A Saronno l'arte chiama l'arte lungo i secoli. Sembra essere questo uno dei messaggi principali del libro "Angeli Musicanti. Da Gaudenzio a De Rocchi tra lirismo e spiritualità" scritto a tre mani da Pietro C. Marani, Elena Pontiggia e Giulia Mazzoleni. Artisti si confrontano e si richiamano a distanza di tanto tempo. Così l'avventura pittorica di Francesco De Rocchi inizia con quella che egli chiamava "la prima pagina della mia vita d'artista": l'incontro con Gaudenzio Ferrari e con gli angeli musicanti della cupola del Santuario in una visione, all'età di tredici anni, che culmina quasi in un'estasi mistica. E nelle pagine del volume, edito da Macchione, si sfogliano le avventure di vita e di arte di due maestri: del grande pittore di Valduggia che si recò a Saronno, per almeno tre volte nel 1534, per sottoporre il suo progetto di decorazione della cupola del Santuario e dell'artista che esordì nel 1932 con la prima personale a Milano. Gaudenzio e Francesco: lontanissimi eppure uniti da una straordinaria carica inventiva.
La mappatura – Il volume si segnala, oltre che per gli interventi dei tre studiosi, anche per la pubblicazione
volta del Santuario
inedita di un grafico di Claudio Fociani, fatto eseguire su indicazione dello stesso Marani (che ha diretto i restauri nel 1997). Il disegno segnala con colori diversi le giornate esecutive degli affreschi della cupola: in giallo sono colorate le giornate (se ne contano ben 39) in cui compaiono i volti degli angeli e le teste eseguite, con tecnica liquida e sapiente, da Gaudenzio stesso; in rosa (per un totale di 19 giornate), quelle dove appaiono i volti molto chiaroscurati, ottenuti con pennellate arricciate (probabilmente eseguite dal Lanino); e infine in azzurro quelle giornate (37) dove si riscontrano incisioni tratteggiate date con il manico del pennello e dovute ad un terzo artista.
Regia artistica – A Gaudenzio, secondo questa inedita ed interessante ricostruzione, spetta la supervisione "a macchia di leopardo" su tutta l'estensione della cupola, dando l'avvio alle teste e ai volti degli angeli secondo il suo stile naturalistico e magistrale. Anche le sculture lignee con Dio Padre, l'Assunta, i Profeti e le Sibille,
vennero eseguite da intagliatori diversi sotto il diretto controllo del maestro Ferrari fino alla sua morte sopraggiunta il 31 gennaio 1546.
La memoria dell'antico – Capolavoro del maestro piemontese, il Concerto degli Angeli affrescato sulla cupola di Saronno appare condotto secondo un'infinita variazione sul tema del volto e del volo angelico, efebico, colto "di naturale", producendo una serie di angeli musicanti più che cantori che con i loro strumenti forniscono un campionario completo della strumentazione musicale del tempo. D'altro canto, le prime opere di De Rocchi rivelano una radicata ascendenza classica che va dal Luini a Gaudenzio. Questi influssi, precisa Elena Pontiggia nel suo contributo, si avvertono specialmente nella predilezione per le forme vaste, tondeggianti e monumentali. Ma anche cromaticamente De Rocchi attinge al Rinascimento lombardo: guarda alla "maniera grigia" del Bergognone e ai toni bronzei del Foppa, così come alle tinte luminose di Masolino a Castiglione.
E lo stesso De Rocchi, in più di un'occasione, rivelò che gli unici artisti verso i quali provava commozione, erano i primitivi. Scrive l'artista stesso in una nota autobiografica: "Ricordo che appena finite le occupazioni della scuola, la mia gioia era di recarmi a guardare i dipinti della chiesa dell'Immacolata: Luini e Ferrari. Caro ricordo la strada che da via S. Giacomo arrivava al grande viale dove sorge quel santuario".