Varese – In uno dei monumenti più significativi dell’antico borgo di Velate, il Battistero, si svela ai nostri occhi il bello nel bello: la mostra “Stagioni dell’arte a Varese. Ritratti di Vivi Papi”.
L’esposizione che prosegue in questa sede fino al 16 settembre, propone una selezione della cospicua produzione del fotografo varesino Vivi Papi (1937-2005) specializzato in riproduzioni d’arte: si tratta di ritratti di artisti ed esponenti della cultura locale dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Duemila.
Si parte in ordine cronologico con Innocente Salvini, per proseguire tra gli altri, con Marcello Morandini, Renato Guttuso, Enrico Baj, Floriano Bodini, Vittore Frattini, fino ai coniugi Panza.
Fonte principale dei materiali esposti, il ricco archivio di Vivi Papi, donato dalla famiglia all’Università dell’Insubria e collocato nella sede del Centro Storie Locali a Villa Toeplitz. Carla Tocchetti, curatrice della mostra, ci illustra con grande coinvolgimento la figura di questo fotografo: “Vivi frequentò una scuola di fotografia professionale al posto delle scuole medie inferiori quindi era già formato per la sua grande passione rivelatasi fin da piccolo e sostenuta dal padre che era un pittore e che gli ha tramesso le capacità manuale nel costruire e montare attrezzature che non erano disponibili sul mercato, la visione della composizione, la sensibilità alla luce e un certo senso della fotografia che che va cogliere l’umanità delle persone”.
“Le foto che lo ritraggono mostrano al sua abilità tecnica e la sua capacità di impostare il punto di ripresa fotografica esattamente dove voleva e con la luce che voleva – anche utilizzando le lampade che abbiamo in esposizione – in epoca pre-digitale. Riusciva ad arrivare fino 11 metri di altezza: ha fotografato le Cappelle del Sacro Monte prima e dopo il restauro e con questi accorgimenti meccanici, con banchi ottici e una risoluzione altissima ha realizzato fotografie il cui risultato ad oggi è insuperato anche se con un sistema tecnologico ormai abbandonato”.
“Vivi aveva un carattere riservato e mite che non gli ha permesso di essere conosciuto al grande pubblico ma di essere molto noto nell’ambiente artistico. Rimane comunque poco conosciuto dalla cittadinanza: per questo è molto importante il lavoro svolto da Claudia Biraghi del Centro Studi che insieme alla moglie di Vivi, Annamaria Fumagalli, ha sistematizzato l’archivio fotografico che dopo la morte del fotografo è stato donato dalla famiglia”.
“Per la mostra, una volta individuato il filone che si voleva percorrere e cioè i volti degli artisti e degli esperti d’arte che hanno influenzato il panorama artistico varesino, abbiamo cercato e trovato diapositive e provini, scansionato e stampato le immagini o utilizzato stampe originali. Abbiamo trovato tanta documentazione fotografica dei dipinti eseguiti da Guttuso nel suo studio di Velate e in particolare abbiamo scelto di dare rilievo alla foto del dipinto che si chiama “Donne, paesaggi e oggetti” che poi nel 1976 è stato donato dall’artista al museo di Bagheria”.
Claudia Biraghi è l’altra curatrice della mostra che ci parla dell’archivio del Centro Storie Locali conservato a Villa Toeplitz e visibile su appuntamento: “Si tratta per lo più di negativi o di diapositive sia a colori che in bianco e nero. Abbiamo un inventario molto dettagliato e forniamo per la consultazione fotogrammi digitalizzati. Intorno all’archivio c’è molto fermento e interesse da parte di tesisti, dottorandi, giornalisti e anche da parte dei musei che ricostruiscono attraverso le foto la collocazione originale delle opere, gli allestimenti passati e le opere prima dei restauri“.
“Di Vivi Papi è interessantissimo anche il corpus sui ritratti di persone comuni. Ogni occasione era buona per fotografare le persone che incontrava: dalle suore e infermiere quando andava a visitare sua mamma in ospedale, ai doganieri quando era in vacanza in Austria, ai primi autisti delle corriere per il Sacro Monte. Sarebbe quindi interessante indagare anche questo filone perchè anche in questo caso ha saputo cogliere la poeticità dei volti. Nell’ambito della catalogazione, abbiamo seguito una organizzazione per soggetto per i negativi e le diapositive che stiamo digitalizzando mentre gli originali sono schedati per caratteristiche del supporto e per anno. Il processo di digitalizzazione è fondamentale per rendere accessibile e fruibile l’archivio“.
Carla Tocchetti continua: “Molto importante il contributo su monitor che offriamo al pubblico della mostra: sono immagini che documentano l’attività di reportage e la trasformazione storico-artistiche della città in occasione per esempio di grandi ristrutturazioni. Per esempio è visibile la ristrutturazione di Santo Stefano a Bizzozero condotta dall’architetto Ravasi e per quanto riguarda il Sacro Monte e Campo dei Fiori, ci sono immagini rarissime scattate dal 1948 al 1960 che ci mostrano un paesaggio quasi irriconoscibile: alcune foto attestano come fosse possibile sciare alla Punta di Mezzo dove c’era persino un impianto di risalita. Abbiamo anche una documentazione che riguarda la Villa Bonacina a San Fermo dove c’era una struttura per disabili fisici, presso la quale i Papi vissero per un certo periodo. Insomma, queste immagini mostrano aspetti della vita varesina forse nascosti e dimenticati”.
Ad arricchire l’omaggio al fotografo e all’ampio patrimonio documentario e artistico che ha lasciato alla sua città sono stati organizzati incontri in cui hanno portato la loro testimonianza Paolo Zanzi, sull’importanza dell’eredità di Vivi Papi per la realizzazione del progetto editoriale della “Storia di Varese” e Mauro della Porta Raffo sul mecenatismo a Varese. Ora si prosegue con Daniele Cassinelli (Battistero di Velate, 14 settembre, ore 16), che interviene con elementi di storia della fotografia a Varese dagli albori a Vivi Papi.
Un evento al Battistero di Velate (16 settembre, ore 16) al cospetto degli impressionanti ritratti a Guttuso, rievocherà i ricordi di coloro che conobbero il Maestro personalmente, tra cui il fotografo stesso.
L’esposizione poi proseguirà nell’antico borgo di Penasca a San Fermo, presso l’atelier-museo di Enrica Turri (1917-2005), pittrice varesina fondatrice e promotrice del Circolo degli Artisti, a pochi passi dalla Villa Bonacina.
L’esposizione è aperta con i seguenti orari: venerdì dalle 15 alle 18, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18; e su appuntamento a battisterodivelate@gmail.com
Cristina Pesaro