Una vita spesa bene – L'arte in mente. Sempre solo l'arte. "Prima di morire voglio tornare a vedere La Battaglia di San Romano". Capolavoro di Paolo Uccello, conservato al Louvre. "Che meraviglioso, quel cavallo nero". E sembra di vederlo già pronto ad intraprendere un ennesimo viaggio alla riscoperta di quei musei che ha visto e rivisto. Aldo Alberti, sono 95. Intesi come anni che mercoledì 21 festeggia, a dispetto di una infrangibile voglia di stare davanti al cavalletto con il pennello in mano, il più a lungo possibile, fino a quando fuori è buio, per poi tornare a casa e rimmergersi nelle letture dei suoi cataloghi preferiti.
Le opere monumentali – Sembra ieri che siamo stati nel suo studio alla vigilia del suo novantaquattresimo compleanno. Allora era alle prese con un monumentale nudo di schiena. Oggi è indaffarato davanti allo stesso soggetto, che ormai occupa metodicamente, compulsivamente la sua pratica quotidiana. Due metri e venti per due, mica quadretti. "Quattro ore alla mattina, tre ore al pomeriggio, imperterrito". Se no si annoia.
Il prezzo della fama – Non è che dipinga e basta. Solo negli ultimi mesi ha avuto due personali. Una al Punto Oberdan di Castelseprio, i suoi pastelli, l'altra recente dedicata alla sua arte sacra presso la chiesa Parrocchiale di Sant'Edoardo. Un successo in entrambi i casi. A Busto ha venduto, confessa. "Ma ho lasciato tutto al prete". Buon uomo l'Alberti, che difende le ragioni della sua arte, permettendosi di essere prodigo e noncurante dell'alone che lo circonda. "Sono venuti ad intervistarmi in tanti, non sono mai riuscito a vedermi in tv, ma tanta gente mi ha detto di avermi visto almeno cinque o sei volte. Io non faccio mica niente, sono gli altri che fanno, parlano, mi chiedono". Non si è maestri e decani, per nulla.
L'arte di conservare – Allora auguri di nuovo, caro maestro, per questi 95 anni portati magnificamente. "Ho la sesta elementare, ma nella mia vita sono riuscito a leggere tutti i più importanti scrittori, i filosofi, Omero. Bisogna leggere, e molto".
Sarà anche quello che lo fa conservare bene. Come quella aringa essicata che conserva diligentemente in studio, avvolta in una vecchia carta da pacchi da droghiere. Caso mai qualcuno gli commissionasse una natura morta, come ne ha fatte tante subito dopo la guerra. Non si sa mai. E stasera, finito di dipingere dove va? "Vado in Galleria, alla Galleria Palmieri a fare un giro". L'arte, sempre l'arte in testa.