Milano –Visitare la Fondazione Carriero è un piacere unico: è un luogo dove arte contemporanea e architettura del Quattrocento (la Fondazione ha sede all’interno di Casa Parravicini) dialogano in armonia. Ogni mostra allestita è un’esperienza unica per il visitatore, che percorre un viaggio nell’arte mentre attraversa le stanze del palazzo.
È quello che succede anche con l’esposizione Del Bello ideale, curata da Francesco Stocchi con la collaborazione dello stesso Giulio Paolini e con interventi scenografici di Margherita Palli. Una volta iniziata la visita, si viene dotati di un’agile guida alla mostra che ne spiega dettagliatamente la finalità:
“La mostra si propone di offrire una visione dell’opera di Giulio Paolini da un punto di vista interiore, dove l’artista è invitato a cimentarsi in un esercizio introspettivo, di analisi e scoperta delle proprie fonti di ispirazione. L’intenzione non è quella di raccontare il suo percorso con attitudine nostalgica, ma sottolineare il suo desiderio di uscire dallo scorrere del tempo e collocarsi in una dimensione parallela di eterno presente”.
Per perseguire questo obiettivo, l’esposizione suddivide la poetica dell’artista in tre nuclei principali:
- Il ritratto e l’autoritratto (l’autore è assente)
- In superficie (linea, prospettiva, orizzonte, tautologia)
- Uno di due (il mito e il classico)
La struttura architettonica della Fondazione Carriero, articolata su diversi livelli, permette di approfondire in ogni spazio un argomento e di indagare le modalità attraverso le quali l’artista scava nella memoria ed esplora la storia dell’arte.
A colpire il visitatore, fin dall’inizio del percorso è proprio la “ricerca archeologica” di Giulio
Paolini nella storia dell’arte che trova la sua totale realizzazione nell’appropriazione di reperti classici: colonne, statue e gessi ridotti in frammenti sono iconografia e fonte dell’artista. Estrapolati una dal loro contesto di appartenenza, consentono una nuova interpretazione del presente. Un esempio? Sicuramente Cariatide (1984), opera che apre il percorso espositivo, costituita da due colonne corinzie che si srotolano letteralmente davanti agli spettatori.
A stupire sono anche gli interventi scenografici di Margherita Palli, che mette “in scena” i tema della mostra attraverso la creazione di ambienti dove i tre nuclei del pensiero
dell’artista. Uno su tutti l’ambiente che evoca lo studio di Giulio Paolini, osservabile attraverso dei fori presenti nelle pareti di legno. La mente del visitatore corre inevitabilmente allo studiolo di Federico da Montefeltro che sembra una fonte di ispirazione per quello ricreato in Fondazione Carriero. Lo studio di Paolini, qui ricostruito, si contraddistingue, oltre per gli scaffali di libri e i fogli di disegni arrotolati, per la presenza dell’opera Se ipsum, autoritratto di Giorgio De Chirico del 1948. Secondo l’artista torinese, De Chirico è stato il primo artista ad assumere una posizione laterale e critica rispetto alla creazione artistica: “…ha colto, meglio e prima degli altri, l’inevitabile ritirata dell’opera di fronte al perché dell’opera. Lui più di ogni altro, e proprio mentre continuava a produrre, è riuscito a far declinare l’imperativo del significato prendendo le distanze da tutta l’avanguardia che ancora guardava con spirito positivo alla costruzione dell’immagine”. Chiaramente De Chirico è un riferimento per Paolini nella cui concezione l’artista è estraneo al processo di creazione dell’opera d’arte: è assente. E alla Fondazione Carriero è presente o no? Ai visitatori l’ardua sentenza.
Info:
Giulio Paolini del Bello ideale
dal 26 ottobre 2018 al 10 febbraio 2019
Fondazione Carriero via Cino del Duca, 4 – 2012 Milano
tutti i giorni dalle 11.00 alle 18.00.
chiuso il lunedì
Ingresso gratuito.
Eleonora Manzo