Aosta – Si inaugura domani (19 giugno) al Museo Archeologico Regionale la mostra Artenumero. Gli artisti e il numero tra XX e XXI secolo. L’esposizione, a cura di Angela Madesani, presenta oltre settanta opere di importanti artisti italiani e internazionali divise in cinque sezioni, in un percorso trasversale che attraversa linguaggi, tematiche, pensieri della storia in cui il numero diviene momento fondamentale di riflessione per l’artista e per l’osservatore.
La prima sezione, dedicata al rapporto tra il numero e il tempo, propone i lavori di alcuni fra i più importanti artisti dell’ambito concettuale internazionale come On Kawara, con libri e cartoline in una dimensione di natura esistenziale fra il personale e il collettivo. La grande opera di Luca Pancrazzi 24 ore su 24 è un omaggio alla pratica del disegno, esercizio quotidiano di cura, di dedizione nei confronti del proprio operare. Il numero è strettamente legato alla dimensione temporale anche nelle raffinate opere di Elena Modorati. Di Alighiero Boetti sono in esposizione due arazzi di diverse dimensioni, calendari, libri e cartoline a tema.
Un minuto di fotografia di Franco Vimercati è una sorta di manifesto in cui l’artista dichiara il punto nodale della sua ricerca: il tempo e la sua misurazione. Nella stessa stanza cinque opere di Roman Opalka, tra fotografie e Carte da viaggio. L’artista polacco ha realizzato dal 1965 sino al 2011 uno dei più importanti lavori sul tempo. Nelle fotografie di Carlo Valsecchi dei numeri rappresentati da led rossi sono immersi in uno spazio etereo astratto. Nell’opera di Daniela Comani Sono stata io. Diario 1900-1999 ci troviamo di fronte a una sorta di diario del XX secolo, in cui l’artista sembra vivere in prima persona ciascun evento narrato.
Nella seconda sezione, si indaga il legame tra numero e narrazione, in esposizione una Linea di Piero Manzoni, con cui l’artista crea un patto con lo spettatore, accettare quanto da lui dichiarato: la lunghezza della linea stessa. Nelle due opere in mostra di Elisabeth Scherffig il numero serve a contare i frammenti di pietra di una cava spagnola e i calchi numerati delle firme ritrovate nella grande moschea di Cordova. In 1,2,3,4del 1974 Antoni Tàpies lo utilizza per raccontare la storia delle tragiche vicende del suo paese natale, la Spagna. Il calcolo numerico, inoltre, diventa storia personale nella Via Crucis laica di Elisabetta Casella realizzata con la scagliola sul cui retro sono piccole immagini fotografiche. Tra le opere più significative in mostra, Five Fives (to Donald Judd) di Joseph Kosuth del 1965, un’opera al neon composta da numeri che il grande artista americano dedica all’altrettanto grande artista Judd. Rimedi di Pietro Bologna del 2002 sono una serie di particolari ingrandimenti dei bugiardini degli psicofarmaci, uno dei simboli del nostro tempo, realizzati con una particolare tecnica fotografica appositamente studiata per quel lavoro. L’artista concettuale tedesco Peter Dreher dal 1974 al 2020 ha dipinto, con la stessa luce, lo stesso bicchiere numerando le diverse opere. All’inizio del lavoro dichiarava di voler dipingere un quadro invisibile: un’utopia che per certi versi, è riuscito a realizzare. Paolo Pessarelli utilizza le pagine rosa piene di numeri del Financial Times per realizzare lavori di diverso tipo, a muro e a terra in cui, i numeri incolonnati sono scansioni istantanee di storie e di vite. Pagine che si fanno supporto per accogliere e sostenere le immagini di ragazze e ragazzi ripescati dall’oblio, volti scelti fra i tanti abbandonati nei mercatini dell’antiquariato. L’opera in mostra di Edward Kienholz riporta una cifra economica, emblema di una società capitalista all’apoteosi dei suoi cosiddetti “valori”.
La terza sezione è costituita dalla relazione tra numero e spazio. Qui è ospitata la documentazione dell’opera performativa Per un otto coricato, dell’artista milanese Cioni Carpi, che l’ha proposta alla Settimana della Performance bolognese del 1977. Una scoperta è costituita dai lavori di Andrea “Bobo” Marescalchi, affascinato dalla matematica, dalla simbologia numerica, dalla ripetizione e dalla perfezione aritmetica, dalla fine degli anni Ottanta ha dato vita a opere in cui l’oggettività dell’immagine si lega a carte da gioco e forme geometriche che si sovrappongono a colori (rosso e giallo soprattutto) sul dipinto di base, eseguito a china, con toni di nero e grigio. Twentysix Gasoline Stations è il titolo del libro di Ed Ruscha che viene considerata a tutti gli effetti un’opera concettuale, che documenta il viaggio fatto dall’artista da Los Angeles a Oklahoma City attraverso quella che allora era la Route 66.
Nella quarta sezione il numero si rapporta con segno e immagine, è utilizzato nella sua accezione semiotica e indicale: dalle opere pop di Ugo Nespolo alla fotografia di Luigi Ghirri, di cui è presente uno degli ultimi lavori realizzati, appartenenti al ciclo di Piazza Betlemme, al mondo concettuale di Maurizio Nannucci, sino alle raffinate sculture di Robert Tiemann, che fanno parte della prestigiosa collezione Panza di Biumo. Due le preziose carte di Hanne Darboven, per la quale i numeri sono un veicolo verso la musica, a sua detta unica vera scoperta dell’umanità. Giocose le tele di Mimmo Iacopino realizzate con i metri da sarto. La casualità, il lancio dei dadi determina la scelta dei colori nelle carte di Vincenzo Merola, il più giovane degli artisti in mostra.
Il rapporto tra numero e aritmetica è il tema della quinta sezione, dove sono presenti opere di artisti concettuali, come Bernar Venet, forse uno degli autori che negli anni Sessanta si è avvicinato alla matematica con maggiore consapevolezza, e Mel Bochner che interroga le intersezioni tra linguaggio e matematica. In mostra Pebbles, una grande opera di Laura Grisi del 1973 composta da centocinquanta immagini fotografiche, a colori, di sassi, raccolti in piccoli gruppi. In mostra, inoltre, una grande opera con neon di Mario Merz della serie dedicata alla sequenza di Leonardo Fibonacci, tre lavori di Vincenzo Agnetti, che nel corso degli anni si è dedicato al rapporto tra matematica e linguaggio, e Era soltanto un gallo, tesoro, una installazione di sette elementi, sette dipinti di piccole dimensioni di Beatrice Pasquali che riflettono sul tema dell’ars combinatoria.
La mostra, che sarà inaugurata alle 18, è accompagnata dal catalogo, bilingue italiano-francese, contenente i testi di Angela Madesani e Daria Jorioz. Artenumero. Gli artisti e il numero tra XX e XXI secolo rimarrà in calendario sino al 20 ottobre. Orari al pubblico: tutti i giorni, dalle 9 alle 19.