Letizia BanderaLetizia Bandera

In ordine sparso – "La famiglia ci crede ancora. E con il nuovo direttore ci auspichiamo un rilancio della nostra Fondazione. Dipenderà molto da quanto riusciremo ad investire, io e mio fratello, ma anche da quanto risponderanno le istituzioni e il territorio". Così parlava solo pochi mesi Franco Bandera, erede, insieme al fratello Piero, del progetto voluto dal padre Luigi: quello di un polo privato, espositivo ma non solo,  nel cuore di Busto, sorto sulla riqualificazione culturale dell'azienda di famiglia. Di quella attitudine positiva, alla fine del 2008 rimangono, in ordine sparso: i soliti problemi contabili, un lieve miglioramento delle relazioni con l'amministrazione e la realtà locale, il rapporto congelato con la figura di riferimento scelta per rilanciare lo spazio, e i cronici problemi di scarsa, scarsissima affluenza. E l'assunzione della responsabilità diretta da parte di Letizia Bandera, moglie di Franco Bandera, affiancata da Cristina Moregola.

La quasi bocciatura
– "Credo che al momento la Fondazione non abbia bisogno di nessuna figura direttiva fissa" è il pensiero di Letizia Bandera. Piuttosto, sottolinea, di un coordinatore, esterno, di una serie di progetti. "Ma al momento non vedo nessuno che possa essere la persona giusta al posto giusto". L'affermazione rischia di suonare come una bocciatura per l'art director varesino Paolo Zanzi che, a partire proprio dall'inizio del 2008, sembrava essere stato indicato proprio in tale ruolo. "Forse per un errore di comunicazione – specifica oggi la signora Bandera – Paolo Zanzi  è apparso come integrato al nostro spazio, ma di fatto ha prestato la sua collaborazione come grafico e allestitore solo per le due mostre fotografiche presentate, quella di Mc Nally e l'ultima dedicata a Giac Casale".

Paolo ZanziPaolo Zanzi

I tempi lunghi – Iniziative che lo stesso Zanzi tiene a precisare di non aver portato a Busto da casa; piuttosto di averle trovate contribuendo ad 'impacchettarle' mettendoci una firma allestitiva che è ormai una sorta di marchio di fabbrica. Forse troppo. Tanto da far storcere il naso a qualcuno per il tratto di eccessiva autoreferenzialità da parte dell'ideatore. Il vero progetto Zanzi, la frontiera su cui si è al momento congelato il rapporto di collaborazione, era ed è un progetto che necessita di tempi più lunghi, di logistiche complesse, Busto centrifugo, piuttosto che il contrario. Con l'ambizione tuttavia di porre Busto e la Fondazione in un vasto orizzonte di relazioni culturali ed economiche, in un territorio diciamo insubrico e per un tempo lungo che mira a congiungersi con il periodo aureo dell'Expo milanese. Un progetto che in quanto tale richiede la condivisione di tutti, privato e pubblico. E che, sembra di intendere, potrà essere abbracciato dalla Fondazione nel momento in cui il suo ideatore si presentasse con tutte le risorse già in mano.

Le sponde che mancano – Ma i tempi non sono propizi per un discorso di questa portata. Lo "straniero" in città non ha trovato le sponde che si attendeva. Per la Fondazione Bandera un altro anno di transizione, dopo quelli già claudicanti trascorsi alla ricerca di una identità. Il rapporto che viene oggi a riconsolidarsi con le realtà cittadine non può bastare alle natura di un polo di questa portata e di queste ambizioni. Dopo il pienone, trainato dal concerto della figlia Rossana, per l'inaugurazione della mostra dedicata al fotografo italo-americano, gli ingressi a pagamento per Giac Casale sono stati trenta, dicasi trenta. Una cifra che dice che c'è ancora tutto da fare. Nonostante l'entusiasmo di Letizia.