Legnano – Fino al 14 maggio all’Atelier Ferioli è allestita la mostra di Vittoriano Ferioli.
Dieci opere su carta e un’istallazione che portano alla luce trent’anni di percorso artistico, una vita intera cercando l’armonia tra le aspirazioni individuali, la complessità della società e la purezza di uno sguardo innamorato della vita.
“Ho scelto dieci opere tra le tante accatastate nei miei cassetti e gli ho dato un po’ d’aria e di dignità, perché nei cassetti le opere sono ben poca cosa, coricate e dormienti. Farle emergere, riguardarle, ritoccarle qua e là, ma anche trasformarle è sempre una bella emozione”- afferma con convinzione l’artista. “Se devo dire quattro parole sul lavoro fatto, mi ha guidato il piacere di ritrovare il colore a gesso che si armonizzava perfettamente con le immagini che avevo in testa. Dare velocemente corpo a un’idea, con le mani e la mente ispirate da una grande armonia” – prosegue, con un pizzico di commozione.
Proprio l’armonia è una delle cifre distintive delle opere di Ferioli, ma non si tratta di un’armonia chiusa in sé stessa, bensì aperta sul mondo, un’armonia polifonica raggiunta poco a poco, frutto della ricerca di essenzialità che può finalmente liberarsi di tutto ciò che è superfluo. Notevole è l’apparente semplicità del suo gesto grafico-pittorico, sintesi di molta arte del ‘900 di cui l’artista si è nutrito e in cui si ritrovano echi di grandissimi autori quali Andy Warhol, Basquiat, Matisse e Mirò.
L’arte di Ferioli è ludicamente e profondamente utopica; i suoi colori dialogano con parole e frasi che sono inserite nel corpo delle opere; parole e colori che diventano domande sul senso dell’esistenza, alla ricerca di un mondo migliore.
L’artista riesce a cogliere l’attimo fuggente, il momento magico di una situazione, il momento magico di una serata e forse di una vita intera. Intravede lo splendore del mondo e la bellezza nei piccoli gesti e rituali quotidiani. Le sue opere sono uno straordinario, entusiasmante e contagioso inno alla gioia di vivere.
Emblematico è uno dei lavori più recenti, “Spaghetti”, che parla di una lunga attesa prima di una cena, evidenzia l’assenza di una persona con un sottile brivido di angoscia, assenza che però sottolinea, con ancora maggiore evidenza, il desiderio di incontrare l’altro. “Assenza vera presenza” come afferma il poeta Attilio Bertolucci.
Convincente è anche l’installazione presente in mostra: ha per titolo “1993/2023” e si compone di una moltitudine di vecchi cassetti di legno aperti dopo anni di oblio, cassetti caduti per terra, da cui fuoriescono disegni, piccole opere d’arte, ferite e gioie di un tempo lontano, carte appallottolate, parole dimenticate e colori, colori, soprattutto colori di una vividezza senza pari. Una dolce malia pervade l’intero spazio espositivo e dai cassetti della memoria vengono evocati i ricordi di una vita, come nel capolavoro di Proust “Alla ricerca del tempo perduto”, ogni cassetto fa riemergere un intero mondo di cui ci si era dimenticati perfino l’esistenza. Potente e leggero è il paesaggio interiore di Vittoriano Ferioli, il quale ha conservato lo sguardo di un bambino-creatore che gioca con i colori e con i colori cerca di trasformare il mondo.
Ad accompagnare l’esposizione, reading poetici, creazioni culinarie e vini d’autore.
In questa piccola grande mostra, ogni visitatore partecipa ad un rituale collettivo e può rendersi conto che la migliore arte possibile è quella condivisa.
Questa è l’idea del convivio secondo Ferioli, come nell’antico mondo greco e latino: la condivisione di idee, di musica e d’arte durante un banchetto sia del corpo che dello spirito, un incontro tra esseri umani alla ricerca di un momento magico, di una perfezione sempre inseguita e mai raggiunta.
La mostra e l’idea stessa dell’Atelier Ferioli sono un grande gesto di civiltà e di apertura verso l’altro: la convivialità artistica come uno dei più sublimi momenti di bellezza tra essere umani. Un bicchiere di vino in mano, l’immersione nell’arte come rivelazione di un mondo più profondo e la consapevolezza di avere qualcosa di cui parlare e di cui sperare. Insieme. Fino al 14 maggio; orari: 15 -18.
Andrea Corbella