Carlo Borromeo
Forse la mostra meglio riuscita e più efficace in questo periodo nella capitale. "Guercino 1591-1666 Capolavori da Cento e da Roma", allestita a Palazzo Barberini di Roma, è una mostra chiarificatrice, uno di quei focus riusciti ed opportuni per comprendere meglio l'opera di un maestro dell'arte europea.
In uno spazio godibile e misurato, allestito con semplicità e rispetto del visitatore (nulla a che vedere con la faticosa ed affannosa enfilade di opere della complessa espozione di palazzo Venezia dedicata al "tempo di Caravaggio") si snoda il percorso di vita e di arte di Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino, nato a Cento il 2 febbraio 1591.
L'esposizione, composta da opere conservate nei musei e nelle collezioni di Roma e di Cento, nonché del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno, consente di ammirare uno straordinario corpus di dipinti: trentasei capolavori che coprono tutto l'arco cronologico del suo lungo percorso artistico, facendone emergere l'esuberante talento.
Viene dato ampio risalto a quella trama che lega centri d'arte e di cultura, negando la dimensione "provinciale" e minore di taluni centri, a favore di un tessuto
connettivo tra città, botteghe, artisti.
Viene cioè restituita la dimensione geografica dell'arte, fatta di fucine territoriali, collegate e in continua connessione, fatta di mediazione tra committenti e di viaggi che garantiscono aggiornamento e nuove opportunità lavorative agli artisti. Insomma non "il" capolavoro o "la" capitale indiscussa dell'arte, ma una trama ricca che nasce e trae linfa vitale dal territorio.
Nel percorso della mostra viene messa in luce l'evoluzione pittorica dell'artista, partendo dai primi dipinti, che riflettono l'influsso di alcune importanti fonti dell'arte ferrarese, come Ippolito Scarsella e Carlo Bononi, fino alla produzione più squisitamente legata allo stile e alle idee derivate da Ludovico Carracci. Viene inoltre rimarcata la precocità pittorica del Guercino, un talento innato che gli viene riconosciuto subito anche dal suo maestro, Ludovico Carracci, che vide nel giovane artista di Cento una sorta di continuazione della sua arte.
Il tragitto artistico del maestro si scopre in capolavori come lo Sposalizio mistico di Santa Caterina alla presenza di San Carlo Borromeo, del 1614-15 e nelle più tarde tele con La Madonna della Ghiara con san Pietro, San Carlo Borromeo,
un angelo e donatore.
La fortuna arrise al Guercino a Roma dove venne chiamato dal papa bolognese Gregorio XV Ludovisi, il quale insieme al nipote, il cardinale Ludovico, divenne il suo principale mecenate.
Gli inconfondibili tocchi violacei che si illuminano per contrasto accanto ai rossi e ai gialli, le proporzioni monumentali dei personaggi, gli indimenticabili celi tempestosi che gettano ombre metereologiche sulle figure dei santi, creano una carrellata preziosa.
Capolavoro assoluto degli anni romani è rappresentato dalla monumentale, enorme pala raffigurante Santa Petronilla sepolta e accolta in cielo oggi alla Pinacoteca Capitolina, di cui in mostra si espone il "ricordo" di piccolo formato.
Un riflesso del profondo cambiamento in senso classico e monumentale intervenuto nelle opere successive al soggiorno romano è percepibile nel San Luca e nel San Matteo, (Galleria Nazionale d'Arte Antica) provenienti dalla collezione Barberini, parte di una serie di dipinti raffiguranti i quattro Evangelisti.
Quando il colore si schiarisce – Gli anni della maturità del Guercino sono caratterizzati – soprattutto dopo la morte di Guido Reni, avvenuta nel 1642 – da una rinnovata attenzione ai modi classicisti, in particolare nella gamma cromatica, che diviene tenue e delicata, nella raffinata eleganza formale e nella progressiva semplificazione che lo porterà verso una maggiore chiarezza compositiva. Espressione di questa tendenza sono la Cleopatra davanti a Ottaviano Augusto della Pinacoteca Capitolina o lo splendido Saul contro David di Palazzo Barberini.