Venezia – Si muove nel segno di assenti dialoghi le “Personal Structures” di Ania Hobson,
Come fosse seduta in un palco a teatro osserva con affettuoso distacco la silente recita dei suoi personaggi vivere, seduti in un bar, la loro muta unicità, anche nel momento in cui alcuni di loro condividono lo stesso tavolino.
Immediato il rimando cinematografico alla trilogia dell’incomunicabilità di Michelangelo Antonioni e
come scriveva Peter Handke quella pare una infelicità senza desideri.
Ogni personaggio ritratto dalla Hobson trama percorrenze interiori composte da un insieme di ricordi e intime riflessioni.
Non a caso l’artista ha ampliato lo spazio della superficie piana nel momento in cui ha posto attorno allo stesso tavolo tre donne.
La loro tacita comunanza dilata maggiormente uno straniamento rivolto non solo verso se stesse ma anche nei confronti delle altrui presenze e dello spazio che le circonda.
Gli oggetti abbandonati a loro stessi sembrano acquistare una esistenziale consapevolezza lontana dalla loro reale funzione.
Il linguaggio pittorico di Ania Hobson (Regno Unito) acquista singolare lapidarietà nel momento in cui anima l’oscuro fascino della parola alienata. Quella tacita condivisione di spazio e tempo pare strutturare invisibili labirinti entro i quali ogni individuo potrebbe aprirsi a metafisiche interrogazioni.
Ania Hobson – “Personal Structures” – Palazzo Mora, Strada nuova 3659. Fino al 24 novembre. Orario: mercoledì-lunedì 10-18
Mauro Bianchini