Chiudono fra non molto, ma si fa ancora in tempo a vederle (fino alla metà di luglio) – e ne vale veramente la pena – due mostre, diverse fra loro per impostazione e per scelte, ma entrambe cariche di impulsi e di fascino nei risultati. Una é vicina, nel Serrone della Villa Reale di Monza preceduto da un prato tutto coperto di rose; l'altra in una località sempre di richiamo per chi ama lo chic, i gran premi e l'atmosfera, ormai però quasi del tutto dissolta, della Belle Époque: il principato di Monaco.
Dunque la prima, che si intitola Il paesaggio dell'Ottocento a Villa Reale. Le raccolte dei Musei lombardi tra neoclassicismo e simbolismo. É a cura di Ferdinando Mazzocca e illustra in un ben articolato percorso l'ancora intatto "Bel Paese di Lombardia" (ma non solo, le vedute spaziano per l'Europa), dove "si dividono i colli, e s'apre all'occhio un'interminabile pianura", come scrisse Foscolo nelle "Ultime lettere di Jacopo Ortis". Scontato ritrovare in questa rassegna alcuni nomi: Massimo d'Azeglio e il Piccio, Fontanesi, Mosè Bianchi e Gignous fino a Grubicy, Segantini e Previati. Merito dei curatori l'aver recuperato invece nel vasto e troppo spesso sconosciuto patrimonio dei musei dell'Ottocento lombardo altre figure che seppero riproporre la bellezza della natura con profondo rispetto e sicura abilità. É il caso di Marco Gozzi, bergamasco di San Giovanni Bianco, che illustrò "dal vero" in tele commissionate da Eugenio di Beauharnais località della
Lombardia o amene per secolare integrità ambientale o già toccate dall'intervento dell'uomo che per pubblica utilità doveva modificare il paesaggio (Il ponte di Cassano, Il ponte di Crevola).
Più avanti nell'Ottocento, ecco Emilio Praga, certo più noto come poeta scapigliato, ma anche pittore di apprezzabile sensibilità da ammirare nella quieta, ampia visione delle Rive del Ticino, e poi Carlo Mancini, di aristocratica famiglia, autore anche di una Brughiera di Gallarate, che colpisce in mostra per certi paesaggi della Scozia di forte temperamento e di mutevole fenomenologia. Giorgio Belloni, attivo a cavallo dei due secoli, preferirà riproporre invece visioni di poesia e di pace colte fra campi lavorati di fresco e "ville sparse e biancheggianti sul pendio", a voler citare Manzoni.
Una tela da Sturm und Drang con una Scena di pescatori in un porto, opera di Francesco Fidanza, allievo del Vernet e anch'egli autore di tele per il principe Beauharnais, in questo caso però illustranti i porti del Regno Italico, conclude una pregevole rassegna, La pittura eloquente, che trae il titolo dai versi di Giovan Battista Marino ("O miracol de l'Arte/Il silenzio é loquace/la pittura eloquente, e parla, e tace"). L'ha voluta nella sua Maison d'art di Monaco Marietta Vinci Corsini, chiamando a raccolta studiosi di primo piano dell'arte italiana che hanno illustrato con scientifico rigore le ventisei opere in mostra. Si parte da un prezioso fondo oro raffigurante San Giacomo Maggiore e si arriva ad un terso Paesaggio invernale che aspetta la neve, del settecentesco
Giuseppe Vermiglio
Francesco Foschi, nobile marchigiano, ma ben considerato a Roma da collezionisti d'alto rango; in mezzo opere di qualità veramente alta fra cui svetta il Cristo coronato di spine del Veronese.
Ben documentato il Seicento: accenti caravaggeschi traspaiono dal Ritratto di fidanzamento di una fanciulla di Antiveduto Gramatica (pezzo di gran bravura la canestra d'uva e fichi), dalla Santa Margherita di Antiochia del lombardo Giuseppe Vermiglio e dal San Simone apostolo di Ribera, più volte replicato, e, ancora, dal Cristo nell'orto di Mattia Preti, animato ormai da un fremito tutto barocco.
Belle anche le opere, fra Sei e Settecento, della scuola veneta: una tela "tenebrosa" con Le tentazioni di Sant'Antonio Abate di Sebastiano Ricci ed un'altra raffigurante Davide e Betsabea di Giambattista Pittoni, intrisa di calda sensualità. Un piacere rivedere poi, di Bernardo Strozzi, La giardiniera, già a Campione d'Italia nella collezione di Silvano Lodi: qui, più della figura della donna relegata sulla destra, conta la bellezza sontuosa della natura morta con quell'incontenibile trionfo di fiori nel vaso prezioso e lucente di decori, fra ortaggi e ancora fiori, tutti turgidi di forme e brillanti di colori.