Claudio Palazzi, collezionista di bicicli, bicicletti e biciclette, ha scelto Gallarate come sede del suo museo privato, visitabile su appuntamento. Lo abbiamo incontrato presso il Museo Ciclostorico Palazzi, dove ci ha raccontato la storia della sua collezione.
Signor Palazzi, può spiegare ai lettori di ArteVarese perché ha deciso di creare un museo ciclostorico e se esiste un museo che è stato per Lei fonte di ispirazione?
Con questo museo vorrei mostrare la storia della bicicletta, in un percorso cronologico che parte dal 1865 e arriva al 1955.
L’allestimento si sviluppa su tre sale e si concentra su tre temi: le biciclette storiche del XIX secolo, le biciclette da corsa che coprono un periodo compreso tra il 1890 e il 1955 e le biciclette militari. L’obiettivo è quello di mostrarne l’evoluzione tecnologica; siamo passati infatti da velocipedi in legno, sprovvisti di pedali, di cui è visibile una riproduzione nella prima sala espositiva, al biciclo Michaux, noto come la prima macchina provvista di pedali sulla ruota davanti, inventata dal fabbro parigino Ernest Michaux.
Quest’innovazione sancisce la nascita della bicicletta così come la conosciamo noi. In seguito egli applicò una sua nuova invenzione consistente in un freno a forma di paletta. Queste macchine presentano alcune particolarità: sono in ferro battuto, hanno le ruote in legno cerchiato e sono dotate di baffo, detto anche ricciolo, che serviva in discesa per evitare di continuare a pedalare inutilmente. Tra le altre invenzioni tecniche, visibili negli esemplari esposti, ricordo la gomma piena, il copertone gonfiabile introdotto da Dunlop nel 1890 ed evidente nelle prime biciclette da corsa, il cambio Vittoria e il cambio Margherita.
A ispirarmi è stato sicuramente il Museo del Ghisallo, un grande museo situato a Magreglio, località del ramo orientale del lago di Como, dove rivivono tutta la storia e la passione che il ciclismo ha avuto in Italia.
Può raccontarci anche come è nata la sua attività collezionistica?
Ho iniziato la mia attività di collezionista circa dieci anni fa, dopo aver visto una mostra di biciclette d’epoca e la passione è scaturita dopo aver letto un articolo di un signore che aveva ritrovato una bicicletta di Fausto Coppi. La ricerca degli esemplari mi porta in giro per l’Italia, in special modo in Emilia Romagna, dove visito i mercati antiquari in cerca di pezzi unici. In qualche caso c’è stata addirittura una trattativa con collezionisti francesi per gli esemplari ottocenteschi, come nel caso del biciclo Michaux. Il suo recupero per me è stato molto fortunato: è intervenuto un intermediario italiano che conosceva un collezionista in Francia in possesso di due Michaux ed intenzionato a venderne uno.
Nella mia attività di ricerca ho scoperto, ad esempio, che da metà XIX secolo fino a agli anni Venti del XX secolo il primato nella produzione di biciclette spettava proprio alla Francia, per capacità tecniche e innovative. In seguito, invece, noi Italiani siamo diventati i campioni in quest’attività, come dimostrano le aziende produttrici Bianchi e Legnano.
Qual è il pezzo di pregio della collezione e quale quello a cui è più affezionato?
Se l’esemplare di maggior pregio nella collezione, che vede esposti 35 tra bicicli, bicicletti e biciclette, è il Michaux del 1865, il pezzo che preferisco è una Labor da corsa del 1919. Con questa bici francese partecipo alle ciclostoriche perché è una vera bicicletta d’epoca. La Labor non è però il primo pezzo della collezione, che ha visto la luce a partire dall’acquisto di una bici da corsa degli anni Quaranta del XX secolo.
Nel racconto del Dottor Palazzi traspare tutta la passione di un collezionista, attento a ricercare esemplari originali per ampliare sempre di più la sua raccolta.
Museo Ciclostorico Palazzi
Visitabile su appuntamento
https://www.museociclostoricopalazzi.it/
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Eleonora Manzo