Varese – Con la doppia personale intitolata “Echi di Luce” di Ottorino De Lucchi e Raffaele Minottovla, la galleria Punto sull’Arte apre il nuovo anno espositivo. Minuzia, atmosfere sospese e rarefatte caratterizzano lo stile di questi due artisti.
Minotto accompagna lo spettatore nelle stanze dei palazzi di Asolo e di Padova che da sempre sono oggetto della sua ricerca, un vagabondare tra broccati e velluti accarezzati dalla luce, tra tappeti soffici e oggetti preziosi che mantengono l’impronta delle persone che li hanno vissuti e che tuttora li vivono in un continuo rimando tra il presente e un passato intriso di memorie. Fedele al suo stile pacato, figlio della lezione di Monet così come di quella dell’espressionismo astratto (è un vero e proprio gesto espressionista quello di immettere alla fine del lavoro il pulviscolo che direziona la luce), l’artista nel tempo ha arricchito i suoi lavori di nuove letture. Ad esempio di recente sperimenta l’allontanamento dell’inquadratura, regalando visioni dall’esterno che coinvolgono parte del giardino; le tinte, poi, si sono fatte più accese e definite e lo stesso sguardo dell’artista è divenuto ancora più analitico rispetto al passato, entrando anche nei dettagli delle opere appese alle pareti, aprendo nuovi racconti agli occhi dello spettatore.
De Lucchi continua a incantarci con la materia misteriosa e vellutata dei suoi acquerelli a secco. Fuoriclasse indiscusso della tecnica – solitamente leggera e trasparente – alla quale dà consistenza densa e compatta, l’artista modula il tema della natura morta facendone scaturire emozioni sempre nuove. Immersi in un nero impenetrabile, senza scampo, che non concede nulla agli interrogativi dello sguardo e che precipita il lavoro nello spazio enigmatico della metafisica, i fiori e le canestre di frutta di De Lucchi appaiono illuminati dall’interno come se possedessero un caldo cuore pulsante. La buccia delle pere o delle mele cotogne, di un giallo rovente, sembra sul punto di esplodere per il potere di quella luminosità interiore. Lo stesso accade ai fiori, le cui venature si aprono allo sguardo come sentieri misteriosi. A completare la seduzione l’artista decide di porre i suoi soggetti in bilico su un piano perfettamente orizzontale al nostro occhio: un’inquadratura equatoriale (tanto amata da Caravaggio) che lascia nello spettatore un senso di equilibrio instabile, di possibilità impossibile, trasportandolo dentro un’onirica e fatata irrealtà.
La mostra che sarà inaugurata nella sede della galleria di viale Sant’Antonio il 25 febbraio, dalle 11 alle 13 alla presenza degli artisti, sarà poi visitabile sino al 1° marzo nei seguenti orari:da martedì a sabato dalle 9.30 alle 17.
Cenni biografici
Ottorino De Lucchi nasce a Ferrara nel 1951. Si laurea in Chimica e Farmacia presso l’Università di Padova. Durante la sua vita ha sempre svolto attività artistica intercalandola con la professione di chimico universitario. Durante la permanenza negli Stati Uniti ha potuto osservare da vicino l’opera di Andrew Wyeth, appassionandosi alla tecnica e al virtuosismo dei suoi dipinti definiti come “drybrush”. Senza ulteriori informazioni, ha iniziato una serie di sperimentazioni che hanno portato allo sviluppo indipendente di una tecnica del tutto originale sia nell’esecuzione che nei soggetti. L’acquerello a secco è una tecnica che richiede grande maestria e concentrazione. Le velature e le applicazioni di colore ottenute direttamente e attraverso attente rimozioni di colore permettono risultati non ottenibili con altre tecniche pittoriche. Gli evidenti contrasti determinati dai tocchi di luce hanno sorpreso molti cultori italiani e stranieri tanto che Ottorino De Lucchi è stato più volte invitato a illustrare la tecnica in Accademie e in Istituti d’arte. Ha insegnato all’Università Ca’ Foscari di Venezia nel Corso di Laurea in Conservazione e Restauro. Ha esposto presso prestigiose gallerie italiane e internazionali in Francia, Spagna, Germania e negli Stati Uniti e ha partecipato a numerose fiere di settore. Da PUNTO SULL’ARTE ha partecipato alle mostre “Ultrareale” (2022), “Naturae” (2020), “De Lucchi/De Lucchi” (2015) e ad alcune edizioni delle apprezzate mostre collettive “<20 15×15/20×20”. Vive e lavora tra Padova e Folgaria.
Raffaele Minotto nasce a Padova nel 1969. Frequenta l’Accademia di Belle Arti, corso di Pittura, a Venezia, dove si diploma nel 1991. Nel 1995 realizza la sua prima mostra personale presso il Centro di Storia del Costume “Ieri Attualità” di Padova e da questo momento comincia ad esporre con continuità i suoi lavori. L’intenso lavoro svolto negli anni successivi è ben documentato nella mostra “Via Euganea” (Padova, 2003) a cura di G. Segato. In tempi più recenti, nel 2009, la pittura di Minotto è stata selezionata per “Contemplazioni”: ampia esposizione a cura di A. Agazzani che ha proposto, al Castello Sismondo di Rimini, un efficace punto di vista sulla pittura italiana. Nel 2011 viene selezionato da Vittorio Sgarbi per rappresentare la sua regione nell’ambito della 54° Biennale di Venezia – Sezione Regione Veneto. Nel 2017, TG5 Arti, rubrica di Canale 5 a cura di Guido del Turco e riservata al mondo dell’arte, propone al grande pubblico “Impressioni su tela”, una presentazione delle opere di Minotto accompagnata da una breve intervista. “Winterreise”, a cura di Stefano Annibaletto, è un’esposizione del 2020 a Treviso, composta da un gruppo di opere che vedono nuovamente un ritorno al segno, alle tecniche miste su carta, affiancate anche da alcuni dipinti sul tema del paesaggio invernale. Da PUNTO SULL’ARTE è stato protagonista della mostra “Memories” (2019) e ha partecipato ad alcune delle storiche rassegne “<20 15×15/20×20”. Il lavoro di Minotto è segnalato nei volumi “La pittura nel Veneto – Il Novecento” (Mondadori Electa, 2006) e “La Pittura nel Veneto – Dizionario degli Artisti” (Mondadori Electa, 2009). Vive e lavora a Padova.