"Il monastero di Torba", questo il titolo della tesi triennale in Storia dell'Arte Medievale discussa da Massimo Valli, con relatore il professor Mauro della Valle, docente dell'Università Statale di Milano. Un lavoro di ricostruzione storico artistica che ha fatto chiarezza su alcuni punti e riordinato le poche carte dedicate al suggestivo complesso longobardo trasformato nell'antichità da edificio militare-difensivo a luogo di culto, di appartenenza del Fai dal 1977. L'avamposto militare del tardo impero romano, poi in mano ai Goti e ai Longobardi (con torre e cinta difensiva del secolo V e VI) di Torba fu quindi pio luogo di preghiera e di lavoro di religiose benedettine (con chiesa dei secoli VIII-XIII e sede monastica). Abbandonato dalle monache nel 1453, fu successivamente adibito a cascina rurale.
Qual è stato il punto di partenza della tua ricerca?
"Ho svolto un lavoro di ricerca storica, ho controllato e riorganizzato le carte e i documenti che già erano stati trovati. Poi ho analizzato molto del materiale edito dal Fai in seguito alla donazione e al restauro dell'edificio da parte del Fondo italiano. Il volume che ho usato di più è quello di Carlo Bertelli, 'Gli affreschi nella torre di Torba' in: I Quaderni del F.A.I., del 1988. Queste pubblicazioni sono più che altro di carattere informativo, lo scopo del Fai è quello di rendere fruibile lo stabile e quindi raccontare in termini semplici la sua storia, non sono testi approfonditi. Allora ho cominciato a fare una ricostruzione personale storico-geografica, partendo dalla vicina Castelseprio mi sono allargato all'intera Valle Olona e sono risalito alla costruzione del monastero".
Sei riuscito a definire meglio l'origine della torre?
"In realtà tuttora non si ha una datazione precisa. L'edificio dovrebbe risalire ad un periodo intorno al IX secolo. Si sono accavallate nel tempo diverse ipotesi dovute anche ai mezzi coi quali si è scelto di ricavarne il periodo. Gli storici hanno infatti analizzato all'inizio il legno stesso del soffitto della torre e tramite il carbonio 14 hanno stabilito una data, che però non è attendibile dato che probabilmente quella copertura lignea risale a epoche più recenti. Successivamente si sono analizzati dei graffiti presenti all'interno della torre, sulle pareti affrescate, lì risultano scritte realizzate in calligrafia Carolingia, un carattere di scrittura in uso proprio nel IX secolo. Comunque si colloca anche adesso indicativamente in quel lasso temporale, è difficile definirlo maggiormente".
Qual è l'aspetto che hai approfondito maggiormente?
"Sicuramente gli affreschi, che occupano interamente le quattro pareti al secondo piano del torrione. In quelle pitture murali, sono rappresentate figure singole, frontali di stile più arcaico rispetto a quel momento. Sono figure con pochi accessi narrativi e quindi è stato difficile provare a capire chi era rappresentato, probabilmente è un ciclo post-iconoclasta. Solo in alcuni punti è poi possibile vedere le figure definite bene, soprattutto in alcune zone, dove l'intonaco è caduto si può intravedere la sinopia e il disegno del cartone originale".
Ma chi ha realizzato questi affreschi?
"Proprio questo è il vero punto di partenza del mio lavoro. Io credevo che potessero esserci delle relazioni tra il ciclo di Torba e quello, molto bello, concluso ed esemplare di Castelseprio. Ma l'occhio stesso smentisce le affinità. Quello di Torba rimane interessante, ma più arcaico. Per quanto riguarda la paternità, sono sicuramente due le mani che compiono l'opera. All'inizio si credeva fosse stata una monaca a realizzarli, ma può essere solo possibile che le badesse o le monache, che lì risiedevano, abbiano commissionato e non realizzato gli affreschi. Sono infatti presenti nelle pitture dei lapislazzuli, una pietra pregiata che richiedeva quindi una committenza sostanziosa".
Qual è lo scopo di questo ciclo d'affreschi?
"Io ho studiato anche l'assetto dell'edificio, le sue varianti strutturali. Gli affreschi sono sicuramente stati eseguiti in seguito al mutamento di funzione della torre, quando da bastione di controllo si è trasformato in luogo di preghiera; lo spazio dove si collocano le pitture è proprio l'aula dove si raccoglievano le monache. Trovare quattro pareti affrescate, come una sorta di Horror Vacui che aiuti ad estraniarsi e accompagni la preghiera privata".
Un lavoro dettagliato quello di Massimo Valli che durante la stesura della tesi faceva la guida per il Fai proprio nello stesso Monastero. Un confronto quotidiano che l'ha portato a valutazioni attente ed ha arricchito di variabili un misterioso luogo, che può già essere ammirato da tutti, ma che lascia ancora spazio agli studi degli esperti.