Nelle opere di Graziella Ferronato appare evidente l’influenza dell’avanguardia dell’”arte primitiva” all’interno dell’arte moderna occidentale contemporanea.
Dal punto di vista stilistico, nei suoi tridimensionali volti-maschera in pietra, vi è, infatti, una spinta verso le potenti radici arcaiche della civiltà. Fin dalla scelta del grezzo materiale, l’arcaica strumentazione di lavoro, la potente manualità, alla finale deposizione in giardino, la motivazione delle sue opere non rivela solo una generica adesione estetizzante, ma una profonda convinzione. 
Le sue sculture non rappresentano un puro risvolto estetico ma uno stile di vita, un modo di pensare e vivere: la fatica della scultura e la sua meditazione che termina con la trasmutazione e la nascita di una creatura scolpita. I suoi volti prendono forma in una sorta di abolizione prospettica, pur essendo tridimensionali, non rendendo però più “falsa” la scultura, ma più “vera”. Vi è una sorta di “astrazione“, una “realtà spirituale” più che un'”apparenza materiale“, dei soggetti rappresentati quasi a presupporre un uso spirituale: una reale immersione nel primitivo in un costante richiamo alle opere arcaiche.

Quella del “primitivismo” non è una scelta meditata di stile ma, probabilmente, l’attuazione pratica di un programma di vita; formalmente è un sistema per reinventare l’arte occidentale al di là dei limiti imposti dalla tradizione e dal gusto e significativamente una commistione tra arte e vita: la ricerca delle radici perdute, il valore dell’abbandono di una condizione di vita opprimente come quella dell’Occidente industrializzato, dove gli istinti sono soffocati e la stessa presenza di codici di cultura prefissati non lasciano letteralmente più spazio alla creazione. Quindi la scelta radicale di Graziella è un irrazionale arcaismo, una sollecitazione barbarica, un “sintetismo arcaicizzante”. Il suo è un mito culturale – la fuga dall’Occidente sdradicato – traslato su un aspetto formale come in Matisse, Picasso, Modigliani, Martini o Giacometti. Da una parte c’è una posizione razionalistica, tipicamente occidentale, che porta all’analisi, alla decostruzione-ricostruzione della forma. 
Dall’altra una posizione magica istintuale, che porta alla sintesi, alla forma chiusa, che comunica con lo spazio che lo circonda. La Ferronato lavora su forme chiuse che comunicano con lo spazio circostante e sembrano quasi succhiarlo dentro di sé come “buchi neri.
La forma è una sintesi che concentra una condensazione in potenza.
La testa è antropomorfa, umana, ovoide, secondo la tecnica dell’implosione. Nelle sculture più allungate vi è un’eleganza etrusca nella stilizzazione della forma mentre nella maggior parte è più evidente la rozzezza arcaicizzante. In alcune sue opere si possono notare delle evoluzioni a toccare uno scultoreo “astrattismo organico”, come in Brancusi, che giunge per via di “riduzione“, a forme primarie di grande pulizia, senonché la loro matrice non è geometrica ma umana, quasi animalesca: la scultura “estrema” di Graziella è sasso, ciottolo, uovo; scultura ridotta a puro principio tattile e visivo, ma anche metafora di principio primo di creazione.

L’ASPETTO TECNICO

Dal punto di vista tecnico l’artista opera con scalpello e martello su pietra che ricerca e sceglie per poter ricavare dei volti. Le pietre devono avere meno imperfezioni possibili, fessure o crepe per ridurre il rischio di rotture durante la lavorazione. Traccia poi delle linee di taglio con la matita e successivamente lavora con martello e scalpelli; la forma finale poi si ottiene grazie alle lime. I volti che rappresenta sono essenziali. Toglie, invece che aggiungere, in modo da riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle. «Lavorare la pietra è togliere tutto ciò che è superfluo, sapendo che se si elimina troppo il lavoro viene irrimediabilmente rovinato– commenta l’artista e continua – è quindi difficile capire quando fermarsi nel togliere, senza rovinare la pietra. Nella scultura, così come nella vita, è di fondamentale importanza saper togliere tutto ciò che è superfluo e non serve». L’ispirazione iniziale spesso cambia direzione in corso d’opera e precise l’autrice «capita che il lavoro pensato differisca completamente dal risultato finale poiché la pietra è particolarmente difficile da modellare data la sua densità e imprevedibilità».

L’ASPETTO CONCETTUALE

Dal punto di vista concettuale l’artista esordisce: «mi piace lavorare la pietra perché ogni pietra ha una memoria, un’anima ed è senza tempo. I volti astratti sono la cosa che più mi piace realizzare». In questa sintetica frase si condensa un complesso simbolismo. Il materiale utilizzato – la pietra – naturale, grezzo e povero che l’artista scava, come a cercare ciò che è nascosto ed invisibile per portarlo alla luce, porta con sé un grande significato: pietre come ossa della terra, ossa dell’uomo; ciò che rimane in eterno, lo scheletro, l’immobile fondamento della natura.
Le sue opere suscitano la misteriosa e vitale influenza dell’antico “animismo”: tutto è vivo e possiede un’anima. Non a caso le testa è parte del corpo posta alla sommità e comprende, come nelle sculture di Graziella, cervello, occhiorecchienaso bocca, tutti elementi essenziali per la vita: la nutrizione, l’espressione e la respirazione. La maggioranza dei popoli antichi di tutte le civiltà riteneva che la testa fosse la sede dell’anima, della vita, della forza e genius spirito divino, o spirito essenziale. Per questo motivo, alla testa veniva attribuito un potere magico che l’ha resa oggetto di riti e venerazioni. Rappresenta anche lo spirito nel suo manifestarsi, in relazione al corpo che è una manifestazione della materia.
Per la sua forma a sfera, la testa umana è paragonabile, secondo Platone, all’universo: è un microcosmo; tutti questi significati convergono verso il simbolismo dell’uno e della perfezione come d’altronde l’uovo – o forma ovoide – che rappresenta la creazione dell’universo, soffio vitale e spirito che emerge alla luce, attraverso le sculture dell’artista che aprono un occhio sul mito. Similmente, in stati di profonda introversione e autoriflessione, come nel lavoro artistico, il pensatore e l’oggetto del pensiero si fondono in un processo nucleare di cristallizzazione che è l’inizio, la semplicità, la fonte: è il “centro” misterioso attorno al quale energie inconsce producono evoluzioni portando gradualmente alla luce la sostanza vitale: il “fuoco creativo” dell’artista, che viene messo in moto dall’attenzione devota durante il lavoro. La scultrice, come una dea madre, partorisce l’opera, l’uomo e genera il mondo che contiene, in germe, con tutte le possibilità dell’essere: la pietra encefalo, la pietra eterea, la pietra che non è una pietra; l’immagine del mondo e dell’uomo in una pietra ovoide. Il binomio terra – cielo rappresentato nella pietra – testa.
Gli elementi fisiognomici del volto, esasperati nelle opere dell’artista, evidenziano quanto detto: la bocca, potenza e afflato dell’anima, organo della parola e del respiro, simbolo di elevato grado di coscienza come di facoltà generatrice del grembo materno, è assimilata alla vulva con le sue grandi labbra; gli occhi, tra gli organi di senso più importanti dell’uomo, non rappresentano solo la vista ma simboleggiano la capacità di espressione spirituale; il naso, l’elemento somatico più fisiognomico viene posto in corrispondenza analogica col pene, il carattere e la personalità; le orecchie, invece, odono ciò che è intangibile e quindi invisibile ed intoccabile portando la realtà da uno stato inconscio e potenziale ad uno consapevole. Portatrici anche esse di una simbologia sessuale – femminile e maschile – attraverso il verbo che feconda la cavità auricolare. Il simbolismo di Totalità nell’arte di Graziella Ferronato è quindi doppiamente rappresentato dall’unione di maschile e femminile espressa attraverso l’enfatizzazione di naso e bocca ed orecchie.

Daniela Gulino