La Peregrinatio in Terram Sanctam di Bernhard von Breydenbach ed Erhard Reuwich, pubblicata nel 1486, è il primo libro di viaggi illustrato: in altri termini la più antica guida turistica della Storia della Letteratura. Il volume descrive, con abbondanza di dettagli, un pellegrinaggio dall’Europa a Gerusalemme, passando per il monte Sinai, in Egitto. Contiene molte grandi xilografie di Reuwich, perlopiù paesaggi e vedute di città, ma anche rappresentazioni di animali come il coccodrillo, il dromedario e l’unicorno, che potevano essere facilmente incontrati durante il viaggio.
L’Unicorno è essere mitologico molto diffuso anche nelle raffigurazioni della civiltà della valle dell’Indo, così come era comune per i Sumeri in Mesopotamia e si ritrova persino nello stemma della casata dei Borromeo, ritratto più volte negli affreschi del Palazzo dell’Isola Bella, sul Lago Maggiore.
Creatura leggendaria dotata di poteri magici è da sempre avvolta in un’ombra misteriosa: icona di forza e saggezza, nell’immaginario medievale cristiano poteva essere ammansito solo da una fanciulla vergine, simbolo della purezza.
Entriamo in un ristoro nei pressi di Qasr al-Azraq, uno dei castelli del deserto a Est di Amman, sulla strada che porta in Iraq. Alle pareti abbondano i dipinti con scene di caccia, vita quotidiana, ambienti naturali che oggi paiono troppo rigogliosi per queste terre. In alcune delle rappresentazioni noto la presenza di diversi unicorni. La cosa ovviamente mi incuriosisce molto. Vengo a sapere che, in quella zona, ci sono varie aree protette in cui vive l’Orice araba, animale un tempo abbondantemente diffuso in tutto il Medio Oriente. Nel 1920 però la specie fu dichiarata ufficialmente estinta in natura, a causa di secoli di caccia spietata dovuta anche al fatto che, al corno di orice, erano attribuite proprietà soprannaturali. Gli ultimi 9 esemplari sopravvissuti in cattività furono portati qui in Giordania grazie alla lungimiranza degli abitanti della zona, supportati da un programma di ripopolamento cominciato già nel 1975 dalla Royal Society for the Conservation of Nature, che ha avuto un successo davvero insperato. All’inizio del 2002 alcuni orici sono stati addirittura trasferiti nel Wadi Rum, allo scopo di reinserirli gradualmente nel loro habitat naturale. Stupendo esempio di salvataggio in extremis di specie tecnicamente perduta per sempre.
L’orice araba è un’antilope bianca con due corna lunghe e sottili che si protendono dalla fronte verso la schiena. Guardando uno di questi animali di fianco, da una certa distanza, magari mentre combatte, può effettivamente sembrare un cavallo con un solo corno, sebbene le corna dell’orice siano rivolte all’indietro e non in avanti come nelle raffigurazioni fantastiche del mitico animale.
Verosimilmente, i viaggiatori della Penisola arabica, possono aver tratto la storia dell’unicorno da questi animali, tanto più che spesso alcuni esemplari si rompono uno dei due corni nel corso dei loro scontri. Inoltre gli antichi egizi usavano legare le corna dei piccoli affinché si fondessero in un unico corno, da cui ricavare polveri per neutralizzare i veleni, curare le più svariate malattie, rendere le persone più potenti e sapienti.
Non ho dubbi: l’unicorno esiste veramente. E’ sopravvissuto fino ad oggi, per raccontarci il suo stesso mito.