Lodi – C'è tutta una generazione di giovani scultori che sta emergendo nella nostra provincia che varrebbe la pena mettere in fila e provare a dargli un nome, se non proprio un'identità, una etichetta. Ma quanto meno riconoscerla, farle sentire che è importante.
Che non c'è un vuoto dopo i mostri sacri che parte davvero significativa hanno avuto nei corsi della plastica del XX secolo. Da Broggini a Tavernari, da Baj a Bodini – non a caso omaggiato proprio in questa rassegna lodiagiana – da San Gregorio a Cassani fino al più giovane Paolo Borghi ad altri ancora. Non si rifanno ad una scuola.
O meglio ciascuno ha una sua propria. O nessuna ne ha una sua. Ma ognuno ha una sua particolare vitalità. E questa provincia con la sua tradizione e le sue storie di lapicidi di promesse da mantenere ne ha ancora molte.
Tra queste Sara Tardonato sembra una delle più toniche, delle più volitive. Delle più coraggiose. Sara è figlia d'arte. Ma della pittura del padre Franco non ha voluto farsi erede o continuatrice.
Ha preferito, ancorché sapendone presidiare i fondamentali, dedicarsi alla plastica, alla terracotta in particolare, con la quale negli anni Novanta ha saputo inscenare con lievità storie di umanità minuta ma non minore, a margini ma non sconfitta, piuttosto brani quotidiani “di una società imbellettata a nascondere le rughe”, come scrisse di lei, alcuni anni fa Claudio Rizzi.
Al volgere però del decennio la Tardonato ha abbandonato questa via. C'è da credere non senza un fremito di sofferenza, per non dire di un agognato senso di liberazione. Ma giustamente! Le cose cambiano. La percezione muta.
Lei pure cambia.
La ragazza uscita da Brera è diventata donna, madre.
E la sua scultura, che pure dalla sua quasi abituale dimensione bozzettistica aveva provato più volte a farsi più monumentale, ha provato a farsi farfalla dalla crisalide che era.
Uscendo dal guscio “figurativo” in cui è sempre in qualche modo rimasta.
Suoi saggi erano stati un intervento al Chiostro di Voltorre nel 2003. Successivamente ha fatto parte del ristretto ma combattivo nucleo di “giovani” nostrani partecipi della mostra itinerante Generazione Anni 60, distribuita tra Maccagno, Milano e Gazoldo degli Ippoliti, nel Mantovano.
Ora, eccola con una preziosa personale, affiancata ad Alfredo Mazzotta, maestro calabrese di una generazione precedente alla sua. Un modo emblematico per confrontare stilemi, origini, linguaggi, materiali diversi. Oggi Sara affronta con rinnovato piglio, nuovi materiali, il ferro, il rame, il legno, la rete, nuove geografie delle forme, nuovi orizzonti emotivi, nuovi rapporti con l'ambiente.
Per lei nell'ambito della IX edizione di Naturarte organizzata dalla Provincia di Lodi e da alcuni comuni limitrofi è a disposizione l'Oratorio dei Santi Simone e Giuda di Muzza di Cornegliano Laudense.
Una mostra preziosa, si diceva, non tanto per il numero delle opere, 4 in tutto, di cui una realizzata appositamente, quanto piuttosto, per la la maturazione a cui giunge il rapporto con lo spazio e con la luce circostante.
Il programma