“I Beach Boys sono la colonna sonora della mia vita” racconta Aldo Pedron. Musicologo; critico musicale impegnato nelle più importanti testate italiane del settore: dal Mucchio Selvaggio – di cui è stato cofondatore – all’Ultimo Buscadero – che ha diretto dal 1980 al 1992 – a Suono e Outsider; Pedron è anche autore e collezionista – citiamo solo la sua racolta di 12mila vinili ….-.
“Ho iniziato a comprare dischi nel 1966. – ricorda – Ascoltavo i Beatles e i Rolling Stones, ma quando è uscito “Good Vibrations” è stato un tuffo al cuore: i Beach Boys mi hanno conquistato”. La passione di Pedron è “aumentata di anno in anno”. Ha così scoperto note, incontri, storia e curiosità della vita di questi cinque artisti, capaci di restare sulla cresta dell’onda per oltre 5 decadi: il loro primo concerto risale infatti al la fine del 1961 e nel 2017 anno fatto più di 150 concerti, lo scorso giugno erano a Roma.
Pedron e Roberta Maiorano hanno scritto “Good Vibrations. La storia dei Beach Boys”: primi italiani a realizzare una biografia della band californiana. Il testo si divide in tre parti: la prima biografica, la seconda dedicata a concerti, curiosità e alla vita dei Beach Boys, con un approfondimento su Dick Dale, il pioniere della “Surf Music”, la terza ricca di interessanti informazioni discografiche.
“I Beach Boys hanno dominato le classifiche americane nei primi anni ’60, scalzati solo dai Beatles e dalla British Invasion”. La storia della band è quella di una famiglia. Un papà musicista mancato, violento con i 3 figli: Brian, il maggiore, Dennis e Carl. La mamma insegnò a suonare il piano a Brian e lui insegnò ai fratelli a cantare a cappella. “Nei momenti in cui il padre era cattivo, bastava che i ragazzi si mettessero a cantare e a suonare e tornava l’armonia”.
“Brian non sentiva da un orecchio: la leggenda vuole che fosse stato proprio il padre a colpirlo in un momento di rabbia, ma forse la causa era un’altra. Eppure Brian sapeva costruire i suoi castelli armonici anche non sentendo da un parte. Non è un caso che tutti gli album della band siano stati registrati in mono, piuttosto che in stereo. C’è una bellissima canzone dei Beach Boys che si chiama ‘In my room’: parla del mondo di Brian, quella cameretta in cui cantava con i fratelli”.
“Il padre è stato comunque determinante per la carriera dei tre ragazzi – continua Pedron -, anche perché li porta a un concerto di The Four Freshmen: un gruppo jazz con delle voci stupende di cui Brian si innamora. Compra i loro dischi e impara tutte le canzoni a memoria. Casa Wilson era anche frequentata dal cugino Mike Love, che diventerà il cantante dei Beach Boys. Si aggiunse poi al gruppo Al Jardine, era un compagno di baseball”. “Nel 1965 avevano già inciso 11 album, 4 in un solo anno. Brian Wilson aveva 23 anni! Questi ritmi troppo rapidi hanno portato delle conseguenze. Nel nostro libro io e Roberta (Maiorano) abbiamo voluto raccontare anche di Dick Dale, che incise i suoi pezzi alla fine degli anni ’50 e può essere definito l’inventore della ‘Surf Music’: lui era surfista e volle riprodurre sulle corde della chitarra il suono che si sente quando si sta sulla cresta dell’onda. Era un sound solo strumentale, con le radici nel rock’n’roll. Un paio d’anni dopo i Beach Boys si ispirarono al lavoro di Dale, che arricchirono, però, di richiami a Chuck Berry e dei loro complessi e caratteristici vocalizzi”.
Tante sono le storie che si intrecciano in “Good Vibrations”: quella del signor Wilson che, nella veste di manager, fece firmare ai figli un contratto con la Capitol, ma poi venne licenziato da Brian e – in un accesso di rabbia – vendette tutti i diritti sui pezzi dei Beach Boys, privando i figli di ogni guadagno per la musica di cui erano autori.
C’è poi lo sguardo particolare su Brian e sulla sua fatica nel sopportare lo stress del successo: “nel ‘64, in un volo da Los Angeles a Huston, ebbe un terribile attacco di panico e, quando atterrarono, disse ‘basta, io non verrò più in tournée, non suonerò più dal vivo, voglio restare a casa a scrivere’. E’ stata una scelta fortunata – continua Pedron – perché così ebbe tutto il tempo per creare la sua musica. Alla fine del ’65, dopo aver dedicato al surf tante le canzoni, arrivò un cambiamento, ispirato anche da Phil Spector”. Spector aveva creato il “Wall of Sound”: una tecnica di registrazione in cui si aggiungevano ai calssici basso-chitarra-batteria, strumenti da orchestra quali archi, ottoni, timpani e percussioni. I suoni venivano registrati e poi sovrapposti (raddoppiandoli e triplicandoli) per ottenere un muro sonoro denso e ricco di riverberi; Brian fece tesoro dell’esperienza di Spector.
“Quando andava in studio di registrazione scriveva le partiture per tutti, anche per musicisti come quelli di “The Breaking Crew” di Los Angels: un gruppo di session men che avevano collaborato con artisti come Elvis Presley, Frank Sinatra, Mamas&Papas e Simon&Garfunkel. Questi erano inizialmente sorpresi e infastiditi. Ma alla fine anche loro dovettero ricredersi – dice l’autore – e lo stesso Al Blaine, il più grande batterista di tutti i tempi, arrivò ad affermare: ‘questo è un genio!’. Brian, cosa mai permessa prima da un’etichetta discografica, scrive le canzoni, le arrangia e le produce. Il suo segreto era proprio quello del Wall of Sound: nella stessa canzone usava due sassofoni e tre bassi che suonavano contemporaneamente. Paul McCartney volò fino a Los Angeles per capire come Wilson potesse avere una certa linea armonica di basso!”.
In “Good Vibrations” ci sono tante cose da ritrovare e da scoprire, anche note tristi e difficili, o violente, come quelle che ripercorrono la tragica vicenda degli assassinii della Family di Charles Manson, che si intrecciarono con triste casualità con la storia dei Beach Boys. E ancora, per chiudere, la bellezza di “Pet Sounds” che, a 35 anni dalla sua uscita, è stato definito “il disco più bello di tutti i tempi” dalle classifiche di riviste inglesi come Mojo e Uncut. E, ancora, i percorsi solisti dei componenti dei Beach Boys. Una band davvero da riscoprire e, soprattutto, riascoltare.
“Good Vibrations. La storia dei Beach Boys”, di Roberta Majorano e Aldo Pedron, Arcana Ed.
Chiara Ambrosioni