"C'è ancora buona parte dell'archivio di Floriano Bordini da inventariare e catalogare, nel suo studio storico milanese di via Borgese. Non è escluso che il mio prossimo impegno possa essere dedicato di nuovo all'opera del grande scultore". Lara Treppiede non ha fatto in tempo ad intervistare il grande Floriano, cui ha dedicato molti degli ultimi mesi, scrivendo la sua tesi di laurea in Scienze dei Beni Culturali, per l'Università Statale di Milano, relatore il giovane allievo di Antonello Negri, Paolo Rusconi.
Non ha fatto in tempo ma è come se lo avesse fatto. Per interposta persona, andando a scavare in alcuni specifici anni giovanili dello scultore di Gemonio, sulla traccia di un libro, ormai introvabile e la memoria invece fedele di critici d'arte, fotografi, colleghi di fonderia, artisti, i compagni di una vita e di quella specifica tranche de vie di Bodini, gli anni della sua piena rivelazione al mondo dell'arte.
Lara, 24 anni, ora specializzanda, sempre alla Statale di Milano, buona parte del suo tempo lo dedica al Castello di Masnago dove è tra le volontarie dello staff alle direttive di Massimiliana Brianza e dei suoi progetti didattici; il resto è invece dedicato all'organizzazione del Premio Chiara, di cui è collaboratrice presso lo studio di Bambi Lazzati.
Come hai deciso di dedicare la tua attenzione a questo scultore?
"Volevo fare qualcosa di legato a Varese. Villa Panza, per esempio, o Baj. Poi ho visitato il Museo Bodini di Gemonio e quando ho visto da vicino il Lamento dell'ucciso mi sono innamorata".
Il classico colpo di fulmine?
"Esatto. Ho dovuto insistere. Il professor Rusconi inizialmente era scettico sulle mie intenzioni. Lui avrebbe preferito il Bodini più classicalmente marmista, quello un po' più tardo…"
E più "ecclesiastico"?
"Si, ma per quello che avevo in mente di fare io ci sarebbe stato troppo materiale. Alla fine abbiamo ristretto il campo d'azione entro due date abbastanza vicine e importanti: dal 1958, anno in cui Bodini allestisce la sua prima personale a Gallarate, al 1964, in cui esce una prima monografia interamente dedicata al suo lavoro. Ed è intorno a questo volume, introdotto da Guerreschi, con foto meravigliose di Pepi Merisio, che ruota il mio lavoro di ricerca".
In che senso?
"Nel senso che ho cercato di ricostruire la vita e il lavoro di Bodini partendo da quelle foto. Per far questo sono andata ovviamente da Merisio che è stato gentilissimo, da Enzo Fabiani, critico d'arte ormai ottantenne, e testimone di quell'epoca, da Moltrasio, gallerista di Bodini; ho visitato più volte la Fonderia Battaglia dove Floriano ha eseguito per tutta la vita le sue fusioni, ho avuto modo di conoscere la figlia Sara. Da ciascun di loro e naturalmente dai documenti di archivio ho potuto ricostruire il clima di quegli anni".
E' importante la monografia che tu hai preso come riferimento?
"E' la seconda uscita di una collana prevista di nove volumi, ciascuno dedicato ad un artista. Il primo era stato dedicato dalle Edizioni Imago a Guerreschi. Fu proprio lui a suggerire il nome di Bodini per il secondo volume. E' importante perchè sancisce già la dimensione dell'artista a quella data, grazie all'intervento critico di Bianciardi e Morosini. La copia di cui sono entrata in possesso poi ha un valore del tutto particolare. L'ho comprata in una libreria che vende libri usati a Milano ed è incredibilmente la copia autografata con dedica che Floriano regalò ad un autentico monumento della storia dell'arte quale fu Gian Alberto Dell'Acqua".
Cosa raccontavano le foto di Pepi Merisio?
"Raccontano, e lui stesso me lo ha confermato, di un rapporto di amicizia, sopratutto, prima ancora che di lavoro. Era solito fotografare Floriano nella sua casa, nel suo ambiente di lavoro. La cosa poi ancora particolare e che rende ancora più prezioso il volume – questo me lo ha raccontato Carlo Pirovano – è che fu uno degli ultimi libri ad essere stato stampato con la tecnica a cliché, in poche parole artigianalmente. Per questo la qualità delle immagini è semplicemente straordinaria".
Ne esce un Bodini totalmente inedito da questo scavo?
"Non del tutto inedito. Quando ho potuto inserire novità l'ho fatto. Altre cose, altri aspetti raccontatimi fanno parte di sfere che non mi è sembrato giusto toccare. Ho avuto più di una conferma che fosse una persona splendida ma anche facilmente disposta a scatti di rabbia".
E artisticamente parlando come valuti quel periodo della sua vita?
"Credo che in quegli anni Bodini fosse libero di creare, senza influenze esterne. Certo, partecipava di quel clima, era dentro il Realismo Esistenziale, ma non completamente non ha esplorato tutti gli ambiti di quella poetica. Poi come mi hanno anche confermato molti interlocutori, si è distaccato via via da quel discorso fino all'incontro cruciale con Monsignor Pasquale Macchi. Che è stata la sua fortuna per tanti versi, per altri forse meno".
E adesso?
"Adesso dovrò decidere la mia tesi specialistica del biennio. So che la figlia di Bodini sta cercando di mettere ordine nell'archivio. C'è tanto lavoro da fare, in archivio, in fonderia con i pezzi lasciati dall'artista. No, non mi dispiacerebbe poter nutrire la mia voglia di studiare dedicandomi di nuovo a Floriano".