Busto Arsizio – Gennaio deve il suo nome al dio romano Ianuarius, protettore delle porte, dei ponti e propiziatore di attraversamenti, passaggi o mutamenti simbolici. Gennaio è il mese che apre il calendario gregoriano, il primo dell’anno, quello che, emblematicamente, apre una nuova fase della vita. Le giornate si allungano e la luce, piano, piano riprende il suo posto nelle giornate regalandoci meravigliosi cieli blu cobalto e tramonti infuocati di una bellezza mozzafiato. Arriva, puntualmente ogni anno, per ricordarci che, per quanto buia e lunga possa essere la notte, la luce ritorna sempre trionfando sulle tenebre.
Antichi riti propiziatori
Molti degli antichi riti che si celebrano in questo mese e che sono legati alla realtà agricola e contadina, sopravvivono ancora e in alcune zone del nostro Paese sono particolarmente sentiti. E’ così possibile vedere nel bel mezzo del mese e del gelido inverno il cielo illuminarsi di grandi falò che bruciano davanti alle chiese intitolate a Sant’ Antonio, santo che la tradizione popolare vuole protettore degli animali. In ogni regione della nostra penisola e anche nelle isole, dove si fanno roghi con sterpi di vite per propiziare i raccolti e invocare l’abbondanza, il rito viene onorato. E laddove il fuoco stenta a partire o proprio non si accende la credenza vuole che i segni e i presagi non siano buoni. Quando i falò si esauriscono, le ceneri vengono trasportate nell’aria dalla gelida tramontana e ricadendo al suolo vanno a fertilizzare i terreni circostanti che, proprio in questo periodo dell’anno, vengono smossi dai contadini per essere arieggiati. Perdura anche la cerimonia di benedizione degli animali domestici e da cortile, preziosi compagni di vita e collaboratori nel lavoro dei campi, che vengono portati in processione sul luogo del rituale.
La vecchia strega del giovedi
In molte località dal passato e dal presente contadino l’ultimo giovedì del mese di gennaio è ancora viva e celebrata la tradizione della Giöbia, la vecchia strega che è simbolo dell’inverno da bruciare in un gigantesco falò. La convinzione popolare vuole che il fuoco purificatore si porti via i malanni dell’inverno e propizi la rinascita della nuova stagione che tutti si auspicano prodiga di doni e di abbondanza. Sebbene sia particolarmente vivo nelle zone della bassa padana, il rito è celebrato un po’ ovunque con varianti legate alla storia di ogni singolo territorio. Il tratto comune è dato dal fatto che in ogni luogo rappresenta la brutta stagione da bruciare con le negatività che si porta appresso e gli accadimenti nefasti dell’anno appena trascorso. Il falò della Giöbia è una cerimonia collettiva accompagnata da passaggi particolari: nel giorno del rogo si consumano tipici piatti della tradizione, alcuni dei quali, come chiacchiere e frittelle, anticipano il carnevale imminente.
I giorni della merla
Sono considerati dalla tradizione, 29, 30 e 31, i tre giorni più freddi dell’anno e sono gli ultimi tre di gennaio. Naturalmente non è detto che sia così, soprattutto negli ultimi anni quando il cambiamento climatico ci ha riservato inverni più miti che in passato, ma nonostante ciò la credenza popolare resta viva. Sono molte le storie circa la sua origine e quella del suo nome. La più diffusa e famosa racconta di una merla riparatasi con i suoi piccoli dal freddo pungente degli ultimi giorni di gennaio, all’ interno di un comignolo. Il gelo li costrinse lì fino al primo giorno di febbraio e, quando uscirono allo scoperto, erano completamente coperti di fuliggine. Così, non solo quei giorni furono ricordati come i più freddi dell’anno, ma fornirono una fantasiosa spiegazione alla differenza di colore tra il maschio e la femmina del merlo. In ogni caso sappiate che non c’è climate change che tenga: se i giorni della merla sono freddi possiamo attenderci una primavera bellissima, contrariamente la primavera sarà caratterizzata da tempo instabile e variabilità. Con buona pace di tutti i meteo del mondo.
M. Giovanna Massironi