C'erano tutti – C'era anche Giuseppe Panza in Triennale. Lui, come altri collezionisti milanesi, a benedire la creazione in spirito leonardesco di Daniel Liebeskind che darà la sospirata casa all'arte contemporanea a Milano.
Disegnato in 2 mesi dall'architetto polacco naturalizzato americano, già autore del Museo Ebraico a Berlino e della Freedom Tower a Ground Zero, il nuovo polo museale, Mac, occuperà una superficie di circa 18 mila mq e costerà alla cordata di Ligresti e soci 40 milioni di euro. Al suo interno, al momento è prevista l'integrazione delle collezioni storiche milanesi, la Brioschi-Di Stefano e la Junker su tutti, in attesa che altri nomi – Claudia Gian Ferrari, ad esempio, ha già espresso fiducia preventiva – vadano a rinnovare ed ampliare il patrimonio pubblico.
Il nuovo spirito della città – Spirito leonardesco si diceva. Il corpo di fabbrica muove dal disegno dell'uomo vitruviano inscritto nel cerchio. A pianta quadrata, l'edificio sviluppato da Liebeskind si muove verso l'alto seguendo un movimento spiraliforme, inseguendo la forma circolare. Una forma pensata appositamente per Milano. Non solo il riferimento alla sezione aurea e alla divina proporzione ma anche per il rivestimento: lo stesso del Duomo di Milano, il marmo di Candoglia. Sotto il pregiato 'vestito' il nuovo museo ospiterà livelli disposti su 5 piani, 4 mila mq di spazio espositivo, un grande auditorium, bookstore, atelier per opere «site specific»; nel sotterraneo troveranno posto persino le terme, mentre in cima l'architetto ha previsto un ristorante extralusso e una terrazza con l'orto pensile. Non una idea per tutte le stagioni, non un modello esportabile in altre realtà urbane. Solo per Milano, città storicamente al centro del dibattito architettonico, oltre che a quello dell'arte; nel cuore di quel quartiere, il City Life, l'ex polo fieristico che grazie alle firme di altri mostri dell'architettura contemporanea come Zaha Hadid e Arata Isozaki cambiera nel giro di qualche stagione il volto della metropoli.
La garanzia degli architetti – Un progetto che trova il sostegno anche di Vittorio Sgarbi, che pure sin qui non ha fatto mistero delle sue preferenze verso la firma di Renzo Piano il quale sta invece mettendo mano ad un polo museale nell'ex area Falck a Sesto San Giovanni. Di fronte al progetto Liebeskind, tuttavia, l'assessore milanese ha condiviso l'entusiasmo che è già della Moratti e di Federico Rampello, presidendente della Triennale. "Innovativo – ha dichiarato l'ex onorevole – e si inserisce in un filone di musei che sono monumenti essi stessi prima che contenitori di opere, come il Guggenheim di New York, quello di Bilbao e il Beaubourg di Parigi: luoghi in cui l'architetto diventa garante per l'arte contemporanea essendo lui stesso un artista contemporaneo".
Le scommesse da vincere – Dopo innumerevoli propositi, carte, progetti, intenzioni, la giornata in Triennale dovrebbe dunque aver posto un punto fermo. Tempi previsti, "entro il 2011", scommette il sindaco Letizia Moratti; prima che scada la sua legislatura. Si tratterà ora, di coinvolgere nel progetto anche il coté privato della città, a partire dalla Fondazioni e dai collezionisti disposti in gran parte, si diceva, ad attendere con fiducia che la scommessa sia vinta e a bloccare la migrazione di ingenti patrimoni. Resta da definire, inoltre, il lato gestionale del tutto. Se ne occuperà intanto Severino Salvemini della Bocconi che prevede, dal punto di vista societario, una fondazione sul modello della Triennale, che unisca al suo vertice le amministrazioni territoriali, Ministero, Regione, Provincia e Comune. Per la nomina del direttore artistico, dovrebbero bastare pochi mesi: entro la fine dell'anno, è l'altra scommessa della Moratti.