Varese è terra di scultori, scaturiti da una presenza di cave e di maestranze rintracciabile nei secoli. Tra questi, Marchirolo ha dato i natali alla “stirpe” di artigiani-artisti dei Bozzolo, l'ultimo dei quali, Adriano, compirà ottant'anni nel 2007.
Il Circolo degli Artisti di Varese, dietro impulso di Fabrizia Buzio Negri, ha proposto al Comune di Varese l'organizzazione di una mostra antologica quale omaggio all'artista.
Il Castello di Masnago non aveva in programma altro e lo scultore ha messo a disposizione la sua nutrita collezione personale di bronzi, esposti nelle sale cronologicamente – a partire dagli anni '50 – ma anche seguendo la suggestione delle grandi tematiche di ordine spirituale da cui Bozzolo non si è mai diviso.
Fabrizia Buzio Negri, curatrice della mostra, nel testo critico in catalogo ravvisa nella “stilizzazione lirico-simbolica” la cifra ricorrente in tutta l'opera di Bozzolo, segnata nei decenni da una coerenza espressiva mai venuta meno.
Sin dagli esordi, s'impone una figura – di solito femminile e adolescenziale – dalle membra allungate, dai tratti malinconici, modellata con tocchi frementi lasciati a vista, in una felice sprezzatura della materia.
Altro elemento che la mostra di Varese mette bene in evidenza è la tensione compositiva che la figura singola e ancora di più i gruppi di Bozzolo esprimono, tutti giocati come sono su angoli acuti e su direttrici divergenti. Un altro aspetto caratteristico è il senso musicale di ritmi e di cadenze spaziali sotteso alle composizioni, musicalità dichiarata anche in alcuni titoli.
La scultura di Bozzolo insegue valori spirituali e universali, cercando di staccarsi dalla terra, in uno slancio perenne e inappagato. La sua ricerca “disegna lo spazio”, più che occuparlo e trova ardite soluzioni, “astratte”, nella drammatica ed estatica danza delle figure.
Una delle sue opere più famose è il Monumento Per la Fraternità dei Popoli, del 1987, posto nei pressi della frontiera di Ponte Tresa, sullo sfondo del Ceresio. Come tanti altri della Valmarchirolo, artisti e non, Adriano Bozzolo ha lavorato molto bene e anche vissuto nella vicina Svizzera, ottenendo all'estero più riconoscimenti e attenzioni che in patria.
L'espressione dell'anelito alla fraternità umana ritorna in alcuni importanti lavori, presenti in mostra, così come lo stupore dinanzi al mistero della maternità. Tutte le opere al Castello sono in bronzo, patinato a raggiungere effetti luministici caldi e vitali, talora dorato.
Una rivelazione, che poco si è vista in Italia – l'ultima mostra varesina importante risale al 1985 – è la serie dedicata al Grande Sole, con la figura inserita entro dischi ritagliati, in una dialettica serrata. Quasi una religione interiore, per un modellatore sensibile e capace di tradurre in forme compiute, leggibili, il suo mondo interiore.
Adriano Bozzolo non lavora quasi più, va inesorabilmente perdendo la vista e ci affida questo canto di bronzo, a suo modo tormentato, leggero ma non facile. Da meditare.