Durante il prossimo consiglio comunale di Gallarate, che avrà luogo a Palazzo Broletto, a partire dalle ore 18.00 del 15 dicembre, verranno consegnati i premi alle migliori tesi di laurea riguardanti la città di Gallarate. Tra i vincitori anche il giovane Stefano Frigo, per la tesi magistrale dal titolo "Il museo della Società Gallaratese per gli Studi Patri". Laureato con lode all'Università dell'Insubria di Varese e seguito dal professore Andrea Spiriti, il neo dottore ci ha illustrato il suo lavoro di ricerca.
Stefano, come si articola la tua ricerca?
"La mia tesi ha ricostruito la storia della Società Gallaratese degli Studi Patri e del museo in particolare, partendo dall'analisi della collezione. La prima parte è infatti composta da una serie di schede delle opere, dove ricostruisco la storia di ogni singolo pezzo, la sua fortuna critica e la lettura che ne è stata fatta nel corso degli anni. In tutto sono 55 opere, tra le quali un famoso dipinto di Tanzio da Varallo, il Davide e Golia che è una copia quasi identica della tela conservata alla Pinacoteca Civica di Varallo. Sono due opere molto simili e sicuramente è uno dei gioielli del museo".
Quali altri aspetti hai approfondito?
"La seconda parte è legata alla storia della Società degli Studi Patri, dalla sua fondazione nel 1896. Proprio all'origine della società risale una delle notizie più rilevanti. Nel periodo in cui si stava creando la società i rapporti tra Stato e Chiesa non erano molto buoni e con stupore ho trovato che il primo fondatore era un ex garibaldino, segno quindi di una parziale riconciliazione. Infatti il gruppo che si costituì comprendeva soci laici e religiosi".
E per quanto riguarda la storia del Museo?
"Il museo, ospitato dal 1926 nei resti di un convento francescano del XIII secolo, conserva reperti e documenti relativi all'archeologia, all'arte e alla storia del territorio gallaratese. In merito al primo conservatore ho scoperto delle novità. Si tratta infatti di Giorgio Nicodemi, pietra miliare della storia dell'arte del '900, un grandissimo studioso che è stato anche diirettore dei Musei Civici del Castello Sforzesco di Milano e ha scritto moltissimi libri. Con lui si è dato un nuovo indirizzo allo studio della storia dell'arte, spostando l'attenzione dal Rinascimento all'arte del Seicento e del Settecento. Una guida illuminata che ha indirizzato il museo ad un collezionismo molto all'avanguardia".
Inoltre ti sei occupato dei donatori?
"Sì la terza parte del mio lavoro è interamente dedicata alla serie dei principali donatori del Museo, ho voluto ricostruire la loro storia e cercare elementi nuovi, partendo dalle cronache di Gallarate. Della donatrice principale, Virginia Cacciamarini, non ho trovato molte notizie mentre ho scoperto un documento particolare legato a Rinaldo Martegani. Risulta infatti che il Cardinal Alfonso Ildefonso Schuster venne a Gallarate nel 1932 per visitare la tomba di questo donatore – già costruita anche se lui era ancora in vita – un monumento realizzato su bozzetto di Renzo Colombo. Quest'artista, di cui il museo conserva numerose opere era probabilmente molto apprezzato dal religioso. Una testimonianza che sottolinea come il Museo fosse prestigioso per l'epoca".
Qual è stato il periodo più florido per il Museo?
"Io mi sono concentrato sul periodo fascista, è in questa fase che si costituiscono le collezioni, si alternano i donatori importanti, da Luca Beltrame, a Enrico Macchi, Stefano Colombo, la famiglia Maino. Risulta che negli anni '20 e '30 del Novecento le famiglie più importanti di Gallarate fossero molto interessate all'arte e alla cultura locale. Nell'ultima parte mi sono proprio concentrato su questo ventennio e tra le altre cose ho scoperto che diversi donatori si sono trovati a vivere delle vicende pubbliche insieme, dei processi. In realtà cause che non c'entravano con la Società, legate a truffe nella vendita di terreni e al fallimento della Banca di Gallarate. Probabilmente episodi riconducibili a disaccordi tra il podestà di Gallarate e Antonio Maino. In realtà anche quest'ultimo è stato successivamente assolto. Si trattava in fin dei conti di una ripicca, uno scontro personale".