bianchini