Luci e ombre – Tutti garantiti, nessuno garantito. L'incontro con l'avvocato Gallo, incaricato dall'amministrazione Mucci di sviscerare il quadro giuridico in cui si inserisce il passaggio del personale in carico alla Galleria d'arte Moderna alla futura Fondazione, ha in buona parte chiarito quello che succederà nel momento di transizione da un regime pubblico a quello privato: e il quadro come era prevedibile non è privo di ombre. E desta preoccupazioni. Dipendenti obbligati a transitare nel nuovo soggetto, ma senza garanzie di reversibilità e, in particolare per gli attuali collaboratori a progetto, il rischio di veder modificata, e non sempre in meglio, la propria posizione.
Minori tutele – Bozza dello statuto alla mano, quella passata in commissione nello scorso luglio e dopo una attenta verifica di casi giurisprudenziali affini, Giuseppe Gallo, del Foro di Como, ha presentato davanti alla Commissione Cultura di Gallarate e ad una nutrita rappresentanza del personale in forza alla Gam, le sue considerazioni: si è scelto un consulente, perchè la questione è nodale. Può infatti una pubblica amministrazione legittimamente derogare l'erogazione di servizi sin qui gestiti in proprio ad un terzo soggetto e insieme tutelare i diritti di chi quel servizio effettivamente continua a garantire? Le risposte sono un si e un no. Un comune può dismettere parte dei propri servizi affidando a regole privatistiche la gestione di rapporti sin qui pubblici. Di più, in presenza della futura Fondazione, l'amministrazione pubblica è obbligata a trasformare il proprio personale in personale della Fondazione stessa. Ma la Fondazione in quanto tale è autonoma, nell'ottimizzare le proprie risorse e i
propri obiettivi, anche nel gestire le proprie forze a disposizione. Le cui tutele a quel punto non sono più quelle garantite sin qui, almeno nel momento di un nuovo contratto.
Niente false promesse – Né il personale comunale può rifiutarsi di essere trasferito. "Chi dovesse perdere il lavoro in Fondazione, o la Fondazione dovessse chiudere i battenti, non è automatico che possa essere reintegrato nell'amministrazione pubblica". Su questo specifico punto, Gallo è stato chiaro, consigliando anzi di cancellare questa "una falsa promessa", dal testo della bozza. Così come è esplicito che i contratti a tempo determinato siano suscettibili di essere modificati "in meglio o in peggio, la tendenza però – aggiunge Gallo – è quella del peggioramento".
Il nodo del direttore – Ma un altro dei nodi che rimane da sciogliere è la definizione giuridica del direttore. Per l'avvocato definirne la figura un 'organo' della futura Fondazione è giuridicamente sbagliato. "Organo è da considerare piuttosto il CdA, il presidente, il comitato scientifico, non il direttore". Una posizione che si scontra con la definizione in senso opposto presente nella maggior parte degli statuti di altre fondazioni museali, prese a modello per quella gallaratese. Così come nodale è la modalità di nomina dello stesso direttore. Qui la situazione è ambigua: il futuro direttore sarà di diritto l'attuale in quanto già funzionario comunale o sarà deciso dal futuro CdA al momento del suo inserimento? Questione altrettanto cruciale, per il futuro non solo personale di Emma Zanella ma per la vicende future della Fondazione.
Dentro o fuori – Ma non sono nemmeno questi gli unici dubbi che tengono in stand by la costituenda fondazione e l'inaugurazione della futura Gam. In mezzo ai tagli previsti dal bilancio, tra gli altri dettagli da definire, in particolare il ruolo di Provincia e Regione. Se per il Pirellone i tempi si prospettano ancora piuttosto lunghi, più a breve si dovrebbe capire se Villa Recalcati intenda sostenere economicamente il futuro ente solo nel momento dello start up o se condividerne i destini per un lasso di tempo almeno triennale. Un impegno che dovrebbe portare ad una presenza fissa nel CdA come socio fondatore. "E' impensabile in questo momento – conclude l'assessore Peroni – definire lo statuto non sapendo se Regione e Provincia saranno dentro o fuori".