Una profonda ferita aperta, una lacerazione che non si può più cucire, uno strappo spinoso. È il monumento ai Caduti della Resistenza firmato da Arnaldo Pomodoro (Morciano di Romagna, 1926) nel cuore della città di Gallarate. Da una fontana che bagna e lava le contorsioni e le spaccature della vita, sgorga il grande monumento che porta impressi i segni della storia oltre a quelli classici della poetica di Pomodoro. Alla levigatezza quasi specchiante dell'esterno, fa da contrappunto la complessità dell'interno fatta di spine, di chiodi, di asperità intricate e contorte.
In piazza aperta – La vocazione pubblica delle opere è forse la componente più evidente in Arnaldo Pomodoro. Le sue sculture adornano città importanti come Roma, Milano, Torino, Copenaghen, Brisbane e Dublino. Ma sue opere sono visibili anche nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, al Cremlino e all'ONU. Come nelle famose sfere di bronzo, il materiale da lui prediletto, la superficie si rompe e si squarcia davanti allo spettatore, che è portato alla ricerca e alla scoperta del meccanismo interno della scultura. Nel caso di Arnaldo Pomodoro, la scultura quasi si porta dentro un'aspirazione di libertà. Così, fin dagli esordi, i suoi rilievi celebrano una creatività indipendente, spontanea, intrisa però d'una sacralità arcaica e di tanti richiami alla scultura classica. Il rigoroso spirito geometrico che domina nella sua arte spinge ogni forma all'essenzialità volumetrica del solido euclideo perfetto, nettamente tagliato o lacerato. Lo spazio esterno sembra quasi non esistere: tutto si svolge all'interno, nelle viscere racchiuse nelle pareti lisce e nitide. A Gallarate la storia pare farsi presente, come segno perenne, breccia aperta davanti allo sguardo che si abitua a tutto, interruzione conficcata nello spazio pubblico della città.