La sindone – Un velo, auspicabilmente non pietoso, sta per essere dispiegato sulla Fuga in Egitto di Renato Guttuso. Una sottile pellicola trasparente, a proteggerne la delicatissima epidermide acrilica. Questa è la decisione scaturita dopo settimane di accurate analisi condotte dal team di restauratori incaricati di dare un parere al momento vincolante sulla vicenda che si trascina da tempo, Barbara Ferriani, milanese e il suo consulente, il torinese Antonio Rava, entrambi esperti dei rapporti tra conservazione e deperibilità dei materiali dell'arte contemporanea
Le origini – Sono ormai anni che si parla dell'opera realizzata nel 1983 da Renato Guttuso per la via Sacra varesina. Già campo di battaglia feroce, fin dal suo concepimento, per via di quel Nuvolone, quasi invisibile, nella stessa sede, sacrificato sull'altare delle volontà contemporanee di Monsignor Macchi. E, di seguito, per le sue stesse modalità di realizzazione, per il suo progessivo degrado, il suo sfarinarsi. Letteralmente.
Il dibattito – La nuova rappresentazione sacra guttusiana, esposta perennemente agli agenti atmosferici e all'umidità, è stata eseguita con colori acrilici; questo uno dei fattori che ha provocato il precoce degrado. Un crescendo pari al dibattito su come correre ai ripari che non ha risparmiato nessuna voce e di cui la stampa locale ha periodicamente dato ampio risalto. Considerazioni specifiche sono state poi fatte dall'ispettrice di zona delle Direzione Generale dei Beni Culturali, Isabella Marelli, che ha valutato con discrezione la situazione concludendo che non erano necessarie soluzioni affrettate: Un punto fermo: causa prima del degrado non è il contesto, bensì la consistenza dello strato preparatorio di cemento, probabilmente steso frettolosamente e alla precarietà insita nella tenuta stessa dell'acrilico. A questo fattore sono riconducibili bolle del colore e le fessurazioni via via manifestatesi. Si era al tempo in attesa di rilevamenti di restauro seri e decisioni da parte della Fondazione Paolo VI.
L'ultima spiaggia – Tra ipotesi più o meno scientifiche, tra Fondazione Paolo VI e Soprintendenza nella tarda primavera scorsa si è finalmente arrivati ad un punto di incontro. La scelta dei due restauratori che soddisfavano entrambi le parti. Tra maggio e i giugno, i primi sopralluoghi e i primi sondaggi. I primi prelievi. Adesso la notizia dell'ultima ora: si interverrà finalmente sull'opera applicando sulla superficie pittorica una speciale pellicola trasparente. Un qualcosa di inedito, una sostanza fissante, che sarà testata su una piccola porzione campione del murale. A benefici comprovati, se saranno positivi, verrà estesa per tutta la metratura del dipinto. Di più, di meglio, non si può fare. Non raschiare ulteriormente, non reintegrare. Un definitivo, parziale, intervento conservativo.