Riccardo Blumer
Design – Parola d'ordine, filo rosso dell'incontro. Dai vertici agli studenti, dagli appassionati a chi lo fa di lavoro, a coloro che gli dedicano tutta l'esistenza; il design come punto fermo. O meglio come certezza per la crescita di una situazione, di un luogo, come asso nella manica per far emergere una città. Varese ha tutte le carte in regola per poterlo fare senza grossi sforzi, forse qualche collaborazione maggiore, dialogo, confronto, proposta, voglia di far risorgere le preziosità che già esistono. "Questo primo incontro è come un menù degustazione del progetto", ha esordito Caterina Carletti, che ha anche sottolineato l'importanza dell'incontro nella location del Chiostro di Voltorre che "nella sua dimensione artistica guarda attentamente alle arti applicate in relazione alla realtà economica del nostro territorio".
Le aziende – Competitività è stato il termine maggiormente utilizzato dai partecipanti; tra loro anche il Presidente di UNIVA, Michele Graglia. E' lui a ricordare, parlando di design territoriale, Flaminio Bertoni e Silvio Gambini per le loro realizzazioni significative in ambiti diversi. Al tavolo dei relatori anche Andrea Odobez di Teamwork: "dobbiamo puntare a importare e reimportare teste e braccia di chi è emigrato ma è nato o ha vissuto a Varese" nè il pensiero. Per Odobez il primo passo è la conoscenza del territorio, delle bellezze, delle risorse e immediatamente successiva la capacità di attrarre le eccellenze di questo settore produttivo-artistico; sempre e comunque guardando avanti.
ADI a Varese – Dalia Gallico tra i relatori: "Il design italiano è ancora oggi riconosciuto in tutto il mondo" afferma la presidente di ADI Lombardia. E' su questo che bisogna basarsi per crescere; dati alla mano Dalia Gallico presenta la crescita, soprattutto in relazione agli istituti specifici, degli ultimi anni. Risultati positivi che fanno ben sperare nel futuro del settore che, per ben cominciare in terra varesina, avrà un nucleo organizzativo importante proprio al Chiostro di Voltorre, proclamata nuova sede ADI (Associazione per il Disegno Industriale) a Varese.
Tre nomi varesini – Presentazioni differenti ma significative quelle svolte da RODA, Rossi di Albizzate e Whirpool. I portavoce, rispettivamente, Roberto Pompa, Piero Rossi e Sarah Brady, hanno raccontato le loro realtà produttive, le vicende storiche di crescita e di stretto legame con la figura del designer. Studi, ricerche, corsi, analisi, per importare e far convivere il design e la produzione aziendale, in una visione non individuale, ma globale.
Ecco i designer – Elena Brusa Pasquè coordinatrice dell'intervento di tre, prima amici, e poi designer-architetti varesini. Andrea Ciotti, Francesco Lucchese e Riccardo Blumer: tre personalità ben marcate, tre esperienze e testimonianze a confronto. Partendo dal presupposto che "il Salone del Mobile di Milano per i designer è più importante del Natale", secondo il 'vangelo' di Andrea Ciotti, ascoltando i tre personaggi si avverte estremamente vivace questa intersezione di ruoli, di richieste, di contaminazione tra il fare, progettare, inventare, esporre, promuovere, pubblicizzare, far conoscere, esprimere, soddisfare richieste e bisogni. Un legame con aziende e situazioni particolari, dal settore medico, allo sport, dall'azienda che produce un oggetto d'arredo nello specifico, alla grossa fabbrica che richiede un elemento distintivo per l'intera produzione.
C'è differenza tra sentimento ed emozione – Un'immagine molto personale della figura del designer è stata tracciata da Riccardo Blumer, stabilmente a contatto con i giovani nelle università. In particolare con la loro voglia di conoscere e sperimentare perchè ancora all'insaputa di molte cose. "Riflettere, aver paura, provare panico, emozionarsi…tutto questo può essere descritto dal designer, come l'aria, la luce, i colori. Ovviamente con i mezzi a sua disposizione, con il linguaggio espressivo in suo possesso. Per fare ciò deve essere a conoscenza dell'essere umano, del corpo; non solo deve avere una buona base di matematica, di fisica, di chimica". Questi i dettami secondo Blumer per un buon designer, che deve partire dall'idea che il sentimento è ben diverso dall'emozione; quest'ultima è esterna, viene da fuori e ha una durata ben precisa, mentre il sentimento è qualcosa che nasce dentro di noi. Il design deve riuscire a dar voce o meglio forma a tutto questo. "Per farlo ha bisogno di andare in palestra, che non vuol dire andare al lavoro e non vuol dire pretendere un risultato, ma approfondire determinate questioni e trovare il modo di rappresentare la realtà con il design".