Il pool – Da giorni gli esperti del dipartimento di pitture murali della scuola di alta formazione dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze sono impegnati nell'attività di analisi dei fenomeni di degrado cui sono soggetti gli affreschi del borgo dipinto di Arcumeggia. Un pool composito: cinque allievi del corso di restauro, guidati dai docenti restauratori Fabrizio Bandini, Paola Ilaria Mariotti, Maria Rosa Lanfranchi e Alberto Felici.
Prima mappatura – Un primo saggio, una prima mappatura dei lavori per monitorare fenomeni di degrado e soprattutto la tecnica esecutiva. Attraverso l'analisi visiva e grazie a strumentazioni portatili, le lampade a raggi UV ad esempio, gli esperti stanno vagliando il grado di problematiche accorse alle pitture su muro, ma sopratutto ne stanno studiando le genesi tecnica.
La schedatura – "Stiamo compilando – spiega Mariotti – schede identificative in cui, per ogni opera, si rileva lo stato di conservazione; i fenomeni di degrado vengono identificati e mappati con grafici al computer", mostrando alcuni esempi cartacei.
A fine cantiere, previsto per fine luglio i restauratori forniranno un progetto, in cui indicheranno le raccomandazioni utili per la conservazione degli affreschi ed interventi mirati alla loro protezione.
La comparazione – "Gli unici interventi 'diretti' e 'straordinari' – chiarisce Mariotti – riguardano solo alcune opere e mirano alla riduzione dei fenomeni di degrado gravi in corso".
Per gli affreschi che necessitano di un intervento di restauro vero e proprio si dovrà attendere.
Al momento i restauratori dell'Opificio stanno inoltre comparando le relazioni dei precedenti interventi di restauro con i risultati delle analisi scientifiche fatte a suo tempo e che riguardano solo gli affreschi dei maestri.
Ossequio e sperimentazione – Fabrizio Bandini e Paola Ilara Mariotti non hanno dubbi nel dire che "tutte le pitture murali, sia le opere dei maestri che quelle lasciate dagli allievi a testimonianza dei vecchi corsi estivi sono state realizzate con la tecnica dell'affresco, tipica ed idonea alla collocazione in esterno".
Con una precisazione: solo le opere di Aligi Sassu e Aldo Carpi, rispettivamente "I corridori" del 1957 e "Sant'Ambrogio benedice Arcumeggia" del 1966, sono state realizzate ad affresco così come vuole l'esecuzione nella tecnica tradizionale. "Per tutti gli altri lavori – chiarisce Bandini, "si riscontrano contaminazioni nella tecnica esecutiva". Sperimentazioni, dunque, volutamente realizzate dagli artisti; sperimentazioni tipiche di un'epoca che non disconosceva la tradizione ma ne voleva saggiare i limiti, forzarne la natura, spesso utilizzando leganti e colori non propriamente idonei.
Problemi conservativi – Spiega ancora Mariotti: "I fenomeni di degrado riscontrati sono di tipo fisico-chimico, dovuti ad agenti atmosferici o dilavamento". Un esempio: la "Madonna" di De Amicis, è compromessa al 50% da abrasioni, lacune e da attacchi biologici, che proliferano all'interno delle cavità trovando humus favorevole a base di materiale organico. "E' curioso – aggiunge Bandini – che si concentrino al loro interno, "come se i problemi non provenissero solo da cause esterne".
Calce bastarda – Altri fenomeni sono dovuti alla sperimentazione tecnica degli stessi artisti. Nell'affresco di Goberti, "Due crocefissi a mezzo busto", su pannello mobile, realizzato durante il corso estivo negli anni 1961 – 1963, il supporto in calce, – definita dal Bandini "calce bastarda", perché composta da grassello, calce idraulica e cemento e non come vuole la tecnica antica calce e sabbia – ha al suo interno un'armatura metallica che muovendosi nel tempo, ha provocato stress strutturali, causa di spaccature e sollevamenti dell'intonaco.
Precedenti interventi – Aurelio Morellato, d'altro canto, artista più che "restauratore" ebbe cura di intervenire su alcune opere nella metà degli anni Ottanta applicando stesure di colla vinilica con l'intento di fissare i sollevamenti di colore. Ad oggi tale utilizzo di materiali inadeguati "ha causato sgradevoli effetti lattiginosi e lucentezze poco gradite nelle lettura di un affresco che per sua natura dovrebbe essere opaco". "Unico vantaggio è quello di aver ritardato il manifestarsi dei sali solubili", precisa Bandini.
I problemi di Aligi – Ne "I Corridori" di A. Sassu, ci sono sali e specialmente nella parte alta, le "sfogliature" di colore o meglio il colore sollevato non si è perso grazie alla stesura della colla vinilica applicata nel precedente "restauro".
In questo caso l'intervento è stato d'obbligo. Mariotti spiega le operazioni: velinatura della superficie pittorica e iniezioni di resina acrilica B60 a bassa percentuale per far rientrare in sede le scaglie di materia pittorica e pulitura dei residui di resina con acetone.
Il vinavil sovramesso al momento rimane, bisognerà valutare come intervenire. Il lavoro continua.