Vivere di sola scultura è difficile? Coltivare una sola inclinazione o il proprio mestiere artistico, un'impresa? Che si fa allora? Si cerca di essere polimorfi e proteiformi, mettendo l'estro, la passione, a disposizione delle opportunità che la strada può offrire.
E' sulle cronache di questi giorni la contemporanea attivitàsul palcoscenico della città di diversi giovani o più o meno giovani alle prese con esperienze creative che mettono in chiaro un rapporto di disponibilità fecondo, libero, per molti versi gioioso.
E' il caso di Mario Chiodetti, ad esempio, fotografo, giornalista già di lungo corso, che ritorna questa volta su un vero palcoscenico, per riproporre il suo fortunato teatro da Belle Epoque, di Memorie di una sciantosa, di e con lo stesso Chiodetti, Silvia Sartorio, altra applaudita attrice varesina e il soprano Francesca Lombardi nelle vesti della Sciantosa.
Appassionato, collezionista, meticoloso ricercatore di quel mondo charmant, Chiodetti da anni tiene viva con questo spettacolo ed altre iniziative il ricordo teatrale del Cafè chantant e della Follies Bergerès, in un modo che gli appartiene per carattere: misurato, ma pieno di rispetto e passione. Con intelligenze e ironia.
Ma è anche il caso di altri due attori della scena artistica locale che si sono messi in gioco, sotto altri aspetti. Uno è Daniele Di Luca, scultore, allievo di Loris Ribolzi e di Oreste Quattrini, e dal 2001 collaboratore stretto di Paolo Borghi. Coinvolto qualche giorno, in questo caso, nella realizzazione del trailer di Varese in corto 2007, girato dallo staff dei Cortisonici, per la regia del varesino Mauro Colombo.
Di Luca, che nello staff ricopre il ruolo di scenografo, ha abbandonato momentaneamente la sua maniera aggressiva, realistica quasi spietata della sua scultura, per "piegarsi" alle esigenze del copione, sfornando scenografia di una sala operatoria molto pop, in tubolari arancione, asettica ma squillante; in linea con la filosofia del trailer, ispirato alle atmosfere anni Sessanta.
Protagonista principale del piccolo promo, tra ballerine in gonne di vinile e un enorme siringona simbolo del cinema inoculato grazie al Festival dei Cortisonici, è poi Marco "Cat" Sommaruga, altro funambolo della creatività underground di Varese. Nella finzione è il paziente che attende la cura, nella vita un irridente agit prop dell'arte di strada e delle performance.
E, non è da dimenticare, Monica Palermo, laureata al Dams, esperta di fotografia, già collaboratrice a Villa Panza, anche lei nell'inedito ruolo di costumista. Insomma, impara l'arte e mettila da parte, ma da qualche fessura, in un modo o nell'altro torna sempre fuori.