Punto privilegiato dell'osservazione e indagine non è più lo schermo spento di un televisore che registra la realtà circostante, ma uno specchio che riflette l'immagine dell'artista. L'autoritratto accademico perde la sua connotazione e l'immagine che ne risulta è difficile da riconoscere, sempre mutevole perchè basta un piccolo spostamento e lo specchio cambia riflesso, luce, sfuma. Nessuno studio preliminare, solo il veloce gesto di riportare sul foglio ciò che lo specchio ci rimanda, per poi essere lievemente raffinato con i gessetti.
Il soggetto si confonde con lo sfondo, a ricordare le imprese cubiste di Braque e Picasso e il loro tentativo di rappresentare in bidimensionale la tridimensionalità della realtà; i colori si fanno terracei, vicini a quella vita contadina che l'artista conosce fin dalla giovinezza; la materia umile e secca dei gessetti e della cenere riportano ancora una volta al passato e alla vita umile di un paese agricolo nel quale ha vissuto l'infanzia. Ma questo non vuole dire crudezza, non vuole dire asprezza, anzi.
La materia si fa vellutata tanto che vien voglia di toccare con mano tutta quella morbidezza; e allora non importa più se soggetto e sfondo sono un tutt'uno e non si riconoscono ma si fondono. Il resto è solo poesia di colori".