Graffi dell'animaGraffi dell'anima

Immagini tattili – Una copertina tutta varesina. La nota rivista 'Il Fotografo' diretta da Sandro Iovine dedica la sua immagine del mese di marzo 2010 ad una personalità di casa nostra: Bruno Taddei. Amico della Fotofficina di Barasso, nato a Cittiglio ma attualmente residente a Cantello, Taddei si avvicina alla fotografia quasi per caso: "Nel 2004, casualmente provo a prendere in mano una macchina fotografica, la Nikon coolpix 990 di un carissimo amico e comincio a giocherellare con il macro", confessa. Arriva alla macchina fotografica dopo essere entrato in contatto con altri mezzi espressivi, trasformando le sue idee e i suoi pensieri attraverso la pittura e la scultura: "Lavoravo sull'astratto, realizzando grandi sculture con reti metalliche così da dare forme con pieni e vuoti", racconta Taddei. Questi suoi lavori sono stati esposti in anni passati in molte gallerie in Italia e all'estero. Ciò che lo affascinava nel colore e nella materia, oggi trova un dialogo diretto con la stampa fotografica dando vita al progetto 'Graffi dell'anima', quello stesso lavoro che ha guadagnato visibilità sulla rinomata rivista di settore. "L'immagine scelta per la copertina è una di quelle che meglio esprime il mio nuovo lavoro, attira l'attenzione per la sua forza grafica".

Amore a prima vista – Consapevole del limite di non aver conosciuto le fatiche della fotografia tradizionale, Taddei si accosta alla stampa digitale affascinato dall'immediatezza dell'effetto artistico. Tempi e modi strettamente connessi con la velocità dell'attualità in cui viviamo. "L'aspetto positivo è stato dato dal fatto che l'immediatezza che la tecnologia digitale ha messo a disposizione mi ha permesso di 'recuperare' parte del tempo 'perso' – prosegue Taddei – la possibilità di scattare migliaia di scatti e buttarli senza nessuna preoccupazione mi ha dato l'opportunità di contenere i costi e di colmare, seppur parzialmente, la mia assoluta

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inesperienza nel settore, permettendomi di lavorare ad un ritmo serratissimo, soprattutto nel primo, medio periodo". La fotografia come strumento di dialogo; non ama parlare Taddei, preferisce descriversi scatto dopo scatto, sciogliendo la tensione e cogliendo ogni istante creativo. "La fotografia è uno strumento che mi permette di crescere come persona e mi aiuta a relazionarmi agli altri. E' un mezzo che mi permette di stemperare un malessere più o meno latente che mi accompagna", conclude il fotografo.

Dichiarazioni d'artista – "Ho sempre amato dipingere e disegnare e ho cercato quasi 'naturalmente' di applicare alla fotografia concetti pittorici e grafici sperimentando molto presto tecniche che mi permettessero un intervento manuale che 'contaminasse' le stampe derivanti dalle immagini che producevo. Prima con il colore, poi con delle incisioni che andassero a graffiare l'immagine", spiega Taddei. "Più volte, però, mi è capitato di entrare nello studio di qualche pittore o

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scultore amico e di cominciare a toccare la materia di cui era composta l'opera, argilla, marmo, legno, bronzo ecc. per capire la consistenza e l'emozione che un dato materiale provocava in me. E' da questo primo contatto che capivo se un materiale mi appartenesse o meno".

I solchi nell'immagine – L'azione compiuta da Bruno Taddei sulla fotografia è esattamente l'opposto di quello che in genere si crede rispettoso verso questo tipo di immagine. Solcare una fotografia, graffiare la carta stampata, segnarla con righe e leggeri vuoti: "Una vera e propria dissacrazione della fotografia – spiega Taddei – spingo l'osservatore a toccare l'immagine, a scoprirne la consistenza e la matericità". L'effetto che deriva da tale sperimentazione si avvicina molto come effetto visivo all'incisione, al bianco e nero intrecciato e ritmato della lastra incisoria. "La tecnica è una via di mezzo tra l'incisione su lastra e il disegno a carboncino (tratteggio in bianco e nero) con la differenza che si opera maggiormente sulle parti chiare e in luce. Solitamente intervengo poco sulle zone scure o in ombra per evitare di diminuire il senso di profondità", precisa l'artista.

Le fasi creative – "Solitamente parto con un tratteggio a 45° da sinistra verso destra, dal basso verso l'alto. Proseguo il lavoro incrociando il tratteggio sempre con inclinazione di 45° da destra verso sinistra. Poi in modo orizzontale e alcune volte operando anche in verticale", spiega Taddei, ma nelle sue opere si leggono altre forme di tratteggio, di graffio. Alcune seguono un andamento lineare e simmetrico, altri lasciano libero sfogo alla manualità e fantasia creando giochi di bianco e nero affascinanti. "Dal mio punto di vista esiste un'infinita gamma di possibilità di intervento ancora tutte

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da scoprire. Questo vuol solo essere l'inizio, la base sulla quale impostare future sperimentazioni che ognuno di noi può inventare". In alcuni casi si leggono i graffi come parte della scena, diventano in qualche modo soggetti dell'opera, segmenti di persone e dettagli. Ogni singolo intervento sull'immagine è dettata esclusivamente dalla creatività del fotografo e proprio per questo motivo permette una sperimentazione continua ed infinita.

Momenti di confronto – Il fotografo figura anche tra gli insegnanti alla Fotofficina di Barasso. Ha da poco concluso il corso 'La costruzione dell'immagine' e sarà nel prossimo mese di aprile conduttore di tre incontri in cui oltre a spiegare i suoi lavori coinvolgerà in prima persona i partecipanti. "Mi piacerebbe che la mia sperimentazione non si limitasse alle mie idee, ma che fosse condivisa da altri. Ogni confronto è formativo e costruttivo. Ognuno è libero di interpretare il mio metodo come meglio crede, portando avanti i lavori sotto diversi punti di vista", conclude Bruno Taddei.

www.brunotaddei.com