Un porto dove, con le onde del tempo e delle occasioni, si sono accatastati oggetti e frammenti di legno pronti per una seconda vita. Forse così si potrebbe immaginare il laboratorio-atelier dell'artista Letizia Masina Lovascio, ospite fino al 28 ottobre della Galleria Ghiggini di Varese.
Un solo faro pare illuminare il sentiero creativo: l'arte come missione, come gesto che salva qualche cosa per qualcuno, l'arte come acquisizione di una certa manualità che porta l'autore a vedere forme inedite e differenti negli oggetti che capitano davanti.
Sandra Tenconi ha scelto di commentare così l'opera di Letizia Masina Lovascio: "La passione che la spinge a raccogliere vecchi tronchi o radici informi, a scavare nodi di castagni centenari, a scrutare tutto quello che la risacca abbandona sulle rive, risale ad oltre un decennio. E negli anni, scrutando questi reperti, carezzandoli con amore, ne ha ricavato, con mezzi rudimentali, questi piccoli capolavori. Complici i legni che li costituiscono: ora appunto castagno, ora ulivo o noce o legni anche meno nobili, ma altrettanto accattivanti con le loro fessure misteriose, gli anfratti, le sporgenze rugose. Questo itinerario naturale tra boschi e rive, in continua ricerca, mi riporta inesorabilmente ai sedili e agli oggetti antropomorfi che ho visto nella casa di Mentone di Graham Sutherland, grande frequentatore di radure e foreste".