Senigallia – Non è proprio dietro l’angolo la città che ospita nello storico Palazzo del Duca una grande mostra dedicata a Giacomelli. Ma certo, per chi si trovasse in zona, non è da perdere l’occasione di una visita all’esposizione “Nella camera oscura”, un’immersione nell’immaginario e nella tecnica del grande fotografo.
L’esposizione raccoglie circa cento scatti originali, tra vintage e stampe d’epoca, che attraversano tutta la produzione dell’artista, dagli anni Cinquanta fino al 2000, anno della sua morte. Particolare attenzione è riservata al rapporto tra fotografia e poesia, elemento fondante del suo lavoro: poesia come cassa di risonanza delle sue emozioni, che fuoriescono sotto forma di immagini fotografiche.
Opere come Io non ho mani che mi accarezzino il volto, ispirata ai testi di Padre David Maria Turoldo da cui trae origine la famosa serie fotografica dei Pretini del 1961 e che apre il percorso espositivo, Passato (1986) di Cardarelli e Spoon River Anthology (1971-73) di Edgar Lee Masters, testimoniano come la poesia abbia sempre rappresentato per Giacomelli una fonte inesauribile di ispirazione e introspezione, un mezzo per esplorare l’essenza dell’uomo e del mondo.
Il percorso espositivo si apre con un’installazione multimediale dal titolo Sotto la pelle del reale, che riproduce il flusso creativo dell’artista. I visitatori saranno guidati dalla sua stessa voce, tratta da un’intervista per Radio 3 Suite del 2000, mentre immagini in movimento e frammenti scritti di pensieri si alternano, evocando la sua visione profonda e poetica della fotografia come mezzo per esplorare la realtà e l’interiorità.
Fulcro della mostra è appunto la camera oscura, luogo dove Giacomelli dava forma al suo immaginario trasformando la materia in visioni potenti e universali. Oltre alle opere esposte si trovano attrezzature originali, come la sua macchina fotografica Kobell, e oggetti di scena utilizzati per i suoi scatti. Accanto a questi, provini di stampa, appunti manoscritti e interviste documentano il processo creativo dell’artista, mostrando la sua incessante sperimentazione e la continua trasformazione del reale.
Attraverso una narrazione che intreccia temi chiave della poetica giacomelliana, il percorso espositivo – suddiviso in otto sale tematiche – rappresenta il suo mondo interiore, profondo e ancestrale che si manifesta in un continuo flusso di immagini come parole di un lungo discorso. Un racconto che, pur partendo da vicissitudini autobiografiche, parla con la voce antica e infinita dell’umanità. Nelle sue opere, paesaggi antropomorfizzati diventano ritratti umani, intrecciando memoria e materia in un dialogo continuo. La figura materna, evocata attraverso elementi simbolici, emerge come presenza costante e fondativa della sua visione artistica. La luce, elemento essenziale del suo lavoro, interrompe l’oscurità per illuminare piccoli e preziosi frammenti di realtà, offrendo una visione che oscilla tra l’immenso e l’intimo, tra il concreto e il metaforico.
La Camera Oscura di Giacomelli non è solo un’esposizione, ma un viaggio nell’universo creativo di un artista che ha saputo parlare all’anima dell’uomo attraverso la fotografia, trasformando ogni immagine in un frammento di interiorità e poesia.
Nell’ambito delle Celebrazioni per il Primo Centenario dalla Nascita dell’artista, (Senigalia 1925 – 2000)che si celebrano quest’anno, l’Archivio Mario Giacomelli, all’interno di un più complesso e articolato programma, darà corpo a una serie di grandi mostre che documentano l’intera produzione del grande fotografo e ne aggiornano la sua interpretazione critica. Le prime due importanti mostre saranno quelle di Roma e Milano; la prima a Palazzo delle Esposizioni, dal 17 aprile al 1° settembre, seguita poco dopo da quella di Palazzo Reale, a Milano, dal 24 maggio al 21 settembre 2025, per proseguire con un calendario espositivo che toccherà varie sedi nazionali e internazionali per concludersi nel 2027.
La mostra in calendario sino al 6 aprile è aperta al pubblico da giovedì a domenica dalle 15 alle 20.
Cenni biografici
Mario Giacomelli nasce nel 1925 a Senigallia, nelle Marche, città dalla quale non si dividerà mai, per cui sarà il mondo dell’arte, negli anni, a raggiungerlo nella Tipografia Marchigiana, sua dal 1950. Inizia a fotografare nel 1953 sotto l’ala del maestro Giuseppe Cavalli, fotografo erudito, critico della fotografia nell’Italia degli anni ’40 e ’50. Fondatore del movimento La Bussola (Milano 1947) e assertore della fotografia come racconto e come arte, riconosce in Giacomelli un carattere nuovo e così forte da lasciare un segno nella storia della fotografia. Sin dagli esordi, anarchico creatore di un linguaggio tutto suo fatto di contrasti e stonature, specchio della sua interiorità, Giacomelli apparve sconvolgente nel suo sguardo sul paesaggio e sui temi delicati dell’umanità, tanto che Paolo Monti nel 1955 lo definisce “l’uomo nuovo della fotografia”: il suo “realismo magico” superava la visione neorealista in cui la fotografia italiana si era arenata, arricchendola di un espressionismo intimo e verace, materico. Seguito e spronato dalla critica, largamente presente nelle riviste specializzate, divenne presto un punto di riferimento per i fotografi italiani degli anni Sessanta e ancora oggi fonte d’ispirazione per i fotografi di tutto il mondo. Nel 1964, fu l’unico italiano selezionato per The photographer’s eye, la mostra curata da John Szarkowski per il MOMA di New York, acquisendo sue opere per la collezione permanente del museo. Nel 1965 Giacomelli invia l’intera serie A Silvia all’altrettanto prestigiosa George Eastman House di Rochester (NY), dove espone in una personale antologica del 1968, presentata l’anno successivo in varie città degli Stati Uniti. Saranno quelle le prime tappe di un’ascesa inarrestabile, mentre i maggiori musei del mondo includono opere di Giacomelli nelle loro collezioni permanenti. Nel 1978 viene invitato a esporre sue opere di paesaggio alla Biennale di Venezia Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura. La definitiva consacrazione di Giacomelli in Italia arrivò nel 1980, quando lo CSAC di Parma gli dedica una retrospettiva. Attivo fino alla fine, senza mai smettere di sperimentare la fotografia, si spegne nel 2000.