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Percorrere i vicoli acciottolati del monastero di Drepung il più grande monastero del Tibet, situato nei pressi di Lhasa, fondato nel 1416 e abitato un tempo da più di 10.000 monaci sereni;
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Attraversare strati di roccia metamorfica piegati dalla forza orogenetica del Pianeta 35 milioni di anni fa;
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Assaggiare un caffè fatto dalla signora del villaggio di Nangartse, sperduto tra le montagne dell’Himalaya e scoprire che ha l’identico sapore un po’ bruciacchiato di quello che faceva la mia nonna;
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Fermarsi in faccia a seraccate di ghiacci spaccati dalla forza costante di un sole sempre più possente;
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Attraversare su ponti di corda traballanti fiumi intensi che regalano sfumature dal turchese al cobalto, scavando le pietre con la perseveranza che solo la natura può avere nell’inondare alla fine le pianure e donarci la vita;
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Girare in senso orario intorno ai Budda enormi di legno che vegliano da sempre, benevolmente, sulle nostre futili necessità terrene;
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Reggere venti che scuotono nubi giganti che cingono montagne inarrivabili per non farcele nemmeno desiderare;
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Toccare le pietre in semicerchio che formano un solido riparo, costruito per proteggere dalla rigidità dei 5000 m. di quota una fragile tenda nomade, che tale deve rimanere;
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Trovare escrementi di Yak accuratamente impilati sulle soglie delle case, conservati come unico prezioso combustibile per l’implacabile imminente inverno, in questa terra senz’alberi;
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Sorseggiare il tea riscaldato da pezzi di lamiera curvati contro il sole come pannelli solari primordiali.
Il Viaggiator Curioso