Milano – Al Padiglione d’arte della Fondazione Luigi Rovati, dal 17 aprile, apre Echoes: origini e rimandi dell’art rock britannico, un progetto espositivo articolato in tre mostre distinte a cura di Francesco Spampinato.
Il ciclo espositivo prende avvio dalla ricerca sulle convergenze e contaminazioni tra arte visiva e musica rock nell’Inghilterra degli anni ’60 e ’70, un fenomeno comunemente definito come “art rock”. Celebri artisti, fotografi e illustratori recuperano le istanze delle avanguardie artistiche per dare forma all’immaginario visivo di band e musicisti straordinari, attraverso copertine iconiche, servizi fotografici, performance multimediali e innovative strategie di comunicazione che rappresentano un punto di snodo sia nella cultura pop che nella storia dell’arte contemporanea. È l’origine di autentici ed eterni miti del rock.
Il percorso espositivo rivela le fonti di ispirazione artistica dell’art rock, in particolare il Surrealismo, e analizza l’impatto culturale e sociale di questo fenomeno mettendo in luce le connessioni con Io spirito del proprio tempo e la sua influenza duratura sull’immaginario collettivo e sull’arte contemporanea. Dalle avanguardie storiche alla Pop Art inglese, dalla Controcultura al postmodernismo fino alle più recenti correnti artistiche, le opere in esposizione raccontano un legame profondo tra musica e arte, mostrando come l’art rock abbia ridefinito confini e linguaggi, aprendo le porte a forme di ibridazione oggi comunemente perseguite dagli artisti di qualsiasi disciplina. Le opere esposte provengono dalla collezione della Fondazione Luigi Rovati e da prestiti di importanti collezioni pubbliche e private: dipinti, illustrazioni, fotografie, installazioni, video e memorabilia che raccontano alcune delle band e degli artisti più rappresentativi della scena musicale inglese dell’epoca, dal beat alla psichedelia al rock progressivo, le origini del loro immaginario visivo e i rimandi sulle future generazioni di artisti.
La prima esposizione è The Beatles – Il mito oltre la celebrità illustra l’effetto dirompente dei quattro ragazzi di Liverpool sulla la società, la cultura visuale e l’industria culturale, consolidando le dinamiche dello star system per poi travalicarle, raggiungendo il mito. La mostra approfondisce la creazione della celebre copertina di Sgt. Pepper’s Lone/y Hearts Club Band, iconico album dei Beatles, attraverso l’intero portfolio fotografico realizzato da Michael Cooper per documentare il celebre diorama di William Blake e Jann Haworth, quintessenza della Pop Art inglese. ln mostra anche un’opera originale della serie Old Lady di Haworth, la bambola che compare tra i personaggi a grandezza naturale della copertina. Un’attenzione anche alla dimensione psichedelica dei Beatles attraverso i ritratti realizzati da Richard Avedon e le distorte interpretazioni di Charles Manson a cui allude Raymond Pettibon. Mentre il video Smile di Yoko Ono ci presenta un ritratto intimo di John Lennon, I’m Not The Girl Who Misses Much di Pipilotti Rist chiude il percorso con un’eco impertinente, di taglio femminista.
Dal 14 giugno, Pink Floyd, Yes, Genesis – Nuove percezioni della realtà, ripercorre l’immaginario psichedelico e surrealista che accompagna le produzioni di queste mitiche band. Il percorso si apre con un’opera del pittore metafisico Alberto Savinio, proseguendo con i dipinti di Roger Dean per le cover degli Yes e le visionarie fotografie di Hipgnosis e Storm Thorgerson per i Pink Floyd tra cui il prisma di The Dark Side of the Moon, l’uomo che va a fuoco di Wish You Were Here e il maiale gonfiabile di Jeffrey Shaw per la copertina di Anima/s. Per i Genesis, in mostra i dipinti di Paul Whitehead per Trespass, Nursery Cryme e Foxtrot con l’immagine della volpe in abito rosso e gli acquarelli originali di Colin Elgie per le cover di A Trick of the Tail e Wind and Wuthering. A risuonare con questo immaginario surreale, una installazione dell’artista svedese Nathalie Djurberg che mostra un mondo fiabesco fatto di pillole multicolore.
Infine, alla poliedrica identità di Peter Gabriel, anima dei Genesis nei loro primi anni di attività e poi diventato celebre per la sua carriera solista, è dedicata la terza mostra, Peter Gabriel – Frammentazione dell’identità, che comprende copie firmate dall’artista degli artwork di Hipgnosis per le copertine dei suoi primi tre album, Car, Scratch e Melt, le fotografie e i videoclip degli iconici travestimenti dell’artista, dalla donna-volpe di Foxtrot al celebre trucco creato per Shock the Monkey nell’omonimo videoclip e nelle esibizioni dal vivo, come nella foto di Guido Harari a Sanremo del 1983, fino ai progetti multimediali e interattivi in CD-ROM degli anni ’90. Un percorso che esplora il tema della frammentazione dell’Io nella ricerca dell’artista e che nella mostra prende avvio dalla celebre rappresentazione di Rrose Sélavy, alter ego di Marcel Duchamp, documentato nelle fotografie di Man Ray, e prosegue con opere originali di Keith Haring e Kiki Smith che trattano della crisi dell’identità in epoca postmoderna.
La Fondazione Rovati di corso Venezia è aperta al pubblico da mercoledì a domenica, dalle 10 alle 20).