Rinadlo Arconati
Monumenti sotto il cielo – Ci sono volti e storie, vicende e segmenti di "varesinità" ricordati e immortalati nei monumenti dei cimiteri cittadini, luoghi per definizione depositari di tradizioni, legami affettivi e senso di appartenenza ad una comunità.
A Giubiano è sepolto Rinaldo Arconati, nato a Milano nel 1841, avvocato capace di distinguersi per l'alto grado di integrità morale, tanto da ricevere la medaglia d'argento al valore civile. In gioventù, abbandonò gli studi di giurisprudenza per partecipare volontario alla spedizione dei Mille, guadagnandosi la stima del generale Garibaldi. Si presentò in varie elezioni politiche, quale candidato democratico-repubblicano, entrando in Parlamento nel 1900. Morì a Varese nel 1928. Lo ricorda un monumento di Eugenio Pellini realizzato nel 1905 che rappresenta Cristo-Profeta a grandezza naturale, ieratico e insieme umanissimo, ai piedi del quale sono deposti la corona di spine e i chiodi. Una figura di bronzo che pare ricordare il commento di John Ruskin all'opera di William Hunt: "Quando Cristo entra nel cuore umano, vi porta con sè una duplice luce: la luce della coscienza che rivela i peccati del passato, e poi la luce della pace, la speranza della salvezza".
Della Chiesa
A Casbeno, invece, è sepolto Federico Della Chiesa, fratello maggiore di Speri, noto poeta. Avvocato brillante ed esponente repubblicano, combattè per la libertà d'Italia tra le file garibaldine, ricoprendo anche la carica di Sindaco della città dal 1911 al 1914. Appena undicenne, si entusiasmò per le gesta di Giuseppe Garibaldi e nel 1866, lasciati gli studi liceali, si arruolò nel 1º reggimento di volontari comandato dal generale garibaldino Clemente Corte. L'infelice esito della terza guerra di indipendenza non lo distolsero dagli ideali impersonati da Garibaldi e così, l'anno successivo, rispose nuovamente all'appello del Generale partecipando alla marcia dei volontari verso Roma, conclusasi con la battaglia di Mentana (1867) ove fu arrestato e rinchiuso prima a Castel Sant'Angelo e poi a Gaeta. Si sposò, nel 1873, con Ernestina Paravicini, figlia di un altro fervente patriota varesino, Cesare Paravicini (1810-1867), dalla quale ebbe due figli.
Morì nel 1920 e sul carro funebre furono posti i due emblemi della sua vita: la camicia rossa di
Carlo Carcano, primo Sindaco
di Varese
ex-garibaldino e la toga nera che per tanti anni lo vide tra le figure più apprezzate e brillanti del foro.
Lo ricorda un busto commissionato allo scultore Pellini visibile a Palazzo Estense.
Sempre nella sede del comune, ricorda la figura di Carlo Carcano, primo Sindaco della città, una lapide con l'effige in bronzo di Luigi Buzzi Leone. Nell'iscrizione, parole che incitano alla libertà e al fervido patriottismo. Nominato Podestà nel 1856, Carcano si mise alla testa della sommossa cittadina contro la repressione austro-ungarica, favorendo tre anni dopo l'avanzata delle truppe garibaldine che procedevano da Sesto Calende. Morì a Varese nel 1899, venendo sepolto a Giubiano. Così Piero Cocconi: "Fu l'ultimo podestà di Varese sotto la dominazione austriaca e primo sindaco di Varese Italiana. Nel 1859 accolse Garibaldi e gli consegnò le chiavi della città".