Malpensa – Claudio Stefanoni (Cuggiono, 1976) sceglie un luogo di transito, di passaggio per presentare “Kosmos”, il suo ultimo progetto. Un non-luogo, come direbbe Marc Augè. Prima di chiedergli i motivi di questa scelta, ricordiamo che Claudio è da sempre un artista riflessivo, appassionato di fotografia fin dall’infanzia. Determinanti per lui l’addestramento Buddista, che lo avvicina ad un nuovo percorso di arricchimento e formazione, e la teoria del caos di Jung, che studia a partire dai 21 anni. Inizia a frequentare le botteghe e i gruppi di Milano, si lega all’artista Magda Chiarelli e dà il via a progetti espositivi come “Wild” e “Tracce”. Prima di Malpensa, ha esposto anche a Palazzo Bastogi a Firenze, a Nappe Arsenale a Venezia, a Milano e al Museo Etrusco di Roma.
Non è la prima volta che esponi in un aeroporto, ricordiamo infatti la precedente esperienza a Basilea. Perché proporre le tue opere in questi spazi?
“La scelta di esporre a Basilea è stata dettata dalla volontà di abbracciare una dimensione internazionale e il mio genere di lavoro sembra essere, al momento, quasi più apprezzato all’estero. Per quanto riguarda invece Kosmos è un progetto presentato in un concorso indetto da Sea a Malpensa”.
Nel corso degli anni hai organizzato mostre in luoghi molto diversi tra loro: il Bubino Club di Milano, la cascina Martesana, lo Spazio Tadini. Si tratta di incontri fortunati o di una precisa scelta di svincolarsi dalle gallerie?
“In una fase precedente, mi riferisco al progetto Tracce realizzato con Corrado Amato, cercavo collaborazioni, volevo conoscere me stesso, i luoghi che fotografavo e cercavo di proporre il lavoro in più spazi possibili, in particolare nei luoghi dell’arte. Alla base c’era la volontà di condividere il mio lavoro”.
Torniamo a Kosmos… Quando hai iniziato a progettare queste opere che uniscono fotografia, colore, dripping e ispirate, come più volte hai ribadito, all’Espressionismo Americano?
“Il progetto qui presentato era già in nuce nell’opera fotografica “Whitemayer ” (2016) presentata a Venezia, dove il soggetto base delle ceramiche abbandonate era stato modificato con le tecniche fotografiche e interventi nell’ambiente (i pezzi ripresi venivano spostati continuamente). Il caos controllato, presente in “Whitemayer”, ritorna in “Kosmos”. Quello che mi muove è la volontà di dare ordine al caos che invade le nostre vite, continuamente esposte a stimoli. Per farlo sono stato aiutato dal caso, che si è manifestato nella tecnica artistica adoperata: inchiostro in acqua. Possiamo dire che il caso è sinonimo di dripping, e si può solo controllare in parte. Se vogliamo entrare più nel dettaglio del processo di creazione è bene spiegare che l’allestimento del tavolo di lavoro è stato preceduto da un momento di meditazione. Per realizzare queste opere ascolto molto me stesso, utilizzando i cinque aggregati mentali del Buddismo quindi: forma, sensazione, percezione, formazioni mentali e coscienza”.
L’artista sottolinea che tutto il caos con cui veniamo in contatto quotidianamente può generare bellezza; lui, sapientemente la coglie rendendola visibile nei suoi lavori.
Info: Kosmos di Claudio Stefanoni, fino al 16 ottobre 2018
Terminal 1 – piano arrivi – aeroporto Malpensa
Eleonora Manzo